Ampliamento balcone: edilizia libera o ristrutturazione?

È possibile unire due balconi senza permesso di costruire? Ecco la risposta del Consiglio di Stato

di Redazione tecnica - 07/04/2022

Unire due balconi senza permesso di costruire? Assolutamente no. Non è un intervento di edilizia libera, e il Consiglio di Stato ne spiega il perché con la sentenza n. 2141/2022.

Ampliamento abusivo del balcone: la sentenza del Consiglio di Stato

Il caso riguarda il ricorso presentato contro l’ordine di demolizione di alcune opere abusive, consistenti nella trasformazione di due preesistenti balconi in un unico balcone, mediante la posa di una soletta di congiunzione in cemento armato.

Secondo il ricorrente, si sarebbe trattato di un manufatto di modeste dimensioni, realizzato da tempo immemorabile, che non avrebbe comportato un’alterazione della volumetria e/o della sagoma dell’edificio preesistente, né delle superfici; l’opera non avrebbe neppure comportato alcuna apprezzabile incidenza sulle caratteristiche architettoniche o alcun mutamento di destinazione, in quanto conforme a identiche sistemazioni di altri balconi sulla medesima facciata.

Per tutte queste ragioni, le opere avrebbero dovuto essere ricondotte agli interventi di manutenzione ordinaria, non assoggettabili nemmeno alla DIA e non essere considerate come ristrutturazione edilizia assoggettata al previo rilascio del permesso di costruire.

Unire i balconi senza permesso di costruire: Palazzo Spada dice no

Di diverso avviso il Consiglio di Stato: l'ampliamento del balcone non è un intervento di manutenzione ordinaria, la cui categoria comprende le sole opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.

In questo caso, l’intervento non aveva una mera finalità conservativa, ma ha comportato la formazione di ulteriore superficie accessoria, all'esterno del volume del fabbricato, rispetto a quanto previsto dal titolo, con conseguente impossibilità di una sua sussunzione sotto la categoria degli interventi di manutenzione ordinaria.

La congiunzione di due balconi preesistenti, ai fini della realizzazione di un unico balcone avente una maggiore superficie accessoria, comporta, inoltre, la modifica del prospetto dell’edificio e, dunque, del suo sviluppo verticale, ragion per cui non potrebbe neppure qualificarsi come intervento di manutenzione straordinaria, integrando gli estremi della ristrutturazione edilizia ex art. 3, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Sul punto, Palazzo Spada ha richiamato il principio di diritto per cui, “Il concetto di manutenzione straordinaria (nonché quello di risanamento conservativo), oggi come allora, presuppone la realizzazione di opere che lascino inalterata l'originaria fisionomia e consistenza fisica dell'immobile. Al contrario gli interventi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l'originaria consistenza fisica di un immobile e comportino l'inserimento di nuovi impianti, la modifica e la redistribuzione dei volumi, rientrano nell'ambito della ristrutturazione edilizia".

E, tra gli interventi suscettibili di dare luogo ad un intervento di ristrutturazione edilizia vi sono quelli incidenti sui prospetti: lo ha anche confermato la Corte Costituzionale con la sentenza n. 231/2016, per cui la modifica dei prospetti si traduce in una modifica «all’esterno» dell’edificio.

Considerato che le opere in esame hanno dato luogo alla trasformazione di due preesistenti balconi in un unico balcone mediante la posa in opera di una soletta di congiunzione in cemento armato di m 1,10 x 0,80, esse integrano un intervento edilizio autonomo, riconducibile alla ristrutturazione edilizia ex artt. 3, comma 1, lett. d) e 10, comma 1, lett. c). DPR n. 380/01, con aumento delle superfici accessorie e modifica dei prospetti e, dunque, una trasformazione dell’organismo edilizio preesistente, eseguibile solo previo rilascio del prescritto permesso di costruire.

Di conseguenza, l’Amministrazione ha correttamente emesso l’ordinanza di demolizione, trattandosi di intervento di ristrutturazione edilizia sine titulo, assoggettabile a sanzione ripristinatoria ex art. 33 DPR n. 380/01.

L’onere della prova

Per altro, non si può nemmeno invocare la risalenza nel tempo delle opere in contestazione, perché il ricorrente non ha dimostrato che la trasformazione in un unico balcone sia stata eseguita in data anteriore rispetto alla sottoposizione della relativa attività edilizia al controllo autorizzatorio amministrativo, esercitabile in sede di rilascio del prescritto titolo abilitativo.

Come ricorda il Consiglio, è onere del privato provare la data di realizzazione dell'opera edilizia, non solo per poter fruire del beneficio del condono edilizio, ma anche - in generale - per potere escludere la necessità del previo rilascio del titolo abilitativo, ove si faccia questione di opera risalente ad epoca anteriore all’introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi.

La motivazione del provvedimento amministrativo

Il Consiglio ha anche ricordato che il provvedimento con cui viene ingiunta la demolizione di un immobile abusivo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell'abuso, neppure nell'ipotesi in cui l'ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell'abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell'onere di ripristino: "In sostanza, verificata la sussistenza dei manufatti abusivi, l'Amministrazione ha il dovere di adottare il provvedimento di demolizione. essendo la relativa ponderazione tra l'interesse pubblico e quello privato compiuta a monte dal legislatore". In ragione della sua natura vincolata, non è pertanto neppure necessario che venga preceduto da comunicazione di avvio del procedimento”.

Eventuale fiscalizzazione dell’abuso

Nel caso in esame, non era neanche possibile invocare la fiscalizzazione dell’abuso, configurabile solo dopo l'ordine di demolizione e solo quando essa, per le sue conseguenze materiali, inciderebbe sulla stabilità dell'edificio nel suo complesso legittimamente realizzato. Come spiega il Consiglio, l’applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva, disciplinata dall'art. 33, comma 2, del DPR. n. 380 del 2001 e dall’art. 34 del medesimo decreto, rappresenta solo un'ipotesi subordinata alla quale si può fare ricorso quando emergano difficoltà tecniche in sede di esecuzione della demolizione, “con la conseguenza che la mancata valutazione della possibile applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva non può costituire un vizio dell'ordine di demolizione”.

Il ricorso è stato quindi respinto, confermando la natura abusiva dell’intervento di ampliamento del balcone realizzato in assenza di permesso di costruire.

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