Abusi edilizi: il Consiglio di Stato sul procedimento di demolizione

La sentenza del Consiglio di Stato entra nel merito dei contenuti dell'ordine di demolizione e degli effetti dell'istanza di accertamento di conformità

di Redazione tecnica - 15/03/2022

Ai sensi dell'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) e secondo una consolidata giurisprudenza, a fronte di un immobile privo di titolo edilizio, l’ordine di demolizione è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi.

Abusi edilizi e ordine di demolizione: nuova sentenza del Consiglio di Stato

A ricordarlo nuovamente è il Consiglio di Stato con la sentenza 3 marzo 2022, n. 1512 che ci consente di approfondire alcuni temi riguardanti il contenuto dell'ordine di demolizione e gli effetti nel caso di successiva presentazione di istanza di accertamento di conformità.

Nel caso oggetto dell'intervento dei giudici di secondo grado, l'appellante lamenta la genericità del provvedimento demolitorio privo, a suo dire, di tutti gli elementi che avrebbero consentito l’esatta identificazione delle opere oggetto dell’ordine di demolizione. Ma non solo, perché secondo il ricorrente:

  • non sarebbero state indicate le norme di cui si assume la violazione con la realizzazione dell’opera censurata;
  • il provvedimento sarebbe carente dell’indicazione della superficie e del volume che il Comune acquisirebbe in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione;
  • l’ordinanza non recherebbe l’indicazione dell’autorità alla quale ricorrere e non sarebbe stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento;
  • alla luce dei vigenti strumenti urbanistici sarebbe possibile edificare nell’area e di avere per questo successivamente presentato una istanza di accertamento di conformità mai esitata dal competente ufficio.

I contenuti e il procedimento per la demolizione degli abusi

I giudici di Palazzo Spada hanno preliminarmente ricordato un principio consolidato per il quale a fronte di immobili sforniti di titolo abilitativo, l’ordine di demolizione è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi.

L'ordine di demolizione deve:

  • identificare l’immobile tramite i riferimenti catastali;
  • contenere una dettagliata descrizione delle opere abusivamente realizzate;
  • precisare il fondamento normativo.

I giudici ricordano pure che il difetto di motivazione non può essere invocato neppure con riferimento all’individuazione del bene e dell’area di sedime da acquisire al patrimonio comunale, in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione. Questa segue un procedimento che si compone dei seguenti atti:

  • provvedimento di demolizione, con cui viene assegnato il termine di novanta giorni per adempiere spontaneamente alla demolizione ed evitare le ulteriori conseguenze pregiudizievoli;
  • accertamento della inottemperanza alla demolizione tramite un verbale che accerti la mancata demolizione;
  • atto di acquisizione al patrimonio comunale che costituisce il titolo per l’immissione in possesso e per la trascrizione dell’acquisto della proprietà in capo al Comune.

Ma la mancata esatta identificazione dell’area che viene acquisita ai sensi dell’art. art. 31, comma 3, del D.P.R. n. 380 del 2001 non costituisce ragione di illegittimità dell’ingiunzione a demolire, in quanto tale individuazione ben potrà essere compiuta con atti successivi, “a valle”, aventi natura meramente dichiarativa e ricognitiva.

In particolare, in sede di accertamento dell’inottemperanza, mentre per l’area di sedime, stante l’automatismo dell’effetto acquisitivo che si verifica ope legis per effetto della mera inottemperanza all’ordine di demolizione, è superflua ogni motivazione ulteriore rispetto alla semplice identificazione dell’abuso, per l’individuazione dell’ulteriore area «necessaria» occorre uno specifico supplemento motivazionale.

Il Consiglio di Stato conferma pure che l'omessa indicazione dell'Autorità cui poter proporre il ricorso entro sessanta giorni della notificazione, non costituisce un motivo di illegittimità del provvedimento di demolizione ma solo una irregolarità comportante un differimento del termine per impugnare.

Accertamento di conformità

La sentenza del Consiglio di Stato ci consente anche di confermare alcuni principi consolidati della giurisprudenza sull'istituto dell'accertamento di conformità previsto all'art. 36 del Testo Unico Edilizia ossia dello strumento attraverso cui si consente la sanatoria di opere realizzate in assenza di titolo edilizio, ma conformi alla normativa applicabile. Per ottenere la sanatoria è richiesto che gli interventi abusivi siano conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al tempo della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della istanza di sanatoria.

Non esiste, invece, l’istituto della sanatoria giurisprudenziale, la cui attuale praticabilità è stata da tempo esclusa dalla giurisprudenza.

Ciò premesso, la presentazione di una istanza di sanatoria, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 380 del 2011, determina soltanto un arresto interinale dell’efficacia dell’ordine di demolizione, ponendolo in stato di temporanea quiescenza (e, per questo motivo, non determina l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza d’interesse, dell’impugnazione proposta avverso l’ordinanza di demolizione).

In mancanza di tempestiva impugnazione del diniego di accertamento di conformità (anche tacitamente maturato per decorso del termine di 60 giorni dalla presentazione dell’istanza, ai sensi dell’art. 36, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001), l’ingiunzione di demolizione è eseguibile e non occorre l’emanazione di ulteriori atti sanzionatori.

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