Sismabonus tra centri storici, unità strutturali, progetti unitari e giunti

Nei centri storici ha senso ricercare le unità strutturali? Come considerare un giunto efficace? Ne parliamo con Cristian Angeli, ingegnere strutturista ed esperto di Sismabonus

di Redazione tecnica - 08/07/2021

Le NTC definiscono “unità strutturali” le porzioni di aggregati edilizi che hanno continuità da cielo a terra per il flusso dei carichi verticali e che sono delimitati da spazi aperti o da edifici contigui ma tipologicamente diversi, oppure da “giunti strutturali”.

Sismabonus tra progetto unitario, unità strutturale e giunti

Se requisito per l'accesso al Sismabonus è la presenza di un progetto unitario, questo implica l’individuazione dell'unità strutturale a cui fare riferimento. L'operazione risulta complessa e non scevra da dubbi nel caso degli aggregati edilizi dei centri storici: nonostante sia frequente individuare delle discontinuità strutturali, le passate prassi costruttive non rendono tutti i giunti efficaci né per l'individuazione dell'unità strutturale né per la riduzione del rischio sismico.

Come rilevato da Cristian Angeli, ingegnere strutturista ed esperto di Sismabonus, per considerare un giunto "efficace" bisognerebbe prendere come riferimento la formula h/100, dove h è l'altezza dell’edificio maggiore; considerando che in centro storico i palazzi hanno normalmente un’altezza pari a 4 o 5 piani, il distacco tra l'uno e l'altro dovrebbe essere quindi dell’ordine dei 10-15 cm, ma in realtà difficilmente si riscontrano delle interruzioni cielo-terra di questo tipo. Se l’ampiezza risulta inferiore a questi parametri potrebbero verificarsi i pericolosissimi fenomeni di “martellamento”, in caso di sisma, per effetto delle oscillazioni contrapposte di strutture adiacenti.

Come operare nei centri storici

A questo punto, è legittimo chiedersi se nei centri storici abbia senso ricercare le unità strutturali, oppure se non sia più semplice modellare l’intero aggregato e determinare così un progetto unitario di cui nessuno potrà mai contestare le dimensioni. Ne abbiamo parlato con l'ing. Cristian Angeli.

Domanda - Ingegnere, la definizione di Unità Strutturale è nata per semplificare la vita dei progettisti nella realizzazione dei progetti unitari, ma in realtà nei centri storici la situazione è ben più complessa. Ci spieghi meglio.

Non credo che il concetto di Unità Strutturale sia stato introdotto per semplificare la vita dei progettisti. Piuttosto paragonerei l’Unità strutturale a quello che i chirurghi definiscono “ambito di intervento”. Quando si opera in contesti complessi è inevitabile cercare di circoscrivere la zona che, per caratteristiche funzionali e morfologiche, può essere trattata in modo indipendente dal resto dell’organismo.

Nel caso dei centri storici questo approccio è sicuramente opportuno (ma non semplice) perché gli organismi (organismi edilizi) presentano caratteristiche costruttive non omogenee e stratificatesi nel tempo, con collegamenti strutturali difficili da schematizzare.

Inoltre gli edifici ubicati nei centri storici, oltre a presentare vincoli di tipo strutturale, presentano anche “parti comuni” indivisibili (ad esempio le facciate), che ampliano l’ambito di applicazione dei “progetti unitari”.

Quindi si, nei centri storici la situazione è molto complessa.

Domanda - Anche il TUIR sembra chiarire che nel caso dei centri storici, gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche e all’esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica devono essere eseguiti sulla base di progetti unitari. Esattamente, secondo Lei qual è l'approccio migliore che il progettista deve avere quando si opera nei centri storici?

Secondo me, ma è un parere del tutto personale e poco tecnico, il progettista deve avere anzitutto un profondo rispetto per il costruito. I centri storici, in Italia ce ne sono migliaia, sono il risultato di stratificazioni e di trasformazioni edilizie che si perdono nella notte dei tempi, fino in epoca medievale, rinascimentale, barocca… Fa sorridere pensare di poterli tagliare a fettine corrispondenti ciascuna a un’unità strutturale. È un approccio un po' troppo schematico.

