Blocco cessione dei crediti: lettera aperta alla Presidente Meloni

L'intervento della CNL sulla questione dei crediti incagliati, "emergenza sociale ed economica per imprese e committenti"

di Redazione tecnica - 15/09/2023

Un’emergenza nazionale che rischia di portare in tempi brevi a un collasso socio-eonomico del Paese. Non ci sono mezzi termini nel definire l’urgenza del problema del blocco delle cessioni e dei crediti incagliati, leggendo la lettera che CNL – Federazione Nazionale delle Progettazioni, Costruzioni e infrastrutture ha indirizzato alla premier Giorgia Meloni.

Blocco cessioni e crediti incagliati: lettera alla premier Meloni

Un problema frutto dei numerosi interventi legislativi effettuati dal Governo Draghi e dal Governo in carica, culminati nel blocco delle cessioni, senza alcun effetto positivo per la effettiva soluzione del grave problema. Basti pensare, si sottolinea nel testo, al mancato ritorno di alcuni soggetti sul mercato finanziario dediti alla compravendita dei crediti fiscali, annunciato dopo la conversione del DL 11/2023 in legge 38/2023.

“In realtà, ad oggi, tutto è sostanzialmente bloccato: gli operatori bancari e finanziari non hanno assorbito crediti se non limitatamente a pratiche già precedentemente istruite. Si aggirano sul mercato operatori di dubbia capacità finanziaria e competenza, tra i quali alcuni truffaldini. Le piattaforme di interscambio dei crediti annunciate da alcuni soggetti, tra cui Enel X, non sono state attivate. Pochi giorni fa l’A.D. Enel X ha annunciato tramite stampa che tale piattaforma non sarà attivata. È necessario intervenire urgentemente per onorare i patti con le Imprese, i professionisti ed i committenti con una soluzione degli effetti pregressi di leggi”.

Le cifre riportate nella lettera sono impressionanti:

  • Imprese coinvolte: 60.000
  • Lavoratori diretti impiegati da tali imprese: 963.000
  • Professionisti: 15.000
  • Famiglie coinvolte, stima su dati di Fonte ENEA:
    • immobili sottoposti ad interventi SUPERECOBONUS al 31/07/2023:
    •  236.000 immobili unifamiliari
    • 115.000 immobili funzionalmente indipendenti
    • 71.200 condomini

Considerando 8 unità abitative il valore medio per condominio, si tratta di 569mila, pari a circa 920mila famiglie coinvolte; essendo il nucleo medio delle famiglie italiane composto da almeno tre persone, si arriva a diversi milioni di cittadini coinvolti.

CNL riporta anche i dati ISTAT, secondo cui per ogni euro di fatturato perso nel settore delle costruzioni corrisponde un’ulteriore perdita di 40 centesimi negli altri settori solo per la mancata domanda di materie prime, semilavorati e servizi. “Fallimenti diffusi nel settore edile generano ripercussioni su tutta l’economia del paese”. Guardando ai dati in modo precauzionale, “solo gli addetti delle imprese generano, allo stato attuale, circa 12 miliardi annui di contributi pagati nelle casse dell’INPS. Le imprese e i professionisti che hanno effettuato gli interventi con il cosiddetto Superbonus hanno generato nelle casse dello Stato oltre 3,20 miliardi di Iva e circa due miliardi di imposte, calcolate su una base imponibile di 32,2 miliardi al netto di IVA nell’anno 2022, fonte ENEA”.

