Abusi edilizi e compravendite immobiliari: interviene la Cassazione

La Cassazione interviene per chiarire quando è possibile considerare nullo un contratto preliminare di compravendita in presenza di abusi edilizi

di Redazione tecnica - 11/03/2022

Proprio recentemente l'arch. Marco Campagna ha commentato la sentenza n. 5024 del 16 febbraio 2022 con la quale la Corte di Cassazione è intervenuta in merito alla nullità di un atto di compravendita di un immobile che presenta gravi difetti nell'ambito dello stato legittimo urbanistico, sul quale a seguito di annullamento di un provvedimento di sanatoria edilizia l'amministrazione ha emesso successivamente all'atto un ordine di demolizione.

Abusi edilizi e compravendite immobiliari: la sentenza della Corte di Cassazione

Sull'argomento è intervenuta nuovamente la Suprema Corte di Cassazione, questa volta con l'ordinanza n. 7521 dell'8 marzo 2022 che ci consente di approfondire il tema legato alla nullità dell'atto in presenza di abusi e difformità edilizie.

La vicenda trae le sue origini a seguito di due sentenze di primo e secondo grado in cui si sono visti sfidare il venditore e il promissario acquirente di un immobile dopo la stipula del contratto preliminare di compravendita. In primo grado il venditore aveva chiesto al TAR di accertare la legittimità del recesso dal contratto preliminare di compravendita voluto dall'acquirente, con conseguente diritto a trattenere la caparra confirmatoria. Costituendosi in giudizio, il promissario acquirente si era opposto proponendo, a sua volta, domanda riconvenzionale per l'accertamento della legittimità del proprio recesso, con conseguente diritto ad incassare il doppio della caparra versata al momento della conclusione del contratto preliminare de quo.

Secondo l'acquirente, infatti, il preliminare aveva ad oggetto un bene incommerciabile (in quanto costruito in difformità dalla concessione edilizia), non era corredato dalle planimetrie e, inoltre, il promittente venditore non aveva proceduto alla cancellazione dell'ipoteca gravante sull'immobile, alla quale pure s'era obbligato in seno al preliminare medesimo.

Viene ricordato l'art. 29, comma 1-bis della Legge n. 52/1985 per la quale:

Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.

Il TAR, però, dava ragione al venditore e l'acquirente propone ricorso che veniva rigettato dal Consiglio di Stato prima di raggiungere i banchi della Corte di Cassazione.

Il ricorso in Cassazione

In ultimo grado, tra i motivi del ricorso, il promissario acquirente denuncia la violazione:

  • dell'art. 46 del d.P.R. n. 380/2001 che al comma 1 prevede:
    Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù.
  • degli articoli 1343 e 1418, comma 2, del codice civile:
    art. 1343 (Causa illecita) - La causa è illecita quando è contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume.
    art. 1418 (Cause di nullità del contratto), comma 2 - Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'art. 1325, l'illiceità della causa, l'illiceità dei motivi nel caso indicato dall'art. 1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'art. 1346.

I contenuti del preliminare di compravendita

Per risolvere la matassa gli ermellini sono partiti dai contenuti del preliminare di compravendita nel quale veniva citata la licenza edilizia rilasciata dal Comune e in cui veniva scritto che successivamente all'epoca della costruzione non erano state apportate modifiche, varianti, mutamenti di destinazione d'uso o eseguite opere soggette al rilascio di licenza, concessione o autorizzazione edilizia e che nessun provvedimento sanzionatorio era stato adottato, relativamente all'immobile promesso in vendita, ai sensi dell'art. 41 della legge 47/1985.

Gli ermellini, dunque, chiariscono subito che il caso da analizzare riguarda la difformità dello stato di fatto rispetto a una concessione edilizia esistente e non la totale assenza di concessione.

