Condono edilizio e vincoli paesaggistici: quando può essere concessa la sanatoria edilizia

La sentenza del Consiglio di Stato chiarisce quando può essere concessa la sanatoria edilizia in presenza di vincoli paesaggistici

di Redazione tecnica - 06/01/2021

In attesa che la nuova disciplina delle costruzioni possa mettere in pensione il Testo Unico Edilizia e risolvere molti dei dubbi applicativi e zone d'ombra che hanno intasato i tribunali italiani, continua la nostra rassegna di sentenze che riguardano uno dei temi più dibattuti: gli abusi edilizi.

Condono edilizio e vincoli paesaggistici: la sentenza del Consiglio di Stato

Questa volta prendiamo spunto dalla sentenza n. 8469/2020 emessa dal Consiglio di Stato il 29 dicembre che tratta (ancora) il caso di un'istanza di condono edilizio presentata nel lontano 1986 (35 anni fa!) per la concessione della sanatoria edilizia di una tettoia e un box per il deposito di attrezzi e ricovero di un trattore.

Abusi edilizi per i quali l'istante aveva presentato istanza ai sensi della Legge n. 47/1985 (c.d. primo condono edilizio), la cui risposta dell'amministrazione comunale era arrivata solo nel 1995 (nove anni dopo). Risposta mediante la quale il Comune aveva accolto la richiesta di sanatoria per la tettoia ma non per il box in quanto la struttura sorgeva in un'area a vincolo paesaggistico. Per questa decisione è stato fatto ricorso che il Tribunale Amministrativo Regionale ha respinto, sulla quale è stato presentato ricordo al Consiglio di Stato, risolto solo negli ultimi giorni del 2020.

Sanatoria e vincolo paesaggistico

I giudici del Consiglio di Stato si sono concentrati sui pareri dell'amministrazione, quello favorevole per la tettoia e quello negativo per il deposito. Come rilevato dai giudici di Palazzo Spada, in presenza di un vincolo, la sanatoria può essere concessa solo su parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo stesso.

Nel caso di specie, trattandosi di vincolo paesaggistico, è stato richiesto il parere della commissione edilizia integrata che aveva risposto negativamente. E ai sensi della legge n. 47/1985, questo parere ha valore vincolante e preclusivo al procedimento del condono edilizio. Il ricorso in secondo grado, si basava sul fatto che il parere era stato reso in forma "sintetica", aspetto che secondo i giudici non vuol dire niente che hanno ribadito l'esaustività e chiarezza delle motivazioni di rigetto. Nella fattispecie, anche per i giudici del Consiglio di Stato un box in lamiera causa danno al paesaggio.

Parere della commissione edilizia comunale, sì o no?

Tra i motivi di ricorso, anche il fatto che il Comune non abbia acquisito il parere della commissione edilizia comunale, non essendo, a suo avviso, solo sufficiente il parere della commissione edilizia integrata. Per i giudici, però, si tratta di un motivo infondato, poiché il parere negativo della commissione edilizia integrata è di per sé preclusivo alla concessione del condono. Dicono i giudici: "La giurisprudenza ha precisato che nel procedimento di rilascio della concessione edilizia in sanatoria il parere della commissione edilizia comunale non è necessario, in considerazione della specialità del procedimento e in mancanza di un’espressa previsione normativa in tal senso che, in base al principio di semplificazione procedimentale, è necessaria per rendere obbligatorio un apporto consultivo, dovendo altrimenti lo stesso ritenersi meramente facoltativo".

Sanatoria sottoposta a condizioni e/o prescrizioni

Non è questo il caso, dicono i giudici. L'amministrazione, infatti, secondo il consiglio di Stato, non è tenuta, in sede di esame della domanda di sanatoria, "a fornire indicazioni all’interessato circa gli adattamenti eventualmente idonei a rendere l’opera compatibile con l’ambiente, essendo questa possibilità normativamente prevista soltanto per la ben distinta ipotesi di preventiva richiesta di autorizzazione paesaggistica, dove oggetto della valutazione è un progetto, mentre nel caso di condono si tratta, con tutta evidenza, di opere già realizzate abusivamente, che vanno valutate nella loro attuale e materiale consistenza". Lo stesso consiglio di Stato si era già espresso in passato, sottolineando che la pubblica amministrazione non ha l'obbligo di indicare se si possa rendere l’intervento compatibile con gli interessi paesaggistici. L'appello, dunque, è stato totalmente respinto.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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