Superbonus e crediti edilizi: nessuno sblocco delle cessioni

La conversione del Decreto Legge n. 11/2023 (Decreto Cessioni) non ha avuto alcun effetto di sblocco sui crediti edilizi da superbonus e altri bonus edilizi

di Gianluca Oreto - 16/05/2023

Tra le date importanti che hanno segnato questi 3 anni di superbonus, una non sarà mai dimenticata da nessuno. Il 27 gennaio 2022 è approdato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n. 4/2022 (Decreto Sostegni-ter) che in un solo giorno ha demolito il meccanismo di cessione dei crediti edilizi di cui all'art. 121 del D.L. n. 34/2020 (Decreto Rilancio) ma non la voglia di utilizzare le detrazioni fiscali.

Il balletto sulle cessioni e la tempesta perfetta

Il pensiero diffuso da tutti gli attori coinvolti, complice le promesse e le continue modifiche al numero delle cessioni, è rimasto quello che lo Stato non avrebbe mai permesso il fallimento di un intero comparto (soprattutto quello edilizio noto per essere trainante dell'intera economia). I confronti con i principali stakeholder e le dichiarazioni dei partiti politici di maggioranza e di opposizione hanno lasciato intatta l'idea che "prima o poi" le cessioni sarebbero ripartite, Poste Italiane e i principali istituti bancari sarebbero tornati ad acquistare crediti edilizi e nessun problema ci sarebbe stato per imprese, professionisti e contribuenti.

Per tutto il 2022, nonostante il "balletto" estenuante, inutile e privo di progettualità sull'art. 121 del Decreto Rilancio, il numero di asseverazioni è sempre cresciuto. Addirittura, a settembre 2022, complice la scadenza prevista sulle unifamiliari, Enea ha registrato il numero record di 63.284 asseverazioni. Numeri che dimostrano come l'edilizia si sta ritrovata senza accorgersene nel bel mezzo di una tempesta perfetta che ha riunito contribuenti, imprese e professionisti.

Gli effetti del Decreto Cessioni

Arrivati a metà maggio 2023 si parla sempre meno di superbonus e di cessione del credito. La pubblicazione della legge di conversione del Decreto Legge n. 11/2023 (Decreto Cessioni) non solo non ha finora avuto alcun effetto sui crediti rimasti bloccati ma ha anestetizzato i media e i politici in prima linea fino a poche settimana prima.

Nessuno (o pochissimi) parla più di superbonus. Una misura arrivata a fine vita come dimostrato dall'ultimo Report di Enea che ad aprile 2023 ha registrato appena 3.587 asseverazioni. Un numero estremamente basso (rapportato ai precedenti) che dimostra una certa miopia legislativa che con il blocco del meccanismo di cessione ha trasformato una misura fiscale trasversale e accessibile a tutti (ed utilizzabile con aliquota al 90% per tutto il 2023 per poi diminuire al 70% nel 2024 e 65% nel 2025), in una detrazione utilizzabile solo da chi ha contemporaneamente:

  • capacità economica per finanziare gli interventi o possibilità di accesso al credito;
  • capienza fiscale per portare la spesa in detrazione.

Crediti edilizi: un mercato per gli affaristi

Mentre tutti attendono un "colpo" da parte dello Stato (che dovrebbe farsi carico delle problematiche del mondo delle costruzioni), il dato di fatto è che lo scambio dei crediti fiscali è diventato solo una forma di investimento per chi ha capacità contrattuale. Sono sempre di più le proposte di acquisto con sconti del 20/30% rispetto al valore nominale del credito. Proposte che premiano non chi produce lavoro ma per gli affaristi che sempre di più si stanno approfittando di una situazione paradossale che potrebbe chiudersi velocemente mettendo in campo le partecipate di Stato.

Al momento sembra che la strada intrapresa dal Governo sia quella della "moral suasion", senza troppa convinzione e senza alcun effetto tangibile come dimostrato dai tanti cortei organizzati da chi crede ancora sia possibile una soluzione.

Secondo le analisi di chi ha messo a punto il Decreto Cessioni, il blocco del meccanismo di cessione unito all'indicazione della documentazione necessaria per escludere la responsabilità solidale avrebbero già dovuto produrre effetti su tutti quei cantieri rimasti invischiati e sospesi a causa dell'impossibilità di cedere i crediti a qualcuno senza doverci rimettere di tasca propria.

"Qualcuno dovrà pagarlo il conto" si è detto nei mesi scorsi.
La sensazione è che questo conto sarà pagato non da chi ha creato questo perverso sistema ma da tutto il comparto delle costruzioni che si presume dovrà occuparsi anche della riuscita del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza (PNRR).

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