Abusi edilizi, fiscalizzazione e vincolo paesaggistico: no alla sanatoria

L'applicazione della sanzione pecuniaria al posto di quella demolitoria è impossibile quando anche la parte da salvaguardare è stata realizzata senza titolo edilizio

di Redazione tecnica - 23/11/2022

Ottenere la fiscalizzazione di un abuso edilizio non è facile, ma diventa sicuramente impossibile quando la parte da salvaguardare è anch’essa abusiva, e per di più in area soggetta a vincolo paesaggistico.

Fiscalizzazione abusi in zona vincolata: la sentenza del Consiglio di Stato

Non poteva quindi che concludersi con un rigetto, l’appello al Consiglio di Stato e sfociato nella sentenza n. 10231/2022, presentato dal proprietario di un fondo soggetto a vincolo paesaggistico, sul quale ha realizzato abusivamente un intero piano seminterrato, con sbancamento del terreno sottostante a un fabbricato preesistente anch’esso abusivo e sul quale era pendente un’istanza di condono.

A seguito dell’ordine di demolizione ingiunto dall’Amministrazione comunale, il proprietario ha richiesto il rilascio della sanatoria di conformità e della compatibilità paesaggistica, che è stata negata in quanto l'intervento aveva comportato la creazione di nuovi volumi, con modifiche che non si inserivano nel contesto paesaggistico e architettonico e che precludevano il rilascio della compatibilità paesaggistica, ai sensi dell’art. 167 del D. Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

La fiscalizzazione degli abusi edilizi

Nel valutare il caso, il Consiglio ha confermato quanto già stabilito in primo grado  facendo alcune precisazioni sull’applicazione dell’art. 34 del Testo Unico Edilizia. Spiega il Collegio che, l’eventuale, effettiva, idoneità della rimessione in pristino a pregiudicare opere realizzate legittimamente non costituisce motivo di illegittimità dell’ordine di demolizione, ma deve essere fatta valere, e deve essere valutata, in sede di esecuzione dell’ordine di demolizione.

Come precisato ai commi 2 e 3, del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) “Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale. 2-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi di cui all'articolo 23, comma 01, eseguiti in parziale difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività”.

La norma richiama il concetto di opere eseguite “in conformità” e allude implicitamente al fatto che la parte che può essere pregiudicata dalla demolizione deve risultare già assistita da un titolo edilizio.

Se invece la “fiscalizzazione” di un abuso edilizio viene utilizzata anche a salvaguardia di altre opere abusive la cui legittimità non sia già stata stabilita e cristallizzata in un provvedimento formale, si finirebbe per paralizzare, o comunque per rallentare notevolmente, l’attività sanzionatoria delle amministrazioni comunali, che risponde, per definizione, ad un interesse pubblico.

Da questo punto di vista, l’autore dell’abuso edilizio non sanabile non può vantare alcuna legittima aspettativa ad accedere al beneficio della c.d. “fiscalizzazione”, salvo il caso in cui l’abuso non sanabile si sia innestato su un immobile realizzato sulla base di un titolo edilizio annullato in epoca successiva.

Di conseguenza è illegittima la pretesa di veder commutare in sanzione pecuniaria la sanzione demolitoria in applicazione dell’art. 34 del D.P.R. n. 380/2001, poiché in questo caso richiede di non pregiudicare la stabilità di una parte di fabbricato completamente abusiva, in relazione alla quale è stata presentata una domanda di condono, ma di fatto non ancora definita.

Fiscalizzazione abusi commessi in area vincolata

Stesso diniego nel caso di zona sottoposta a vincolo paesagfgistico. Come previsto dall'art. 167  del D. L.gs. n. 42/2004, la violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte III, comporta sempre la rimessione in pristino a spese del responsabile, salvo, appunto, che non ricorrano le condizioni per accertare a posteriori la compatibilità ambientale, evidenziando che la tutela dell’ambiente-paesaggio è sempre prioritaria rispetto all’interesse del privato di realizzare e mantenere un’opera edilizia, ancorché conforme alle normativa urbanistica ed edilizia.

Sono previste solo alcune deroghe (comma 4) per consentire la sanatoria di alcuni abusi minori, previa valutazione della compatibilità ambientale da parte della Soprintendenza. In questo caso, le opere abusive, consistenti nella creazione di nuovi volumi, non rientrano tra quelle previste dall’art. 167, comma 4, motivo per cui la richiesta di parere alla Soprintendenza da parte dell'Amministrazione comunale sarebbe stata assolutamente superflua.

Sospensione degli effetti ma non dell'efficacia della demolizione

Infine, i giudici di Palazzo Spada hanno ribadito il principio consolidato per cui la proposizione dell’istanza di accertamento di conformità successivamente all’adozione dell’ordine di demolizione “non incide sulla legittimità della previa ordinanza di demolizione pregiudicandone definitivamente l’efficacia, ne sospende soltanto gli effetti fino alla definizione, espressa o tacita, dell’istanza, con il risultato che essa potrà essere portata ad esecuzione se l’istanza è rigettata decorrendo il relativo termine di adempimento dalla conoscenza del diniego.

Il ricorso è stato quindi totalmente respinto: impossibile sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria per non pregiudicare un edificio anch'esso abusivo, per altro non sanabile in quanto consistente nella creazione di un nuovo volume in area sottoposta a vincolo paesaggistico.

 

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