Smart Working: il Fisco sul rimborso spese dei dipendenti

L'Agenzia delle Entrate risponde ad un interpello sul rimborso spese per i lavoratori dipendenti in smart working

di Giorgio Vaiana - 05/05/2021

Smart working. Da oltre un anno queste due paroline sono entrate a far parte del nostro dizionario quasi quotidiano. Si tratta del "lavoro agile", ossia della possibilità, data da molte aziende in questo periodo di pandemia, di poter lavorare da casa. Ed è proprio un'azienda a rivolgersi all'Agenzia delle Entrate per una questione che riguarda il rimborso ai dipendenti in smart working. Analizziamo insieme la risposta n. 314/2021.

Il rimborso e la tassazione

Un'azienda ha stabilito un rimborso di 50 centesimi di euro al giorno ai dipendenti che lavorano da casa. Una sorta di sostegno per le spese di consumo di energia elettrica, i costi dei servizi igienici e un'ora di accensione di riscaldamento nel periodo invernale. Non vengono considerate le spese di vitto, climatizzazione estiva, i costi per la rete internet e altri costi fissi. Ora la società si chiede se questi soldi, inseriti in busta paga, possano essere esclusi dal reddito di lavoro dipendente.

Il principio di omnicomprensività del reddito

È il Decreto n. 917/1986 del Presidente della Repubblica (TUIR) a stabilire che "tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro" costituiscono reddito di lavoro dipendente. Questo è ormai definito "principio di onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro dipendente fiscalmente rilevante", in base al quale sia gli emolumenti in denaro sia i valori corrispondenti ai beni, ai servizi ed alle opere offerti dal datore di lavoro ai propri dipendenti "costituiscono redditi imponibili e, in quanto tali, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente". Questo vuol dire che tutte le somme che il datore di lavoro eroga al lavoratore, anche a titolo di rimborso spese, fanno reddito.

L'esclusione di alcuni rimborsi

Con una apposita circolare dell'Agenzia delle Entrate (la n. 326/1997), è stato affermato che possono essere esclusi da imposizione "quei rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro, anticipate dal dipendente, ad esempio, per l'acquisto di beni strumentali di piccolo valore, quali la carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice, etc..". Il concetto della onnicomprensività di reddito di lavoro dipendente, è stato poi approfondito con la risoluzione n. 178/E del 2003, che ha chiarito che non concorrono alla formazione della base imponibile le somme "che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore (è il caso, ad esempio, degli indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione patrimoniale) e che non sono fiscalmente rilevanti, in capo al dipendente, le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro".

I consumi sostenuti nell'interesse esclusivo del datore di lavoro

Nel caso specifico, dicono gli uffici dell'Agenzia delle Entrate, si può tranquillamente affermare che i dipendenti in smart working affrontino consumi nell'interesse esclusivo del datore di lavoro. Ed è per questo, conclude l'Agenzia, che le somme erogate dall'azienda ai lavoratori, per rimborsarli dai costi sostenuti, non sono imponibili ai fini Irpef.

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