Servizi di architettura e ingegneria: il TAR sull’applicazione dell’equo compenso nelle gare

TAR: “…escludere la proposizione di offerte economiche al ribasso sulla componente del prezzo rappresentata dai “compensi” non è un ostacolo alla concorrenza”

di Gianluca Oreto - 04/04/2024

L’applicazione dell’equo compenso

Entriamo adesso nel merito dell’applicazione dell’equo compenso. Preliminarmente il TAR si è soffermato sull’esame della Legge n. 49/2023 che ormai dovremmo conoscere e secondo la quale il legislatore ha riscritto le regole in materia di compenso equo per le prestazioni professionali con l’intento di incrementare le tutele per quest’ultime, garantendo la percezione, da parte dei professionisti, di un corrispettivo equo per la prestazione intellettuale eseguita anche nell’ambito di quei rapporti d’opera professionale in cui essi si trovino nella posizione di “contraenti deboli”.

In particolare, l’art. 2 della Legge n. 49/2023 ha specificato che l’equo compenso trova applicazione ai rapporti professionali fondati sulla prestazione d’opera intellettuale ex art. 2230 c.c., regolamentati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali prestate a favore di imprese bancarie e assicurative, delle loro società controllate e delle loro mandatarie, imprese che, nell’anno precedente al conferimento dell’incarico, hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori ovvero hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro e, infine, per le prestazioni rese in favore della Pubblica Amministrazione.

Equo compenso: si può impugnare l’esito della gara

Il legislatore ha, quindi, stabilito la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, introducendo una nullità relativa o di protezione che consente al professionista di impugnare la convenzione, il contratto, l’esito della gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che prevede un compenso iniquo innanzi al Tribunale territorialmente competente in base al luogo in cui ha la residenza per far valere la nullità della pattuizione, chiedendo la rideterminazione giudiziale del compenso per l’attività professionale prestata con l’applicazione dei parametri previsti dai decreti ministeriali relativi alla specifica attività svolta dal professionista.

Lo scopo della Legge n. 49/2023 è quello di tutelare i professionisti nell’ambito dei rapporti d’opera professionale in cui essi si trovino nella posizione di “contraenti deboli” ed emerge ulteriormente dalla previsione per la quale gli stessi ordini e i collegi professionali sono chiamati ad adottare disposizioni deontologiche volte a sanzionare il professionista che violi le disposizioni sull'equo compenso.

Secondo il TAR non sussiste alcuna antinomia in concreto tra la legge n. 49/2023 e la disciplina del codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 50/2016 (applicabile, ratione temporis, alla fattispecie in oggetto). Un’antinomia può configurarsi “in concreto” allorché – in sede di applicazione – due norme connettono conseguenze giuridiche incompatibili ad una medesima fattispecie concreta. Ciò accade ogniqualvolta quest’ultima sia contemporaneamente sussumibile in due ipotesi normative diverse, l’applicazione delle quali, comporti, in conformità a quanto previsto dall’ordinamento giuridico, conseguenze giuridiche incompatibili tra loro.

In tale ipotesi, l’interprete è chiamato ad effettuare una interpretazione letterale, teleologica e adeguatrice delle norme in apparente contrasto, al fine di determinarne il significato che è loro proprio, coordinandole anche in un più ampio sistema di norme, rappresentato dall’ordinamento giuridico.

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