Proprio per questo motivo, la Suprema Corte ricorda i contenuti della sua sentenza n. 8230 del 2019 in cui si afferma che "la nullità comminata dall'art. 46 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dagli artt. 17 e 40 della I. n. 47 del 1985 va ricondotta nell'ambito del comma 3 dell'art 1418 c.c., di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità "testuale", con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono; volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell'immobile. Pertanto, in presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato".

La nullità dell'atto

Il tema, dunque, non è la nullità dell'atto in quanto manca un titolo ma eventualmente la nullità di un atto in relazione all'entità dell'abuso edilizio presente.

In questo caso, sempre la Cassazione con sentenza n. 11659/2018 afferma che "può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c. nel caso in cui l'immobile abbia un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione, dovendosi distinguere, anche quando sia stata presentata istanza di condono edilizio con versamento della somma prevista per l'oblazione e la pratica non sia stata definita, tra ipotesi di abuso primario, relativo a beni immobili edificati o resi abitabili in assenza di concessione, e abuso secondario, caratterizzato dalla circostanza che solo una parte di unità immobiliare già esistente abbia subito modifica o mutamento di destinazione d'uso.

Tali considerazioni (afferenti alla conclusione di un contratto - o alla pronuncia di una sentenza costitutiva - immediatamente traslativi del diritto di proprietà) incidono, sia pure indirettamente, sulla fattispecie in esame, concernente la validità di un contratto preliminare.

Con riguardo a tale schema negoziale, è consolidato l'orientamento secondo cui "la sanzione della nullità prevista dall'art. 40 della I. n. 47 del 1985 per i negozi relativi a immobili privi della necessaria concessione edificatoria trova applicazione ai soli contratti con effetti traslativi e non anche a quelli con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita, non soltanto in ragione del tenore letterale della norma, ma anche perché la dichiarazione di cui all'art. 40, comma 2, della medesima legge, in caso di immobili edificati anteriormente all'i settembre 1967, o il rilascio della concessione in sanatoria possono intervenire successivamente al contratto preliminare (..)".

Dichiarazione di conformità mendace

L'acquirente sottolinea pure che con scrittura integrativa al preliminare, le parti si sarebbero accordate nel non procedere alla sanatoria, ripromettendosi di dichiarare, in sede di stipula del contratto definitivo, che il bene non presentava irregolarità dal punto di vista urbanistico-edilizio. Secondo il ricorrente, tale aspetto renderebbe il contratto preliminare nullo per impossibilità dell'oggetto, ovvero per illiceità della causa concreta.

Secondo gli ermellini, però, l'eventuale falso relativo alla conformità del bene non riguarda, infatti, l'esistenza (non in discussione) della concessione edilizia, e tanto basta per garantire la circolazione giuridica del bene stesso.

Conformità catastale

Altro motivo di ricorso riguarda la mancata allegazione delle planimetrie. Secondo la Cassazione le indicazioni circa la c.d. conformità catastale oggettiva, ovvero l'identificazione catastale del bene, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto, la dichiarazione o attestazione di conformità dei dati catastali e delle planimetrie allo stato di fatto, previste dall'art. 29, comma 1 bis, della I. n. 52 del 1985, aggiunto dall'art. 19, comma 14, del d.l. n. 78 del 2010 convertito, con modificazioni, dalla I. n. 122 del 2010, a pena di nullità del contratto di trasferimento immobiliare, devono sussistere, quali condizioni dell'azione, nel giudizio di trasferimento giudiziale della proprietà degli immobili mediante sentenza emessa ai sensi dell'articolo 2932 c.c., anche in relazione ai processi instaurati prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 78 del 2010.

Tale prescrizione non riguarda un contratto avente effetti meramente obbligatori, come del resto esplicitato nella motivazione della pronuncia appena citata, dove si legge: "la disposizione introdotta dall' articolo 19, comma 14, di tale decreto riguarda i contratti traslativi e non i contratti ad effetti obbligatori, come fatto palese dalla lettera della legge, che contempla esclusivamente «gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali».

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