Interventi edilizi e parere soprintendenza: il Consiglio di Stato sulle motivazioni

Consiglio di Stato: "Il soprintendente rende il parere limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina entro il termine di 45 giorni dalla ricezione degli atti. Il soprintendente, in caso di parere negativo, comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo. Entro 20 giorni dalla ricezione del parere, l’amministrazione provvede in conformità"

di Giorgio Vaiana - 09/07/2021

É sempre lecito il parere negativo della Sovrintendenza alla realizzazione di lavori edilizi su zone tutelate paesaggisticamente o dall'Unesco? La risposta non è così scontata come sembra. Ne capiamo di più analizzando la sentenza del consiglio di Stato n. 3820/2021. Siamo in Puglia. Da un lato ci sono il Ministero per i beni e le attività culturali e la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Province di Brindisi, Lecce e Taranto e dall'altro il proprietario di un trullo che ha deciso di restaurarlo e ampliarlo. In primo grado il Tar ha dato ragione all'uomo.

Il parere della sovrintendenza deve essere motivato

Dicono i giudici: "Il soprintendente rende il parere limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina entro il termine di 45 giorni dalla ricezione degli atti. Il soprintendente, in caso di parere negativo, comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo. Entro 20 giorni dalla ricezione del parere, l’amministrazione provvede in conformità". Ma nel caso analizzato, i giudici hanno trovato parecchie lacune nel parere della sovrintendenza, spiegando di aver letto un parere "non sufficientemente motivato in ordine alle ragioni per le quali l’intervento edilizio programmato non sarebbe compatibile con i valori espressi dal paesaggio in cui si inerisce e con le previsioni urbanistiche contenute nel piano paesaggistico regionale". Per i giudici, la sovrintendenza non avrebbe tenuto conto dell'intervento modesto richiesto e che comunque l'amministrazione comunale aveva imposto delle prescrizioni.

La questione deroga

Il nocciolo della questione ruota attorno ad una specifica legge regionale pugliese che è stata poi abrogata. In sostanza, consentiva ai comuni di autorizzare interventi su beni sottoposti a vincoli paesaggistici, "sia pure con l’osservanza e il rispetto di determinate condizioni, tipologie di interventi edilizi di per sé vietati dalla legge regionale, in applicazione dei principi stabiliti dallo Stato e in ossequio al riparto di competenze stabilito dalla Costituzione".

Il principi cardine del coordinamento della pianificazione paesaggistica

Spiegano i giudici che i principi cardine ai quali il coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione si ispira sono:

  • il riconoscimento in capo all’organo ministeriale del potere di individuare le linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale per quanto riguarda la tutela del paesaggio;
  • il rilievo nazionale e accentrato dell’esercizio del potere in questione, con precipue finalità di indirizzo della pianificazione e di direzione ai fini del conferimento di funzioni e compiti alle Regioni e agli Enti locali;
  • il principio del coordinamento dei piani paesaggistici rispetto agli altri strumenti di pianificazione territoriale e di settore, nonché rispetto a piani, programmi e progetti nazionali e regionali di sviluppo economico;
  • l’espressa inderogabilità delle previsioni contenute nei piani paesaggistici del medesimo Codice da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico;
  • l’espressa cogenza delle previsioni medesime rispetto agli strumenti urbanistici degli Enti territoriali minori (comuni, città metropolitane e province);
  • l’espressa prevalenza delle stesse sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici e sulle normative di settore;
  • l’obbligo di conformazione e di adeguamento degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale degli Enti locali minori alle previsioni dei piani paesaggistici, secondo le procedure previste dalla legge regionale.

Lo Stato decide

Leggendo queste disposizioni, è chiaro che la tutela del paesaggio costituisce competenza riservata alla potestà legislativa esclusiva statale e limite inderogabile alla disciplina che le Regioni possono dettare nelle materie di loro competenza. Il Codice definisce i rapporti tra le prescrizioni del piano paesaggistico e le prescrizioni di carattere urbanistico ed edilizio, secondo un modello di prevalenza delle prime, non alterabile nemmeno ad opera della legislazione regionale. Anche nel caso analizzato vi è un esempio di possibile incostituzionalità della norma regionale rispetto alle norme dello Stato. E per questo il consiglio di Stato ha deciso di non decidere inviando tutto alla Corte costituzionale che dovrà esprimersi. Nel frattempo parte dell'appello è respinto (quello sul parere negativo), mentre per il secondo motivo di appello si attende la decisione della Corte costituzionale.

© Riproduzione riservata