Tant’è vero che molti dei nostri centri, per fortuna, sono “protetti” da rigorosi vincoli di tutela ambientale ed architettonica che, tra l’altro, individuano loro stessi le cosiddette unità minime di intervento.

Quindi a mio avviso l’approccio giusto è quello che tiene conto di tutti gli aspetti: edilizi, normativi, architettonici, strutturali ed anche culturali.

Se ciò dovesse implicare l’analisi sismica di un intero aggregato, anziché di una unità strutturale, bisogna farsene una ragione.

Domanda - Anche i cosiddetti interventi locali possono rientrare tra quelli previsti in un progetto unitario per l'accesso al Super Sismabonus?

Assolutamente sì purché, come ha chiarito il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, gli interventi siano volti a ridurre le condizioni di rischio sismico e quindi conseguano una o più delle seguenti finalità:

  • ripristinare, rispetto alla configurazione precedente al danno, le caratteristiche iniziali di elementi o parti danneggiate;
  • migliorare le caratteristiche di resistenza e/o di duttilità di elementi o parti, anche non danneggiati;
  • impedire meccanismi di collasso locale.

Al contrario non sono ammessi gli interventi locali volti a “modificare un elemento o una porzione limitata della struttura”.

Domanda - Il piano di recupero per i centri storici previsto dalla Legge n. 457/1978 può rappresentare una garanzia nel definire l'estensione di un progetto unitario?

Quando si opera in un ambito nuovo come quello del Superbonus, caratterizzato da norme tributarie ed edilizie che si intrecciano tra loro, non credo ci si possa “attaccare” solo alle previsioni di un “piano di recupero”, magari risalente a tempi remoti, per giustificare le scelte tecniche.

Il TUIR prescrive di operare mediante progetti unitari e quindi ritengo che sia necessario valutare, caso per caso, se l’intervento soddisfa questo requisito, verificando in modo oggettivo la presenza di parti comuni (intese in senso civilistico) e di unità strutturali (intese ai sensi delle NTC).

Dei piani di recupero - e quindi delle unità minime di intervento da essi individuate - bisogna tenerne conto, ma non rappresentano di certo una “garanzia”.

Domanda - Spesso ci chiedono se il classico intervento di ripristino delle sezioni in cls, con trattamento barre e ricostruzione della sezione con malta tixotropica sia contemplato come intervento locale e può essere annoverato tra quelli che accedono al sismabonus. Qual è il Suo punto di vista?

Gli interventi che possono accedere al Sismabonus sono quelli che riducono il rischio sismico della costruzione, indipendentemente dai salti di classe o dai numeri che si possono tirare fuori dai softwares di calcolo. Riduzione del rischio sismico: è questo il concetto cardine che il progettista strutturale e il direttore dei lavori devono garantire per dare il via al Sismabonus. Non dimentichiamolo.

Ciò premesso, ai fini dell’inquadramento di un intervento di ripristino di sezioni ammalorate, si può fare riferimento a quanto ha scritto il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nel parere n.3/2021:

“…sono quindi certamente da ritenersi ammissibili ai benefici fiscali del “Supersisma bonus 110%” lavori del tipo di quelli di seguito richiamati: [omissis] “interventi di riparazione e ripristino della resistenza originaria di elementi strutturali in muratura e/o calcestruzzo armato e/o acciaio, ammalorati per forme di degrado provenienti da vari fattori (esposizione, umidità, invecchiamenti, disgregazione dei componenti ecc.)”.

Direi che è molto chiaro.

Ringraziamo l’ing. Cristian Angeli per il prezioso contributo e lasciamo come sempre a voi ogni commento. Scrivete le vostre considerazioni a redazione@lavoripubblici.it, su Messenger o alla pagina Facebook di LavoriPubblici.it, il confronto è il miglior modo per far nascere nuovi dubbi e possibili soluzioni.

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