Vincolo indiretto e beni culturali: quali limiti per l’edilizia nelle aree di rispetto?

Vincolo indiretto beni culturali: cosa prevede l’art. 45 del Codice e quali limiti valgono per nuovi edifici nelle aree di rispetto secondo il Consiglio di Stato

di Redazione tecnica - 20/05/2025

È legittimo sottoporre a vincolo indiretto aree e fabbricati pertinenziali di un immobile già dichiarato di interesse culturale? Fino a che punto l’amministrazione può imporre prescrizioni senza una motivazione puntuale? E può davvero bastare un generico richiamo alla funzione sanitaria per derogare alle caratteristiche tipologiche e stilistiche dell’intorno?

Vincolo indiretto e beni culturali: interviene il Consiglio di Stato

Ha risposto a queste domande il Consiglio di Stato con la sentenza 28 aprile 2025, n. 3575 che ci consente di approfondire il tema del vincolo indiretto di cui all’art. 45 del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), evidenziandone limiti, margini discrezionali e obblighi motivazionali per l’amministrazione.

Appare opportuno ricordare che, ai sensi del citato art. 45 (Prescrizioni di tutela indiretta), il Ministero può stabilire distanze, misure e regole per proteggere l’integrità, la visuale, la luce e il decoro dei beni culturali immobili anche rispetto al contesto circostante. Tali prescrizioni, una volta adottate e notificate secondo le procedure previste, diventano immediatamente vincolanti e devono essere recepite nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici dagli enti pubblici territoriali competenti.

Il caso di specie riguarda proprio un decreto ministeriale che ha imposto un vincolo indiretto su aree e fabbricati circostanti un edificio storico già sottoposto a vincolo diretto. Tale vincolo, finalizzato a tutelare la cornice ambientale e percettiva del bene, è stato oggetto di impugnazione per carenza di motivazione e istruttoria, in particolare per la parte che introduceva una distinzione tra edifici di destinazione sanitaria e altri interventi edilizi.

In primo grado, il TAR ha integralmente rigettato il ricorso proposto contro il decreto ministeriale che imponeva prescrizioni di tutela indiretta, sulla base di 5 motivazioni. In particolare, il TAR:

  1. ha ritenuto infondata la censura di sviamento di potere, precisando che tale vizio richiede elementi concreti e concordanti, non mere supposizioni. Nel caso di specie, le argomentazioni erano solo ipotetiche e congetturali, non idonee a dimostrare finalità estranee alla tutela culturale;
  2. ha escluso l’esistenza di travisamento dei fatti o illogicità manifesta nelle prescrizioni imposte, evidenziando come la discrezionalità tecnica della Soprintendenza si basi su valutazioni opinabili e non su criteri esatti. Le critiche della ricorrente sono state ritenute soggettive.
  3. ha chiarito che il vincolo indiretto non è assimilabile a un vincolo paesaggistico, poiché tutela il contesto ambientale del bene culturale. Ha considerato ragionevole e proporzionata la prescrizione sul mantenimento della superficie verde, in funzione del decoro e dell’integrità visiva;
  4. ha escluso carenze di motivazione o di istruttoria.
  5. ha confermato che la nuova imposizione del vincolo si è adeguata alle indicazioni del giudice d’appello, sanando le carenze del precedente provvedimento. Il fatto che le prescrizioni fossero simili a quelle annullate non rileva, in quanto il vizio precedente riguardava solo l’istruttoria, non il contenuto.
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