Ecosistema Rischio 2017: 7,5 milioni persone vivono o lavorano in aree a rischio idrogeologico

"Italia sempre più fragile e insicura, incurante dell’eccessivo consumo di suolo e del problema del dissesto idrogeologico mentre i cambiamenti climatici amp...

24/11/2017

"Italia sempre più fragile e insicura, incurante dell’eccessivo consumo di suolo e del problema del dissesto idrogeologico mentre i cambiamenti climatici amplificano gli effetti di frane e alluvioni".

A certificarlo, nuovamente e se fosse necessario, è l'ultima indagine condotta da Legambiente "Ecosistema Rischio 2017 - Monitoraggio sulle attività delle amministrazioni comunali per la mitigazione del rischio idrogeologico" nella quale si è evidenziato il dato contenuto nell'ultimo rapporto dell'Ispra per il quale sono 7.145 i comuni italiani (l’88% del totale) che hanno almeno un’area classificata come ad elevato rischio idrogeologico, corrispondenti a circa il 15,8% del territorio italiano.

L'indagine di Legambiente è stata condotta sulla base delle risposte fornite da 1.462 amministrazioni comunali (corrispondenti al 20% dei 7.145 Comuni classificati ad elevata pericolosità idrogeologica). Di questi il 69,7% ha dichiarato di avere abitazioni in aree a rischio. Nel 26,8% dei casi sono presenti interi quartieri, mentre in 737 amministrazioni (50,4%) sorgono addirittura impianti industriali. Strutture sensibili come scuole o ospedali sono presenti in aree a rischio nel 14,6% dei casi, mentre l’espansione urbanistica che ha visto sorgere strutture ricettive o commerciali in aree a rischio è del 20,5%. E, se questo quadro è figlio sicuramente dello scellerato uso del territorio degli ultimi 70 anni, non trova invece giustificazione il dato che vede il 9,3% dei comuni (136 amministrazioni) dichiarare di aver edificato case, quartieri o strutture sensibili e industriali in aree a rischio anche nell’ultimo decennio, nonostante il recepimento del PAI (Piani di assetto idrogeologico) nella pianificazione urbanistica.

Preoccupanti anche i dati sulla cementificazione dei letti dei fiumi: anche se il 70% dei comuni intervistati (1.025 amministrazioni), svolge regolarmente un’attività di manutenzione ordinaria delle sponde dei corsi d’acqua e delle opere di difesa idraulica; il 9% delle amministrazioni ha dichiarato di aver “tombato” tratti di corsi d’acqua sul proprio territorio, con una conseguente urbanizzazione delle aree sovrastanti, mentre solo il 4% ha eseguito la delocalizzazione di abitazioni costruite in aree a rischio e il 2% la delocalizzazione di fabbricati industriali.

A pagare lo scotto di questa Italia insicura sono gli oltre 7,5 milioni di cittadini esposti quotidianamente al pericolo che vivono o lavorano in aree potenzialmente pericolose e la cui incolumità deve essere la priorità del Paese.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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