Mancata monetizzazione crediti fiscali: le conseguenze

Lo scenario che si prefigura per la mancata monetizzazione dei crediti è fosco, sia per le imprese che per i committenti. Nel caso delle imprese, molte dovrebbero accedere a una procedura di crisi, moltissime altre fallirebbero licenziando i dipendenti che graverebbero sulle casse dello Stato attraverso il pagamento della NASPI, che, come previsto dalla legge, equivale al 75% della paga lorda per ogni lavoratore, nella media degli ultimi quattro anni, equivalenti a circa 1000 euro mensili per 12 mesi, che moltiplicati per 963.000 corrisponderebbero a circa 11,5 miliardi annui. A questi, continua CNL, vanno aggiunti la copertura dei contributi figurativi a carico dello Stato che hanno valore come anni di lavoro effettivi ed eventualmente l’accesso a ulteriori agevolazioni statali percepite a seguito dell’abbassamento del reddito causato dai licenziamenti. Non solo: il fallimento delle imprese genererebbe fallimenti a cascata nel settore manifatturiero e servizi, senza dimenticare il conseguente blocco dei Tribunali Civili, sommersi da innumerevoli contenziosi. “È infatti prevedibile una moltiplicazione di contenziosi tra imprese e committenti, tra imprese e fornitori, tra committenti e professionisti in un gioco al massacro di proporzioni non calcolabili. In caso di fallimento delle aziende i crediti presenti sui cassetti sarebbero svenduti dal Curatore di turno e nulla cambierebbe per le casse dello stato perché gli acquirenti comunque compenserebbero i crediti acquistati al valore facciale. Parliamo di circa 17 miliardi anno”.

Senza dimenticare i finanziamenti bancari garantiti dallo Stato a cui le imprese hanno attinto nel periodo pandemico, per un valore delle garanzie pari al 20% del PIL. “Se questi soggetti fallissero, lo Stato si ritroverebbe a dover pagare, mediante le garanzie rilasciate, quei prestiti erogati che le imprese non potranno più onorare".

Non va meglio ai committenti. Quelli incapienti che hanno maturato crediti fiscali a seguito dei lavori pagati alla data del 31 dicembre 2022 che non sono riusciti a cederli agli intermediari finanziari a causa del blocco e ora si trovano senza la liquidità indispensabile per portare a termine i lavori, si troveranno dal 1° dicembre ad aver perso una annualità pari al 25% della spesa sostenuta, a oggi stimata in circa 7 miliardi e nell’impossibilità di completare gli interventi.

La situazione che ne deriva è agghiacciante, dovendo restituire l’ammontare dei crediti maturati, oltre agli interessi e alle more; non solo: non avendo possibilità di risarcire si ritroveranno a subire azioni giudiziarie anche da AdE per il recupero del beneficio goduto, fino all’estrema conseguenza di procedure esecutive con l’eventuale messa all’asta del bene primario, ovvero la casa, deprezzata perché oggetto di lavori in corso.

“La stima delle compensazioni per i crediti generati, quadriennali, quinquennali e decennali, è pari a 24 miliardi anno mentre il danno procurato alle casse dello Stato se si verificasse lo scenario illustrato, in via del tutto presuntiva, si aggira sui 35 miliardi, oltre ad essere causa di disperazione sociale che non trovando soluzioni potrebbe anche portare a gesti estremi nelle persone coinvolte da questo disastro, cosa già accaduta e di cui non abbiamo mai fatto menzione pubblicamente per evitare strumentalizzazioni e/o gesti emulativi. È quindi evidente che il danno economico per le casse dello Stato sarebbe di gran lunga superiore alla soluzione del problema pregresso e tali numeri sono riferiti solo alle imprese e ai professionisti”.

L'appello alla Presidente Giorgia Meloni e al Governo

Da qui l’invito alla revisione della posizione su Superbonus e crediti fiscali, “superando presunzioni e banalizzazioni che hanno creato una fitta nebbia politica psicologica rispetto a questo cogente problema. Come persone, come Federazione, abbiamo sempre dato la massima disponibilità a collaborare con il governo e abbiamo anche lavorato al tavolo tecnico con il Mef. Gli emendamenti preparati e in suo possesso sono stati oggetto di attento studio, analisi e anche riconosciuti concreti dal consigliere economico del ministro Giorgetti, dott. Enrico Zanetti, con il quale abbiamo negoziato i termini del decreto urgentissimo di inizio agosto poi abortito”.

Conclude CNL auspicando alla risoluzione del problema e a completare i lavori. “I cittadini, le imprese, i professionisti che hanno rispettato una norma dello stato non possono e non devono essere traditi, abbandonati o addirittura sacrificati per interessi contingenti per opportunismo politico”.

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