Zen, è giunto il momento di un nuovo concorso internazionale?

Proviamo a raccontare a chi non ne l'ha mai visto dal vivo cosa è lo ZEN di Palermo, acronimo davvero pedante di Zona Espansione Nord, ennesima occasione man...

di Danilo Maniscalco - 11/05/2015

Proviamo a raccontare a chi non ne l'ha mai visto dal vivo cosa è lo ZEN di Palermo, acronimo davvero pedante di Zona Espansione Nord, ennesima occasione mancata per l'architettura italiana di dare risposte concrete all'esigenza di abitare bene o luogo più contemporaneo della Sicilia?

In riga ed in linea con le periferie di mezzo mondo come ci ricorda Mike Davis nel "Pianeta degli slums" e, dunque, Palermo come Mumbay, Detroit, Lahore, le Banlieau parigine, le Vele di Napoli, Corviale a Roma?

Quanta retorica, per un quartiere che per il peso dei protagonisti che ne hanno disegnato l'existenz minimum, avrebbe dovuto essere il caposaldo del made in Italy abitativo, il riscatto dell'avanguardia progettuale sessantottina e che al contrario per quanto ci si sforzi di difenderlo è proprio brutto!

Sebbene la categoria del bello non sia necessariamente in primo piano quando si progetta un quartiere dormitorio...Ma che sto dicendo?
Il bello forse non è categoria primaria quando si progetta qualsiasi cosa, oggetto, casa, museo, quartiere, sedia, moto, auto, edificio?

Ma andiamo per gradi e facciamo un passo indietro.

Vittorio Gregotti, Franco Purini, Salvatore Bisogni, Hiromichi Matsui, Franco Amoroso i progettisti che nel 1970 si aggiudicano il primo premio del concorso bandito del 1969 dallo I. A. C. P.
16.000 sono gli abitanti per cui è destinato il nuovo quartiere, VII è la Circoscrizione all'interno del quale si erge il mastodonte di cemento armato prefabbricato, 1.184 sono i Kmq di superficie occupata dalle 15 insulae realizzate al posto degli agrumeti della Conca d'Oro.

Le Insulae, in verità, sono edifici energivori che disperdono calore d'inverno e che richiedono condizionamento continuo da Maggio a Settembre a causa delle pessime scelte tecnologiche approntate in sede progettuale.
Non hanno alcun tipo di rapporto prediletto con il soleggiamento e con il luogo che hanno devastato, essendo di fatto all'opposto della biosostenibilità ambientale.
La bella notizia è che lo Stato c'è! C'è con il nome di Giovanni Falcone alla scuola e con un sparuto gruppo di Carabinieri di Frontiera che mi ricordano la Folgore e la Pasubio ad El Alamein nell'autunno maledetto del 1942.

Eppure davanti tanta bruttezza animata dal pensiero progettuale distorto di pochi ma bravissimi "disegnatori", la bellezza per frammenti emerge malgrado il deserto intorno. È presente in quei cortili comunque animati da persone e personaggi, si nutre della vicinanza al mare di Mondello e Sferracavallo per sopperire ai servizi quasi del tutto inesistenti, esprime la cosa più vicina ai racconti di Pierpaolo Pasolini nelle partite di calcio dei ragazzini che con il gesso dipingono le strade che chiudono per poter giocare nel campo che un gruppo di professori affermati non hanno saputo immaginare ed imporre come integrato al bisogno primario di vivere e crescere bene. Il diritto alla bellezza, quello che Pasolini richiama come cardine e presupposto della gioia di vivere e che qui è mancato, non deriva certo dalla pessima realizzazione del piano o dalle pessime imprese realizzatrici. No cari colleghi architetti e professori con la puzza sotto il naso e NO egregio professore Vittorio Gregotti!
La mancanza di bellezza, sopperita dalla vita che comunque si riprende gli spazi negati, ha un solo responsabile o se vogliamo cinque, voi progettisti.

Non ci si racconti che lo Zen non poteva esser immaginato ancor prima che realizzato in maniera migliore!
Non continuate a raccontare alibi per sordi.
E la si smetta di spacciare il fallimento di Vele, Corviale e Zen per problemi legati alla pessima realizzazione o al momento storico difficilmente predisposto positivamente , perché essi sono il peggiore prodotto di visioni distorte "dell'altro".

Mentre scrivo ho negli occhi la bellezza delle creazioni di Wright, la luce del portato universale di Le Corbusier, le Atmosfere bizantine di Scarpa, la magia Bianca di Siza, la follia visionaria di Libeskind, la perfezione dei capolavori senza tempo di Kahn, la poesia misurata di Gio' Ponti, il neorealismo popolare di Quaroni e Ridolfi, di Samonà e De Carlo, i virtuosismi di Mies e di Fehn, la misura ragionata di Nervi.

Tangenze di un portato intellettuale che trova nel Genius Loci del sito la ricchezza delle architetture che disegna a partire dalla topografia del suolo. Eredità lasciata ai figli come esempio da seguir per ripartire e superare nuove colonne d'Ercole.

Misure queste, tutte della spiritualità di un mestiere prestato dall'uomo al cosmo come contributo alla bellezza che la natura senza l'uomo non sarà mai in grado di creare.

Poi guardo lo Zen e preferisco chiamarlo con il nome dato in seguito, San Filippo Neri, perché forse, chi lo sa, magari questo luogo immaginato male, attraverso l'aspirazione collettiva alla bellezza, presto potrà risorgere.

È giunto il momento allora di un nuovo concorso internazionale con giurati all'altezza del compito e progettisti capaci di anteporre al proprio narcisismo il bene della comunità.
Ma prima dobbiamo essere capaci di guardare il baratro e non caderci dentro e dirci forse a quasi mezzo secolo di distanza, che qualcuno ha fallito, sbagliando di brutto il compito.
 

A cura dell'Arch. Danilo Maniscalco
   
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