Campo di padel: ci vuole il permesso di costruire

Il titolo è necessario anche per attività che comportano una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio

di Redazione tecnica - 27/03/2024

La realizzazione di un campo di padel costituisce intervento che, per le sue caratteristiche complessive, incide sul territorio modificandolo e, come tale, rientra nel novero degli «interventi di nuova costruzione» di cui all'art. 3, lett. e), del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Si tratta di rilievi conformi al consolidato insegnamento di legittimità secondo il quale questa norma assoggetta attualmente a permesso di costruire non soltanto le attività di edificazione, ma anche altre attività che, pur non integrando interventi edilizi in senso stretto, comportano comunque una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio, in relazione alla sua condizione naturale ed alla sua qualificazione giuridica.

Campo di padel: la realizzazione è nuova costruzione

A spiegarlo è la Corte di Cassazione con la sentenza  del 22 marzo 2024, n. 11999, con la quale ha respinto il ricorso contro il decreto di sequestro preventivo di due campi di padel realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e sismico, con destinazione d'uso "verde agricolo".

Secondo il ricorrente, la realizzazione di campi di padel in riconversione di campi da tennis preesistenti, rientra negli interventi di ristrutturazione edilizia «semplice» o «leggera», necessitante di semplice SCIA e, avendo ottenuto sia il nulla-osta paesaggistico che il parere positivo dell'UTC del Comune, vantava un legittimo affidamento sulla legittimità della procedura.

Interventi di ristrutturazione: la loro qualificazione nel Testo Unico Edilizia

Nel valutare la questione, la Corte ha ricordato che ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera d), del Testo Unico dell'Edilizia, si configurano come interventi di ristrutturazione edilizia quelli volti a trasformare gli organismi edilizi per mezzo di un insieme di opere che portare ad un organismo diverso (tutto o in parte) da quello precedente.

Questi interventi comprendono:

  • il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio;
  • l'eliminazione/la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti;
  • la demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche;
  • il ripristino di edifici (o parti di essi) crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.

Tutti gli interventi che ricadono nella definizione di ristrutturazione appena esplicitata, ma che non rientrano negli interventi subordinati a permesso di costruire (art. 10, comma 1, lett. c), configurano la c.d. «ristrutturazione edilizia leggera».

L'articolo 10, comma 1, lettera c), del testo unico, a sua volta, prevede che siano sottoposti a permesso di costruire:

  • gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A), comportino mutamenti della destinazione d'uso;
  • gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
  • gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino la demolizione e ricostruzione di edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma I, lettere c) e d), e 142, del medesimo codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, o il ripristino di edifici, crollati o demoliti, situati nelle medesime aree, in entrambi i casi ove siano previste modifiche della sagoma o dei prospetti o del sedime o delle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente oppure siano previsti incrementi di volumetria.

Per gli interventi di ristrutturazione edilizia «leggera» è necessaria la presentazione della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) ai sensi dell'art. 22 d.P.R. 380/2001, la cui assenza è sottoposta a sanzione amministrativa (ex art. 37 d.P.R. 380/2001).

Viceversa, per gli interventi di ristrutturazione edilizia «pesante» (art. 10, co. 1, lettera d) e 10 c.1 lettera c) e gli interventi di «nuova costruzione» (art. 3 c.1 lettera e) e 10 c.l lettera a) è richiesto il permesso di costruire.

Campo di padel: necessario il permesso di costruire

Sulla base di queste premesse, spiegano gli ermellini, il regime autorizzativo relativo alla realizzazione di campi di padel non può essere quello invocato dal ricorrente. Si è infatti chiarito che la realizzazione di un campo di padel costituisce "intervento che, per le sue caratteristiche complessive, connotate per l'installazione su apposita superficie, funzionale alla peculiare attività sportiva, di carpenteria e lastre di vetro perimetrali, incide sul territorio in termini di modifica del medesimo, e come tale rientra nel novero degli «interventi di nuova costruzione» di cui all'art. 3, lett. e), D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Si tratta di rilievi conformi al consolidato insegnamento di legittimità secondo il quale il d.P.R. n. 380/2001, art. 3, comma 1, lett. e), assoggetta attualmente a permesso di costruire non soltanto le attività di edificazione, ma anche altre attività che, pur non integrando interventi edilizi in senso stretto, comportano comunque una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio in relazione alla sua condizione naturale ed alla sua qualificazione giuridica".

