Ascensore e condominio: la Cassazione sul principio di solidarietà

La Corte di Cassazione sul principio di solidarietà condominiale applicato per l'installazione di un ascensore su area comune

di Redazione tecnica - 05/07/2022

Quando si parla di condominio è necessario coordinare una serie di disposizioni di natura amministrativa, edilizia, strutturale, energetica, in cui il codice civile resta sempre come perno principale.

Ascensore e condominio: la Cassazione sul principio di solidarietà

Ma, come spesso accade quando si parla di diritti e doveri dei condomini, è spesso la giurisprudenza che ci consente di comprendere al meglio alcune disposizioni. Come nel caso dell'Ordinanza n. 19087 del 14 giugno 2022 resa dalla Suprema Corte di Cassazione sull'applicazione del principio di solidarietà condominiale a mente del quale che prevede la necessità di contemperare i diversi interessi del singolo condomino e del condominio.

Nel caso di specie, ad arrivare in Cassazione sono due sentenze di primo e secondo grado che avevano confermato la possibilità per alcuni condomini di istallare un ascensore a proprie spese:

  • non rispettando le prescrizioni tecniche previste dal DM n. 236/1989 per il superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche;
  • compromettendo l'utilizzo e la sicurezza delle scale comuni sia dei condomini e delle persone terze (loro ospiti).

In primo grado, a seguito di valutazioni tecniche, il Tribunale adito dichiarava il diritto all'installazione dell'ascensore, a cura e spese del ricorrente e in conformità al progetto in atti. Decisione confermata dalla Corte di appello che rigettava in ricorso presentato per l'annullamento della sentenza di primo grado.

Il principio di solidarietà

La Cassazione, confermando l'operato dei precedenti giudici, ha ricordato che se l'installazione di un ascensore su area comune è funzionale allo scopo di eliminare delle barriere architettoniche (o comunque di agevolare l'accesso alle proprie abitazioni, specie se poste ai piani alti, evitando di affrontare le scale), occorre tenere conto del principio di solidarietà condominiale che implica il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche (o comunque delle persone che hanno difficoltà ad affrontare le rampe), trattandosi di un diritto fondamentale che prescinde dall'effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati e che conferisce comunque legittimità all'intervento innovativo, purché lo stesso sia idoneo, anche se non ad eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell'abitazione.

L'interesse all'installazione di un ascensore è funzionale al perseguimento di finalità non limitabili alla sola tutela delle persone versanti in condizioni di minorazione fisica, ma individuabili anche nell'esigenza di migliorare la fruibilità dei piani alti dell'edificio da parte dei rispettivi utenti, apportando una innovazione che, senza rendere talune parti comuni dello stabile del tutto o in misura rilevante inservibili all'uso o al godimento degli altri condòmini, faciliti l'accesso delle persone a tali unità abitative, in particolare di quelle meno giovani.

In primo grado, la Corte territoriale ha valutato il bilanciamento tra utilità e svantaggi di due esigenze non conciliabili e dato preferenza all'installazione dell'ascensore. Secondo gli ermellini, la Corte territoriale avrebbe fatto una valutazione esente da vizi logici e giuridici.

Innovazioni e delibere

Ciò premesso, la Cassazione ha ricordato quando previsto all'art. 1120 del Codice Civile a mente del quale sono vietate le innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso e al godimento anche di un solo condomino, comportandone una sensibile menomazione dell'utilità, secondo l'originaria costituzione della comunione.

Nel caso di specie andrebbe valutato se l'innovazione abbia determinato una sensibile menomazione dell'utilità che il condomino ritraeva dalla parte comune, secondo l'originaria costituzione della comunione, ovvero se la stessa, recando utilità ai restanti condòmini, comporti soltanto per uno o alcuni di loro un pregiudizio limitato, che non sia tale da superare i limiti della tollerabilità, il cui apprezzamento è demandato al giudice di merito.

Le prescrizioni tecniche

In merito alle prescrizioni tecniche previste dal DM n. 236/1989, la Cassazione ricorda ch queste si applicano ai soli edifici realizzati successivamente all'entrata in vigore della legge o agli edifici preesistenti la cui integrale ristrutturazione sia successiva.

Nel caso di specie l'edificio è stato realizzato nell'anno 1960. Ma, in ogni caso, quand'anche tali prescrizioni tecniche si applicassero agli edifici preesistenti, esse sono comunque derogabili, seppure entro i ristretti limiti consentiti. Infatti, in tema di accessibilità degli edifici e di eliminazione delle barriere architettoniche, le prescrizioni tecniche dettate dall'art. 8 del d.m. n. 236/1989, in ordine alla larghezza minima delle rampe delle scale (indicata nella misura di m. 1,20), possono essere derogate mediante scrittura privata, poiché l'art. 7 del medesimo d.m. consente, in sede di progetto, di adottare soluzioni alternative alle suddette specificazioni e soluzioni tecniche, purché rispondenti alle esigenze sottintese dai criteri di progettazione.

In definitiva, il ricorso è stato rigettato.

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