Superbonus e unifamiliari: chiusura lavori al 31 marzo 2023?

Si avvicina la data di scadenza del Superbonus 110% prevista per gli interventi sugli edifici unifamiliari. I lavori vanno chiusi entro il 31 marzo 2023?

di Luciano Ficarelli - 10/03/2023

Ormai prossimi alla scadenza di fine mese, il dubbio che assale i committenti dei lavori edilizi sulle unifamiliari è se i lavori debbano terminare improrogabilmente entro il 31 marzo 2023 per poter usufruire del superbonus al 110%, (salvo proroghe in discussione alla Commissione Finanze della Camera in questi giorni).

Superbonus e unifamiliari: spese e lavori entro il 31 marzo 2023?

In mancanza di un esplicito chiarimento da parte del MEF e dell’Agenzia delle Entrate, è nato un corposo supporto dottrinale che, però, ha confuso ulteriormente le idee degli addetti ai lavori. Proviamo, dunque, a fare chiarezza sulla normativa vigente e dare una solida base per poter prendere le opportune decisioni.

Il comma 8-bis dell’art. 119 del D.L. 34/2020 convertito in Legge 77/2020 dice che “per gli  interventi effettuati su unità immobiliari dalle persone fisiche di cui al comma 9, lettera b), la detrazione del 110 per cento spetta anche per le spese sostenute entro il 31 marzo 2023, a condizione che alla data del 30 settembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30 per cento dell'intervento complessivo”.

Pertanto, possiamo mettere un punto fermo ed indiscutibile: i pagamenti delle fatture ricevute per gli interventi ammessi alle agevolazioni vanno fatti entro e non oltre il 31 marzo 2023.

Il comma 1-bis dell’art. 121 del decreto citato dice che “l'opzione di cui al comma 1 (n.d.r. sconto in fattura e cessione del credito a terzi) può essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori” che “non possono essere più di due per ciascun intervento complessivo e ciascuno stato di avanzamento deve riferirsi ad almeno il 30 per cento del medesimo intervento”.

Lo Stato di Avanzamento Lavori (SAL)

Anche in questo caso, non c’è alcun dubbio: le due opzioni citate possono essere esercitate solo in presenza di un S.A.L. cosiddetto “qualificato”, cioè riferito ad almeno il 30% dei lavori. La presenza del S.A.L. è certificata dall’asseverazione Enea per quanto riguarda gli interventi di efficientamento energetico e dall’Allegato 1 per quanto riguarda gli interventi di riduzione del rischio sismico.

Il successivo comma 1-ter dell’art. 121 dice che “in caso di opzione di cui al comma 1:

  1. il contribuente richiede il visto di conformità (…);
  2. i tecnici abilitati asseverano la congruità delle spese sostenute (…)”.

Altra certezza: per ottenere lo sconto in fattura e cedere il credito, occorre che le spese siano certificate attraverso il visto di conformità e la dichiarazione di congruità.

Null’altro è previsto dalla normativa. Pertanto, le tre opzioni per poter recuperare le spese sostenute al 110% sono le seguenti:

  1. Il contribuente che vuole detrarre le spese in dichiarazione può farlo senza la necessità di avere il S.A.L.;
  2. Il contribuente che ha ottenuto lo sconto in fattura potrà cedere il credito d’imposta al fornitore solo in presenza del S.A.L.;
  3. Il contribuente che vuole cedere a terzi il proprio credito d’imposta potrà farlo solo in presenza del S.A.L.

Perplessità e dubbi

Sembra tutto chiaro, ma così non è. La dottrina specializzata ha ritenuto di sollevare perplessità sull’applicazione dell’aliquota maggiorata qualora gli interventi finiscano successivamente al 31 marzo 2023, nonostante i pagamenti siano stati tutti effettuati, e si opti per lo sconto in fattura o la cessione del credito. L’incertezza deriva, in particolare, dall’emissione della fattura “scontata” che presupporrebbe la fine dei lavori.

A parere di chi scrive, se la norma avesse previsto una condizione, questa sarebbe stata esplicita.

Nemmeno l’Agenzia delle Entrate nelle successive circolari emesse ha preso posizione. Anzi, in un recente interpello (238/2023) l’Agenzia ha affermato che “il cd. sconto in fattura non è altro che un contributo anticipato dai fornitori corrispondente alla detrazione spettante al committente e costituisce, per quest'ultimo, una sostanziale modalità di pagamento dell'importo dovuto”. Va da sé che anche la fattura contenente lo sconto del corrispettivo dovuto dal committente è per quest’ultimo un pagamento ammesso alle agevolazioni.

Inoltre, si ritiene che la fattura con sconto inviata allo SDI dall’impresa possa essere emessa a carico del committente (e che potrebbe anche contenere quote in accollo non detraibili) in virtù di spese già sostenute dall’impresa stessa nei confronti di fornitori per materiali/beni finiti già in magazzino.

La sentenza della Corte di Cassazione

Il documento che ha messo più in allarme gli operatori del settore è una sentenza della Cassazione (Corte di Cassazione 8 novembre 2022, n. 42012) che ha riguardato il sismabonus ordinario, dove i princìpi in essa espressi conducono a due conclusioni: 1) il credito d'imposta può essere ceduto solo in presenza di un'asseverazione (SAL) che attesti la realizzazione degli interventi (pagina 16 paragrafo 2.4); 2) le fatture di acconto non possono formare oggetto di cessione del credito perché gli interventi non sono conclusi (pagina 15 paragrafo 2.3). In sostanza, la sentenza non fa che riportare gli articoli di legge commentati in precedenza, senza entrare in interpretazioni autentiche della norma sul momento di emissione della fattura con sconto. Invece, ed a ragione, puntualizza che i crediti derivanti dallo sconto in fattura possono essere ceduti solo in presenza di un S.A.L.. Il passaggio dirimente della sentenza è il seguente: “la fruizione dei bonus fiscali per gli interventi edilizi è indissolubilmente vincolata all’esecuzione completa degli interventi stessi, secondo quanto indicato nei rispettivi titoli abilitativi e nei tempi previsti dagli atti stessi. Le agevolazioni sono infatti concesse per l’esecuzione di interventi edilizi: per questo i suddetti interventi devono essere completati”.

Per quanto riguarda la cessione del credito, se passasse la tesi che i lavori devono terminare entro il 31 marzo 2023, il contribuente che, nell’ipotesi di conclusione dei lavori oltre tale data, decidesse di detrarre la prima rata dalla dichiarazione dei redditi, sarebbe impossibilitato a cedere le restanti rate. Non sembra che ci siano norme contrarie a questa possibilità, né che esistano procedure per disabilitare l’opzione poiché sarebbero dovute esistere già dal 30 giugno 2022, primo termine per le unifamiliari.

Conclusioni

In conclusione, tenuto conto che le spese riferite al 2023 possono essere cedute solo in presenza delle asseverazioni, queste vanno rilasciate nel medesimo anno d’imposta in cui sono state sostenute le spese, altrimenti non sarà possibile optare per la cessione del credito o lo sconto in fattura, ma sarà possibile solo detrarre i pagamenti in dichiarazione. Pertanto, i lavori devono terminare improrogabilmente entro il 31 dicembre 2023.

In attesa di eventuali proroghe della prossima scadenza, sarebbe comunque opportuno che gli Enti preposti forniscano precisi chiarimenti in merito.

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