Abusi edilizi e interesse a ricorrere: la vicinitas è sufficiente?

Il Consiglio di Stato ricorda i principi enunciati dall'Adunanza Plenaria e ribadisce a quali condizioni è possibile essere legittimati ad agire in caso di abusi realizzati dai vicini

di Redazione tecnica - 10/10/2022

Nel caso di contenziosi tra vicini, la legittimazione e l’interesse a ricorrere sono condizioni che vanno entrambe soddisfatte e il solo criterio della vicinitas non vale da solo ed in automatico a soddisfare anche l’interesse al ricorso.

Vicinitas e interesse a ricorrere: la sentenza del Consiglio di Stato

Sulla base di questi presupposti, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7987/2022, ha ritenuto inammissibile il ricorso in primo grado, riformando di conseguenza la sentenza con cui il TAR aveva disposto l’annullamento di un permesso di costruire in variante. Il caso riguarda la lite tra una società proprietaria di un terreno di 3.000 mq, ricompreso in più vasto comprensorio di carattere industriale interessato da una variante al PRG per il recupero di nuclei edilizi abusivi, confinante con il terreno di un’altra proprietaria, che aveva fatto ricorso al TAR, vincedolo, in merito all’annullamento di un titolo edilizio.

Da qui l’appello: secondo la società, non ci sarebbe stato interesse a ricorrere da parte della vicina.

I principi dell'Adunanza Plenaria

Preliminarmente i giudici di Pazzo Spada hanno ricostruito il quadro fornito dall’Adunanza Plenaria n. 22 del 2021, la quale ha rilevato che:

  • “a) nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato;
  • b) l’interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall’intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso;
  • c) l’interesse al ricorso è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo, laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o la questione rilevata d’ufficio dal giudicante, nel rispetto dell’art. 73, comma 3, c.p.a.;
  • d) nelle cause in cui si lamenti l’illegittimità del titolo autorizzatorio edilizio per contrasto con le norme sulle distanze tra le costruzioni imposte da leggi, regolamenti o strumenti urbanistici, non solo la violazione della distanza legale con l’immobile confinante con quello del ricorrente, ma anche quella tra detto immobile e una terza costruzione può essere rilevante ai fini dell’accertamento dell’interesse al ricorso, tutte le volte in cui da tale violazione possa discendere con l’annullamento del titolo edilizio un effetto di ripristino concretamente utile, per il ricorrente, e non meramente emulativo”.

Secondo l’appellante il ricorso introduttivo della proprietaria difetta palesemente di interesse, perché non basta semplicemente quello teso al ripristino della legalità violata. L’appellata ha infatti impugnato i provvedimenti oggetto di giudizio sul presupposto della loro illegittimità, senza dedurre tuttavia un concreto interesse derivante dall’annullamento dei predetti titoli e limitandosi a dedurre la mera vicinitas al suo terreno della appellante.

Interesse al ricorso è legato all'utilità ricavabile da esso

Spiega Palazzo Spada che l’Adunanza plenaria parte dalla constatazione che l’interesse al ricorso, inteso come uno stato di fatto, si lega necessariamente all’utilità ricavabile dalla tutela di annullamento e dall’effetto ripristinatorio, che a sua volta è in funzione e specchio del pregiudizio sofferto.

Tale pregiudizio, a fronte di un intervento edilizio contra legem, è rinvenuto in giurisprudenza:

  • nel possibile deprezzamento dell’immobile, confinante o comunque contiguo;
  • nella compromissione dei beni della salute e dell’ambiente in danno di coloro che sono in durevole rapporto con la zona interessata, ad esempio la diminuzione di aria, luce, visuale o panorama, ma anche le menomazioni di valori urbanistici, le degradazioni dell’ambiente in conseguenza dell’aumentato carico urbanistico in termini di riduzione dei servizi pubblici, sovraffollamento, aumento del traffico.

Il pregiudizio all’utilità deve poi essere considerato anche in relazione alla circostanza del travolgimento dei titoli edilizi precedenti (e risalenti), producendo, oltre all’effetto giuridico legato al loro venir meno in termini retroattivi, conseguenze conformative non prevedibili poiché legate all’applicazione, a valle dell’annullamento giurisdizionale, dell’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Per questa ragione, l’Adunanza plenaria n. 22 del 2021 ha affermato che l’interesse ad agire dovrebbe essere escluso nei casi in cui il titolo edilizio impugnato sia affetto da vizi solamente formali o procedurali, sicuramente emendabili, quand’anche ne fosse possibile l’annullamento, quindi senza che a tale annullamento possa seguire l’applicazione di una qualunque sanzione.

In definitiva, spiega il Consiglio, la Plenaria, dopo aver ricostruito le linee generali della materia, ha distinto tra legittimazione e interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, stabilendo che entrambi debbano ricorrere e che il solo criterio della vicinitas, quale elemento di differenziazione, non valga da solo ed in automatico a soddisfare anche l’interesse al ricorso.

Nel caso in esame è emerso che:

  • a) i titoli edilizi sono stati diversi e risalenti ed hanno riguardato un comparto ampiamente edificato, che comprende l’area di cui è causa e quella della proprietaria appellata, privo di particolari pregi, tanto da essere inserito in un piano di recupero;
  • b) il terreno di proprietà della società appellante è posto a valle rispetto a quello dell’appellata;
  • c) l’appellata, al di là di generiche affermazioni, non ha fornito la prova, neppure presuntiva, della utilità concreta che trarrebbe dalla rimozione della edificazione;
  • d) le pronunce cautelari non hanno mai affermato la sussistenza dell’interesse ad agire, che è una condizione dell’azione e dunque un elemento ben diverso dall’interesse alla partecipazione procedimentale.

Dato che la vicinitas in sé non basta e, non essendoci quindi interesse ad agire, non c’è legittimazione al ricorso: l’appello è stato quindi accolto, riformando la sentenza impugnata.

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