Verifica di sicurezza: cos’è, a cosa serve e obblighi normativi

Cos'è la verifica di sicurezza? Perché è utile? Quali sono gli obblighi normativi? Lo Spiega Ennio Casagrande di ISI - Ingegneria Sismica Italiana

di Ennio Casagrande - 07/03/2023

Con “verifica di sicurezza” si intende spesso l’atto che un progettista deve compiere per capire se un fabbricato è idoneo a sopportare i carichi impressi dall’ambiente e dalle persone che lo utilizzano. In realtà il termine “verifica” nasconde molteplici significati molto spesso non interpretabili a causa della complessità delle operazioni.

Verificare: cosa significa?

Ogni qualvolta succede un evento sismico, puntualmente si inizia a discutere di analisi e più in particolare di verifiche. In realtà, quest’ultimo termine è entrato nel vocabolario odierno anche se nasconde in sé un significato articolato.

Di fatto, il termine verifica, secondo il Dizionario delle Scienze Fisiche (1996) è una parola composta da due termini latini, ovvero, verus “vero” e facere “fare”. Più in dettaglio verifica significa “l’accertamento che un oggetto sia stato realizzato secondo il progetto e possegga nel grado voluto le proprietà prescritte” (fonte: Treccani.it). Applicando questa definizione al costruito esistente si intende, pertanto, accertare che l’edificio:

  • sia realizzato secondo un progetto;
  • possegga la “resistenza” prevista nel progetto.

Ebbene, dalla definizione precedentemente riportata, è facile osservare come una verifica debba partire, imprescindibilmente, da un progetto il quale (molto) spesso non è disponibile oppure non è mai stato eseguito. Allora, sorge una domanda: ma se non esiste un progetto com’è possibile effettuare la verifica di un edificio esistente?

Questa, come è possibile intuire, è una domanda che ancora oggi non trova una completa ed esaustiva risposta. Per capire la difficoltà intrinseca dell’effettuare “verifiche” in un edificio basta effettuare una semplice ricerca del termine verifica (o termini derivati) sulle norme italiane che hanno regolamentato la costruzione degli edifici negli ultimi 30 anni (Tabella 1).

norma

numero parole
con verific*

D.M. 1996          

96

O.P.C.M. 3274/2003

333

NTC2005

631

NTC2008

831

NTC2018

1029

Tabella 1 – numero di parole contenenti il termine verific*
 

Dall’elenco riportato in Tabella 1 è intuibile come l’evoluzione normativa sia al passo con il progresso scientifico e di ricerca. Purtroppo la difficile applicazione delle regole imposte dai vari aggiornamenti normativi non ha di certo migliorato la situazione pregressa. Di fatto, sembra impossibile “verificare” l’insieme di edifici realizzati dal dopo guerra solamente incrementando la complessità delle prescrizioni. In questo caso – sarà una citazione banale – ma la storia insegna: Umbria e Marche (1997), Molise (2002), L’Aquila (2009), Emilia Romagna (2012), Amatrice (2016). Forse sarebbe il caso di ammettere che “less is more” ovvero ridurre le prescrizioni gioverebbe ad una progettazione più attenta e rispettosa.

Il processo di verifica

Dovendo, per assurdo, proporre una definizione non convenzionale di verifica, essa potrebbe essere rappresentata dalla seguente relazione:

Rd ≥ Ed

in cui Rd rappresenta la capacità di progetto e Ed la domanda di progetto. In termini più semplici, Rd rappresenta, ad esempio, la resistenza di un elemento strutturale ecc. mentre Ed rappresenta la sollecitazione, il carico ecc. La relazione precedente, quindi, non è altro che la sicurezza strutturale: più elevata è la differenza tra Rd ed Ed più sicuro è l’elemento o il fabbricato.

Ovviamente la relazione su cui si basa la sicurezza strutturale non è applicabile in senso diretto ma indiretto.  In effetti, il progettista chiamato a redigere una valutazione di sicurezza di un fabbricato esistente non si basa sul singolo confronto tra Rd ed Ed, ma su un processo di analisi matematiche, di valutazioni e di stime tutt’altro che semplici.

Per far capire la difficoltà del processo di “verifica statica”, basti pensare che per effettuare la verifica di una trave in calcestruzzo armato esistente – volendo semplificare – sono necessari almeno i seguenti step:

  • stima della resistenza del calcestruzzo che può essere desunta dai certificati e/o da prove;
  • stima della resistenza della qualità dell’acciaio desumibile anch’essa dai certificati e/o da prove;
  • indagini atte a garantire l’integrità, la geometria dell’elemento e le connessioni;
  • stima dei carichi a cui è soggetta la trave con conseguente studio del percorso dei carichi;
  • stima delle sollecitazioni derivanti dai carichi ipotizzati;
  • stima della capacità portante e confronto con le sollecitazioni agenti.

Se il processo precedente deve essere esteso alla “verifica sismica”, allora si dovrebbero inserire ulteriori controlli e valutazioni.

È facile, pertanto, comprendere come “verificare” sia tutt’altro che un’operazione semplice e agevole.

Ovviamente l’esempio si basa su una condizione ideale ovvero che la trave si possa vedere e sia soprattutto accessibile alle indagini.

Al contrario, nei centri storici per esempio, gli elementi strutturali non sono sempre visibili e soprattutto possono non essere riconoscibili a priori, in quanto, nascosti da isolanti oppure da rifodere, solai ecc. Questa condizione rende ancor di più difficoltosa la valutazione.

Ma perché è utile la verifica

Il processo di verifica di un fabbricato può essere volgarmente assimilato allo stato di salute di una persona. Il medico, in questo caso identificato con il progettista, prescrive dapprima una serie di esami (prove dei materiali, rilievi ecc.) e successivamente, come conclusione delle sue valutazioni (analisi strutturali, modelli numerici ecc.) decreta la “diagnosi” del fabbricato, indicando – per l’appunto – il grado di sicurezza dello stesso e le possibili azioni per aumentarne la sicurezza.

Si comprende appieno come la verifica sia di importanza elevata per garantire la sicurezza delle persone che ci abitano oppure ci lavorano.

Eppure, questa sicurezza è marginale, direi quasi soggettiva e influenzata dalle notizie e dagli eventi che ci circondano: dopo un terremoto si vuole conoscere lo “stato di salute” della propria abitazione oppure dopo una frana tutti si allertano per informarsi se la propria casa “sia in una zona soggetta a frane”.

Ovviamente, la prevenzione non può essere identificata come un evento a posteriori ma deve essere finalizzata a garantire la sicurezza prima che si verifichi un determinato evento. Solo in questo modo è possibile modificare la mitologica frase “qua il terremoto non arriverà mai” in “qua il terremoto non farà danni”.

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