Superbonus 110% e bonus ordinari: cosa succede se un General Contractor esegue male i lavori o abbandona il cantiere?

Bisogna fare attenzione perché le tutele per il committente sono diverse da quelle che si hanno con una normale impresa di costruzioni

di Cristian Angeli - 26/10/2022

Sui general contractor, da quando è stato pubblicato il Decreto Rilancio, si è detto di tutto e di più. È vero che esistevano anche prima, ma venivano utilizzati principalmente nell’ambito dei lavori pubblici. In quelli privati erano dei perfetti sconosciuti.

Il motivo di questa ampia diffusione deriva dalla complessità della gestione delle pratiche di Superbonus (che prevedono verifiche preliminari, progettazione, esecuzione, asseverazioni, con l’aggiunta della cessione dei crediti fiscali), per la quale molti General Contractor si sono proposti fin da subito come soggetti in grado di risolvere tutte le difficoltà.

Sulla modalità di gestione dei costi legati ai servizi del general contractor ci sono state molteplici risposte dell’agenzia delle entrate che hanno chiarito quali sono quelli che possono rientrare nelle agevolazioni e quali no. I profili fiscali dunque sono chiari.

Poco si è detto finora sugli aspetti civilistici e su quelli contrattuali che regolano un cantiere dato in “appalto” a un General Contractor, sulle responsabilità e sulle garanzie che quest’ultimo può offrire, che sono ben diverse da quelle riservate alle normali imprese.

Ad esempio cosa succede se un General Contractor esegue male i lavori o li lascia a metà? Purtroppo è una situazione ricorrente, anche a causa dei problemi legati al “blocco” della cessione dei crediti fiscali.

Il quesito

Sono amministratore di un condominio che ha appaltato i lavori di efficientamento energetico e antisismico a un General Contractor, che si era impegnato ad eseguirli in conformità a un capitolato e nel rispetto di precise tempistiche regolate da un contratto. Purtroppo i lavori sono stati sospesi subito dopo il raggiungimento del primo SAL e ad oggi il condominio si è dovuto affidare a un legale per gestire il contenzioso che si è creato.

È stato anche incaricato un consulente per svolgere una perizia sulle opere eseguite, che sembrano interessate da gravi difetti costruttivi. Vorrei sapere se le tutele riservate al condominio nel caso di lavori affidati a un GC sono le stesse che si hanno nell’ambito di appalto a una normale impresa di costruzioni.

La risposta dell’esperto

La risposta al quesito non è semplice, a causa dell’assenza di precedenti giurisprudenziali in tema di appalto di lavori a società che si qualificano come “contraenti generali”, impegnandosi non solo per l’esecuzione delle opere, ma anche per le attività accessorie di coordinamento degli aspetti progettuali e fiscali.

Non esiste quindi una regola generale e pertanto bisogna inquadrare il tipo di contratto esistente fra committente e General Contractor, per capire se si è in presenza di un “appalto” di lavori o di un “mandato”. La differenza è sostanziale, così come le ripercussioni sul piano civilistico.

Contratto “di appalto” e “mandato”

Il contratto di appalto è quello con il quale una parte (il committente) affida a un’altra (l’appaltatore), verso un corrispettivo in denaro, il compimento di un’opera o di un servizio, assieme all’organizzazione dei mezzi necessari e alla gestione. Secondo gli artt. 1655-1677 c.c., l’appaltatore è tenuto alla garanzia per i vizi e le difformità dell’opera dal progetto. Si tratta dunque di un contratto “di risultato”.

Il “mandato” è invece un particolare contratto con cui una parte, chiamata mandatario, si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto di un'altra, chiamata mandante (art. 1703 del c.c.).

Si distinguono:

  • il c.d. mandato con rappresentanza, in cui il mandatario può agire in nome e per conto del mandante (art. 1704 del c.c.), grazie al potere conferitogli con il rilascio della procura (art. 1392 del c.c.);
  • il c.d. mandato senza rappresentanza, quando il mandatario agisce solo per conto ma non in nome del mandante (art. 1705 del c.c.).

Il contratto con un general contractor può essere qualificato come “mandato” e non come “appalto”

La forma dell’accordo con il quale si affidano i lavori, in particolare quelli per i quali è previsto l’accesso ai bonus fiscali, è particolarmente importante.

Nel caso ci si avvalga di un General Contractor che si occupa di attività “immateriali”, come quelle di natura progettuale, potrebbe essere qualificato come contratto di mandato e non come appalto.

Le tutele a favore del committente dei lavori sono molto più ampie nel caso dell’appalto, al quale il codice civile dedica l’intero capo VII del libro IV, con una particolare attenzione al tema dei vizi e delle difformità delle opere eseguite.

Consegnata l’opera e pagato il compenso, l’appaltatore è tenuto alla garanzia per i vizi. L’unico onere per il Committente sarà quello della denunzia nel termine di decadenza di 60 giorni dalla scoperta.

Anche in tema di rimedi esperibili al Committente è lasciata la possibilità di scegliere tra l’eliminazione del vizio a spese dell’appaltatore o la diminuzione del prezzo, sempre salvo il diritto al risarcimento del danno, sino ad arrivare alla possibilità di chiedere la risoluzione del contratto (artt. 1667, 1668 c.c.). 

L’art. 1669 c.c. disciplina poi una tutela ulteriore nel caso di “rovina e difetti di cose immobili”, prevedendo la responsabilità dell’appaltatore per 10 anni dal compimento dell’opera.

Nessuna di queste tutele è prevista nella disciplina del mandato; tra le obbligazioni del mandatario troviamo unicamente che lo stesso è tenuto ad eseguire il servizio (o il lavoro) con la diligenza del buon padre di famiglia.

Una differenza altrettanto importante si ha in tema di “scioglimento” del vincolo contrattuale.

Ancora una volta riveste particolare importanza il contratto stipulato tra le Parti: a tale proposito occorre verificare se i contraenti abbiano previsto clausole risolutive e/o condizionato il vincolo al verificarsi o meno di alcuni eventi determinati. Il caso più frequente è quello relativo alla mancanza di liquidità a causa dell’impossibilità di cedere il credito. Come fare se le Parti non hanno previsto specifiche clausole nel loro accordo?

Nel caso dell’appalto l’art. 1671 c.c. prevede la possibilità per il Committente di recedere dal contratto purché tenga indenne l’appaltatore delle spese sostenute, anche se l’opera è iniziata. Nulla si prevede nel caso di recesso da parte dell’Appaltatore, che rimane in ogni caso obbligato a dare adempimento agli impegni assunti, in quanto è l’art. 1665 c.c. a prevedere a suo carico la “gestione a proprio rischio”.

Diverso il caso del mandato, per il quale l’art. 1722 c.c., prevede tra le cause di estinzione sia la revoca del mandante (art. 1723) con l’unica conseguenza dell’obbligo di risarcire i danni laddove sia stata prevista l’irrevocabilità e non vi sia una giusta causa, sia la rinunzia del mandatario (art. 1727).

Nel caso di assenza di liquidità per mancata cessione dei crediti, se il contratto si configura come “appalto”, il General Contractor sarà tenuto a portare a termine l’opera. Se invece il contratto si configura come “mandato” l’assenza di liquidità potrebbe essere vista come una giusta causa di rinunzia, e così il committente si troverebbe costretto ad agire in giudizio per vedere (forse) tutelati i propri diritti.

A cura di Cristian Angeli
ingegnere esperto di detrazioni fiscali applicate all’edilizia
www.cristianangeli.it

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