Terremoti: tutto ciò è già accaduto, accade e accadrà

Ogni volta che un terremoto incide sul territorio, con distruzione e vittime sotto le macerie, l'onda emotiva scatenata dai media, prende il sopravvento risp...

di Danilo Maniscalco - 28/08/2017

Ogni volta che un terremoto incide sul territorio, con distruzione e vittime sotto le macerie, l'onda emotiva scatenata dai media, prende il sopravvento rispetto alla necessaria risposta politica dello Stato.

Assistiamo ad interessanti interviste impostate prevalentemente nei confronti dei presidenti degli Ordini professionali tecnici, se siamo tutti fortunati; mentre discutiamo delle inefficienze della politica, i veri eroi, i vigili del fuoco con mezzi carenti, salvano dalle rovine, magari di un edificio pubblico, una scuola o una casa dello studente, qualche bambino.

Se siamo fortunati però!

Se penso a i bambini rimasti sotto la scuola elementare di San Giuliano di Puglia, se penso ai ragazzi scomparsi dentro il ventre della Casa dello studente dell'Aquila, mi immagino uno Stato che non è stato Stato!

Se il primo dovere di un Stato di diritto è quello di proteggere i propri cittadini residenti, qualcuno ha già perso la partita. Siamo tutti in pericolo.

Se un sisma di magnitudo 4.0, benché ad una profondità di 5 km, produce i danni prodotti recentemente ad Ischia, non è necessario essere un tecnico per comprendere lo stato dell'arte. È altresì importante essere un tecnico per arginare questa retrocessione culturale in materia di tutela che la politica ha sapientemente dimostrato di saper governare al ribasso.

Dico arginare, perché deve esser chiaro che per l'urgenza in cui palesemente stiamo navigando a vista e che ci trova piegati davanti un sisma che in Giappone farebbe sorridere anche i più depressi, per la inefficienza pianificativa della classe dirigente, per una folle burocrazia impazzita, ma soprattutto per la inadeguata spinta di volontà politica nella risoluzione reale dei problemi, senza un piano Marshall di rigenerazione urbana e di verifica e demolizione del patrimonio che risultasse privo dei requisiti di sicurezza, senza tutto ciò, possiamo pure continuare a star davanti la tv aspettando che il prossimo terremoto, ci faccia ancora parlare di sciagura.

Ma la sciagura afferisce la sfera delle imprevedibilità della natura, non può essere contemplata per DNA dalla natura pratica e tecnica del "progetto", questo grande sconosciuto!

Già, abbassando infatti la soglia del degrado sopportabile, abbiamo dimenticato la funzione sociale e culturale dei tecnici sulla governance territoriale, abbassando il grado complessivo anche della sicurezza.

Io una soluzione provo a lanciarla.

Davanti l'incapacità risolutiva della politica, dimostrata palesemente ogni stagione, terremoti, alluvioni, incendi, deragliamenti, la Costa Concordia, la Torre del porto di Genova, i viadotti crollati in Sicilia, la Casa dello studente e potremmo continuare, bisogna cambiare registro. Registro progettuale, registro di controllo, registro legislativo nella misura in cui si rendono necessarie meno norme che siano realmente applicabili ed incisive in direzione di una buona pratica tecnica.

La grande verità, forse dura e non ancora matura per essere pronunciata, è che abbiamo più bisogno di Stato, quello vero, quello di cui ti puoi fidare perché ti garantisce che la pioggia di un fine settimana non potrà mai farti del male, che un terremoto non ti farà morire schiacciato tra stenti, che due treni non si scontreranno mai più, che un edificio pubblico o privato non collasserà mai a causa dei materiali usati.

Un bisogno di normalità che sia il frutto dell'uso delle nostre eccellenze culturali, i nostri maestri, quei progettisti strutturali e compositivi, i nuovi urbanisti e designer facente parte di un patrimonio di risorse umane già presente che porrebbe esser integrato attraverso nuovi concorsi premianti il merito.

Se a questo atto coraggioso di fiducia dello Stato nello Stato, si unisse la fiducia nell'istituto del Concorso di progettazione, torneremo a fare scuola in tutta Europa come ai tempi delle infrastrutture progettate da Nervi e Morandi, di Samoná e Quaroni, di Michelucci e Musmeci per l'autostrada del Sole.

Quel progetto, testimonianza diretta dell'eccellenza dei progettisti italiani, ancor prima d'essere un gioiello di pianificazione a tutte le scale, rappresenta il sogno di una classe politica adeguata al sogno e al bi-sogno.

È tutto qui, progettare sicurezza. Perché da oggi sia chiaro a tutti, la sicurezza non è un sogno, la sicurezza si progetta!

Spegniamo la tv, accendiamo il nostro spirito critico e facciamo massa critica, servirà a salvare vite!

A cura di Arch. Danilo Maniscalco

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