Abusi edilizi: il TAR sulla prova ante ‘67

Dal TAR nuove indicazioni sull'onere della prova di ultimazione di un’opera edilizia entro una certa data per dimostrare che rientra fra quelle realizzate legittimamente senza titolo

di Redazione tecnica - 11/02/2024

Nella definizione di stato legittimo edilizio e urbanistico contenuta all’art. 9-bis, comma 1-bis del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) non si citano mai due delle date più celebri: il 1942 e il 1967.

Stato legittimo: la definizione

Entrando nel dettaglio, il citato comma 1-bis definisce lo stato legittimo suddividendo gli immobili tra quelli realizzati:

  • a seguito di presentazione di un titolo abilitativo;
  • in assenza di titolo edilizio ma quando non era obbligatorio acquisirlo.

Nel primo caso, per la ricostruzione dello stato legittimo va preso il titolo edilizio originario e tutti quelli che hanno legittimato successive trasformazioni dell'immobile, se il progetto complessivo assentito corrisponde con lo stato dei luoghi, allora si ha conformità edilizia e urbanistica.

Nel secondo caso, lo stato legittimo va ricostruito a partire dalle informazioni catastali di primo impianto o da altri documenti quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza. Come nel caso precedente, la situazione di partenza va integrata con tutti i titoli abilitativi che hanno trasformato l'immobile e se il progetto assentito corrisponde con lo stato dei luoghi, si avrà lo stato legittimo.

Le date chiave in edilizia

Come anticipato, in edilizia esistono due date chiave che vengono spesso (ed erroneamente) richiamate:

  • il 1942, data in cui viene pubblicata la nota Legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 che, tra le altre cose, obbliga all'ottenimento della licenza edilizia nelle aree già urbanizzate;
  • il 1967 e più nel dettaglio l'1 settembre di questo anno, data in cui entra in vigore la ancora più nota Legge Ponte 6 agosto 1967, n. 765 che, modificando la legge n. 1150/1942, estende l'obbligo di licenza edilizia a tutto il territorio nazionale.

In tal senso, parlare solo di immobili ante '67 come data spartiacque (benché sotto certi versi lo sia) risulta molto riduttivo. Più corretto sarebbe riferirsi agli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio (proprio come riporta il comma 1-bis, art. 9-bis, del Testo Unico Edilizia).

Data di edificazione: interviene il TAR

Prescindendo dalle considerazioni sull'opportunità di parlare di ante '67 o meno, ciò che risulta fondamentale nella definizione dello stato legittimo è proprio la prova della data di realizzazione del manufatto. Non basta dire che è stato realizzato prima del 1967 (o altra data), ciò che conta sono le prove fornite a supporto.

Argomento, questo, che è stato affrontato parecchie volte dalla giustizia amministrativa. Tra questi interventi ricordiamo i più recenti:

In questo caso, il ricorrente denuncia l’illegittimità di un ordine di demolizione perché:

  • il manufatto (una baracca in lamiera poggiata su tavole di legno) sarebbe stato costruito in data anteriore al 1967;
  • i lavori contestati sono stati di mera sostituzione di elementi strutturali esistenti e mantenimento di sagoma, superficie e volumetria di quanto già esistente, con la conseguenza che non si sarebbe potuto parlare di nuova costruzione ma di ristrutturazione edilizia.

L'onere di prova della data

Nel caso oggetto dell’intervento del TAR Lombardia, il ricorrente non dimostra né l’asserita edificazione anteriore al 1967, né l’affermata immutabilità di sagoma e volumetria del manufatto dopo le opere di ristrutturazione.

Secondo consolidata giurisprudenza amministrativa, l'onere della prova dell'ultimazione entro una certa data di un'opera edilizia, allo scopo di dimostrare che essa rientra fra quelle per cui non era richiesto un titolo edilizio ratione temporis, perché realizzate legittimamente senza titolo, incombe sul privato a ciò interessato, unico soggetto ad essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l'epoca di realizzazione del manufatto.

Allo stesso modo, fa capo al proprietario l'onere di provare il carattere risalente del manufatto con riferimento a epoca anteriore alla cd. legge "ponte" n. 761 del 1967, con la quale l'obbligo di previa licenza edilizia venne esteso alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano.

La stessa, prevalente, opinione giurisprudenziale ammette un temperamento secondo ragionevolezza nel caso in cui:

  • da un lato, il privato porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell'intervento prima del 1967 elementi dotati di un alto grado di plausibilità (aeorofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive di edificazione ante 1.9.1967);
  • dall'altro, il Comune fornisca elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio, o con variazioni essenziali.

Il tempo non sana l’abuso edilizio

Nel caso di specie non viene fornito alcun obiettivo e concreto elemento di prova. Da ciò ne discende l’abusività dell’opera edilizia sulla quale non è predicabile alcun legittimo affidamento dell’interessato al mantenimento in ragione del decorso del tempo.

Anche in questo caso esiste un principio consolidato della giurisprudenza tale per cui:

  • l’ordinanza di demolizione si pone come atto vincolato;
  • il contenuto dell’ordinanza di demolizione non è discrezionalmente stabilito dall’ente e non è soggetto ad alcuna valutazione di opportunità e comparazione tra l’interesse privato al mantenimento della costruzione abusiva e quello pubblico alla sua demolizione;
  • nessun rilievo ha il tempo trascorso dall’epoca di realizzazione delle opere abusive, poiché nessun affidamento può dirsi ingenerato nei proprietari e nessuna comparazione di interessi deve essere effettuata in tale fattispecie.

Sul punto, si è espressa anche l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 9 del 17 ottobre 2017) secondo cui “nel caso di tardiva adozione del provvedimento di demolizione, la mera inerzia da parte dell'amministrazione nell'esercizio di un potere/dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che (l'edificazione sine titulo) è sin dall'origine illegittimo. Allo stesso modo, tale inerzia non può certamente radicare un affidamento di carattere ‘legittimo’ in capo al proprietario dell'abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare un'aspettativa giuridicamente qualificata. In definitiva, non si può applicare a un fatto illecito (l'abuso edilizio) il complesso di acquisizioni che, in tema di valutazione dell'interesse pubblico, è stato enucleato per la diversa ipotesi dell'autotutela decisoria. […] Si osserva comunque al riguardo che non sarebbe in alcun modo concepibile l'idea stessa di connettere al decorso del tempo e all'inerzia dell'amministrazione la sostanziale perdita del potere di contrastare il grave fenomeno dell'abusivismo edilizio, ovvero di legittimare in qualche misura l'edificazione avvenuta senza titolo, non emergendo oltretutto alcuna possibile giustificazione normativa a una siffatta - e inammissibile - forma di sanatoria automatica o praeter legem. […] Il decorso del tempo dal momento del commesso abuso non priva giammai l'amministrazione del potere di adottare l'ordine di demolizione, configurando piuttosto specifiche - e diverse - conseguenze in termini di responsabilità in capo al dirigente o al funzionario responsabili dell'omissione o del ritardo nell'adozione di un atto che è e resta doveroso nonostante il decorso del tempo. Se pertanto il decorso del tempo non può incidere sull'ineludibile doverosità degli atti volti a perseguire l'illecito attraverso l'adozione della relativa sanzione, deve conseguentemente essere escluso che l'ordinanza di demolizione di immobile abusivo (pur se tardivamente adottata) debba essere motivata sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata. Deve quindi ribadirsi che, in questi casi, nemmeno si pone un problema di affidamento, che presuppone una posizione favorevole all'intervento riconosciuta da un atto in tesi illegittimo poi successivamente oggetto di un provvedimento di autotutela”.

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