Emergenza Covid-19: dall'Ance le indicazioni operative per le imprese edili

Dall'Ance le indicazioni operative per le imprese edili per la gestione della corretta applicazione delle misure anti Covid-19

di Redazione tecnica - 27/10/2020

L'emergenza sanitaria da coronavirus sta condizionando non solo la nostra vita quotidiana, ma anche il nostro modo di affrontare il lavoro. Spesso i datori di lavoro si trovano in difficoltà nella corretta applicazione delle norme che riguardano la quarantena e la malattia Covid-19. Viene in soccorso l'Ance, l'associazione nazionale costruttori edili che ha realizzato una sorta di vademecum dedicato alle imprese edili con i corretti comportamenti da adottare.

Gestione del rapporto di lavoro nella fase preliminare del test Covid-19

Bisogna distinguere due diverse situazioni. Quella della presenza nell'operaio o di altre persone di sintomatologia sospetta e quella di assenza di sintomi riconducibili al coronavirus. Nel primo caso, viene riconosciuto l'ordinario trattamento previdenziale e contrattuale di malattia previa certificazione di malattia rilasciata dal medico curante che richiede, immediatamente il test diagnostico con comunicazione al Dipartimento di Prevenzione (DdP), o al servizio preposto sulla base dell’organizzazione regionale. Nel caso in cui ci siano soggetti asintomatici, ma i tamponi o i test vengano predisposti dalle autorità competenti (per "contatto stretto" con soggetti con infezione da Covid-19, confermato ed identificato dalle autorità sanitario; rischio focolaio; casi previsti dal Dpcm per ingresso dall’estero), viene riconosciuta l’equiparazione alla malattia ai fini del trattamento economico di riferimento, previa certificazione di malattia rilasciata dal medico curante. In caso di test effettuato su iniziativa individuale non è riconosciuta l’equiparazione alla malattia ai fini del trattamento economico di riferimento, pertanto, per l’assenza dal lavoro (in attesa di ripetere il test su disposizione dell’Autorità sanitaria italiana), si farà ricorso a permessi, ferie e congedi previsti dalla normativa vigente, nel rispetto di quanto previsto dalla contrattazione collettiva. Qualora sia possibile prestare l’attività lavorativa in modalità agile, non si determina la sospensione dell’attività lavorativa e, pertanto, non è riconosciuta l’equiparazione alla malattia ai fini del trattamento economico di riferimento.

Gestione del rapporto di lavori nella fase successiva al test

Anche in questo caso vanno distinti i positivi sintomatici dai positivi asintomatici. L'isolamento della persona vale per tutti e due casi. Nel caso del sintomatico, la malattia è conclamata e quindi il lavoratore è esente da tutte le prestazioni lavorative, anche in modalità agile. Vale l'ordinario trattamento previdenziale solo dopo presentazione del certificato medico. Per l'asintomatico, il trattamento economico per la malattia vale solo se il test è stato richiesto dall'autorità sanitaria. In caso di test effettuato su iniziativa individuale, non è riconosciuta la malattia e si farà ricorso a permessi, ferie e congedi. Nel caso di contatto stretto con un positivo, il lavoratore andrà subito in quarantena. Una situazione equiparata alla malattia ai fini del trattamento economico di riferimento, previa certificazione di malattia rilasciata dal medico curante. Qualora sia possibile prestare l’attività lavorativa in modalità agile, non si determina la sospensione dell’attività lavorativa e, pertanto, non è riconosciuta l’equiparazione alla malattia ai fini del trattamento economico di riferimento.

Lavoratori provenienti dall'estero

Anche qui bisogna analizzare due diversi casi: quello di un lavoratore che ha soggiornato in alcuni paesi all'estero o colui che è stato sottoposto a quarantena in un paese all'estero. Vediamo nel dettaglio. Se un lavoratore (assicurato in Italia) che, nei 14 giorni antecedenti, ha soggiornato o transitato in alcuni Stati stabiliti dal decreto del presidente del consiglio dei ministri lo scorso 13 ottobre (Australia, Canada, Georgia, Giappone, Nuova Zelanda, Romania, Ruanda, Repubblica di Corea, Thailandia, Tunisia, Uruguay, Armenia, Bahrein, Bangladesh, Bosnia Erzegovina, Brasile, Cile, Kuwait, Macedonia del nord, Moldova, Oman, Panama, Perù, Repubblica dominicana, Kosovo, Montenegro, Colombia), viene riconosciuta la malattia se il lavoratore viene posto in quarantena, seguendo un’apposita procedura: una volta avviata la sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario, l’operatore informa il medico curante; in caso di necessità della certificazione ai fini Inps per l’assenza dal lavoro, l’operatore rilascia una dichiarazione, indirizzata a Inps, datore di lavoro e medico curante in cui attesta che per motivi di sanità pubblica il soggetto è stato posto in quarantena precauzionale, specificandone date di inizio e fine.

Diverso il caso per un lavoratore, assicurato in Italia, sottoposto a quarantena all'estero. In questo caso non è prevista l'equiparazione alla malattia ai fini del trattamento economico di riferimento, che si basa solo su un procedimento eseguito dalle preposte autorità sanitarie italiane. Se non è possibile ricorrere al lavoro agile, per l’assenza dal lavoro si farà ricorso a permessi, ferie e congedi previsti dalla normativa vigente, nel rispetto di quanto previsto dalla contrattazione collettiva.

Cassa integrazione e Covid-19

Quattro i casi analizzati. Nel caso di un lavoratore già sottoposto a Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO) o Cassa Integrazione Guadagni in Deroga (CIGD) per cui sopraggiunge obbligo di quarantena a seguito di disposizione dell’autorità sanitaria, non vale la malattia ai fini del trattamento economico di riferimento stante il principio generale di prevalenza del trattamento di integrazione salariale sull’indennità di malattia, valido anche in caso di quarantena. Pertanto, il rapporto di lavoro resta sospeso, con prosecuzione della cassa integrazione.

Diverso il caso per lavoratore, già posto in quarantena dall’autorità sanitaria, nel cui ufficio/reparto/squadra o simili sopraggiunge sospensione dal lavoro a zero ore, con intervento della cassa integrazione (CIGO, CIGS, CIGD o ASO), per la totalità del personale. Il periodo di assenza dal lavoro dalla data di inizio della sospensione in cassa integrazione e fino al termine della quarantena non è equiparabile alla malattia ai fini del trattamento economico di riferimento, stante il principio generale di prevalenza del trattamento di integrazione salariale sull’indennità di malattia, valido anche in caso di quarantena. Pertanto, il rapporto di lavoro resta sospeso, con intervento della cassa integrazione.

Ancora, si analizza il caso di un lavoratore, già posto in quarantena dall’autorità sanitaria, nel cui ufficio/reparto/squadra o simili sopraggiunge sospensione dal lavoro a zero ore, con intervento della cassa integrazione, ma solo per una parte del personale. Il periodo di assenza dal lavoro per quarantena interamente equiparabile alla malattia ai fini del trattamento economico di riferimento, previa certificazione di malattia rilasciata dal medico curante che riporti gli estremi del provvedimento dell’Autorità sanitaria italiana che ha dato origine alla quarantena.

Ultimo caso, quello del lavoratore in riduzione di orario con intervento della cassa integrazione che viene posto in quarantena dall’autorità sanitaria. In questo caso, il periodo di assenza dal lavoro per quarantena è interamente equiparabile alla malattia ai fini del trattamento economico di riferimento, previa certificazione di malattia rilasciata dal medico curante che riporti gli estremi del provvedimento dell’Autorità sanitaria italiana che ha dato origine alla quarantena.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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