Demolizione e ricostruzione con variazione superficie: ci vuole il permesso di costruire

La realizzazione di una struttura in muratura a completamento di una tettoia non è un intervento di ristrutturazione edilizia

di Redazione tecnica - 08/04/2022

Chiudere una tettoia tramite tamponatura non è un intervento di edilizia libera, tanto più se precedentemente erano presenti delle pareti in legno, sostituite con la muratura. Sullo spinoso tema dei permessi di costruire è tornato a parlare il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2575/2022, sul ricorso presentato contro l’ordine di demolizione di un fabbricato agricolo.

Demolizione e ricostruzione in presenza di tettoia: la sentenza del Consiglio di Stato

La struttura, sanata nel 1999, era caratterizzata da pareti di legno e tettoia in eternit. Dopo averla demolita e ricostruita con pareti in muratura, mantenendo la copertuta, i proprietari hanno presentato due istanze di condono ai sensi del decreto-legge n. 269 del 2003 (Terzo Condono Edilizio) e della legge della Regione Toscana n. 53/2004, per i seguenti interventi. Le due domande sono state però respinte, con successivo ordine di demolizione da parte dell’amministrazione comunale.

Da qui il ricorso: secondo i proprietari, il Comune non avrebbe dovuto applicare la sanzione demolitoria ma la sanzione pecuniaria: non solo la copertura sarebbe stata quella originaria, rimasta invariata per materiale e forma, ma abbattere le pareti avrebbe significato comprometterne anche la stabilità.

Fiscalizzazione abusi edilizi

Palazzo Spada non è stato dello stesso avviso e ha richiamato l’art. 206, comma 2, della legge della Regione Toscana n. 65 del 2014 che, al pari dell’art. 34, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, disciplina gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, prevedendo che «qualora, sulla base di motivato e preventivo accertamento eseguito o verificato dall’ufficio tecnico comunale, la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il comune applica una sanzione pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione delle opere».

Esso riguarda il pregiudizio conseguente alla «parte eseguita in conformità» e non si riferisce anche ai casi in cui il manufatto realizzato costituisce un organismo edilizio integralmente diverso da quello previsto per caratteristiche tipologiche, planivolumetriche o di utilizzazione.

In sostanza, non si può fiscalizzare un abuso quando tutto il manufatto è abusivo: i proprietari hanno sostituito la precedente struttura precaria con una nuova, nell’insiemediversa per dimensioni e forma, dando vita a un intervento inconciliabile con la ristrutturazione edilizia e assimilabile invece ad una nuova costruzione.

Per altro gli interventi di ricostruzione e di chiusura della tettoia sono stati fatti contestualmente: essi non potevano essere frammentati artificiosamente con la presentazione di due istanze, ma andavano ricondotti in realtà ad un unico ed unitario intervento, che portato alla creazione di un organismo edilizio diverso per forma e dimensioni da quello preesistente.

Come spiega il Consiglio, l’ordinanza ripristinatoria comunale si riferisce non solo all’ampliamento realizzato mediante tamponatura della tettoia, ma anche al manufatto risultante dalla demolizione e ricostruzione dell’annesso agricolo coperto con la tettoia stessa. L’abuso realizzato non è né un intervento sull’esistente, né è un’opera pertinenziale: si tratta semplicemente di una nuova costruzione, assoggettata a permesso di costruire. Di conseguenza, l’appello è stato respinto.

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