Si tratta di un’impostazione è conforme a quella della giurisprudenza amministrativa, che, ha avuto recentemente modo di confrontarsi con la tematica, divenuta pressante in ragione della crescente molarità dello sport in questione. Per esempio il TAR Piemonte, con lasentenza n. 223/2023 ha chiarito che le opere in questione hanno caratteristiche tali da comportare una «trasformazione significativa e permanente del territorio», risultando quindi soggette al preventivo rilascio di apposito titolo edilizio, nonché all'acquisizione dell'apposita autorizzazione paesaggistica e sismica.

Altrettanto il TAR Lazio con la sentenza n. 607/2023, secondo cui la realizzazione di un impianto sportivo in zona agricola configura violazione dell'art. 44 lett. b) dello stesso Testo Unico Edilizia, in considerazione del fatto che la realizzazione di strutture sportive è consentita su aree destinate ad attività sportiva, con la presentazione di SCIA, ma senza creazione di volumetria e comunque mai nelle zone aventi destinazione agricola,

Per altro è ininfluente la circostanza secondo cui, come nel caso di specie, i campi di padel vadano a sostituire dei preesistenti campi da tennis: essendo una trasformazione edilizia del terreno (stante la realizzazione di un'opera di scavo e di un basamento in calcestruzzo in grado di incidere in modo definitivo sulla permeabilità del suolo), la realizzazione dei campi di padel non può essere compatibile con la destinazione a zona agricola del terreno ospitante.

Nello specifico, i campi di padel si differenziano dai campi da tennis e da calcio in quanto, mentre in questi ultimi occorre un mero movimento terra, senza mutare le caratteristiche originarie di permeabilità del suolo, per la realizzazione dei campi di padel è necessaria la realizzazione di un massetto di cemento (di circa 10/12 cm) ove allocare il tappeto in fibra Sintetica e la posa in opera delle barriere in vetro temperato (alte oltre 3 mt.).

Va pertanto espresso il principio secondo cui la realizzazione di un campo di padel, cosi come la conversione di un campo da tennis in un campo da padel, costituisce una «nuova costruzione», per la cui realizzazione è necessario il permesso di costruire.

Campi di padel: in area vincolata ci vuole l'autorizzazione paesaggistica

Il rilevante impatto dell'intervento edilizio attiene anche dal punto di vista paesaggistico: va ribadito il principio per cui, in tema di reati paesaggistici, l'accertamento in fatto della riconducibilità degli interventi eseguiti in area sottoposta a vincolo paesaggistico nel novero di quelli non soggetti ad autorizzazione, di cui all'allegato A al d.P.R. n. 31/2017 o quelli di lieve entità sottoposti a procedimento autorizzatorio semplificato, di cui all'allegato B del citato d.P.R., deve essere condotto attenendosi ad un'interpretazione logico-sistematica di carattere finalistico delle disposizioni regolamentari, valevole a determinare l'applicazione delle disposizioni derogatorie previste dal decreto in oggetto ai soli interventi di lieve entità, tali essendo quelli che, per tipologia, caratteristiche e contesto in cui si inseriscono, non sono idonei a pregiudicare i valori paesaggistici tutelati dal vincolo.

La regola generale di cui all'art. 146 d.lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), che prescrive che ogni intervento che comporti modificazioni o rechi pregiudizio all'aspetto esteriore delle aree vincolate e soggetto al previo dell'autorizzazione paesaggistica, consacrata in una fonte di rango primario, non può certamente essere derogata da una fonte di rango secondario, quale è il suddetto regolamento n. 31/2017, che è di attuazione e non di delegificazione, e dunque non può liberalizzare interventi che per la norma di rango primario sono assoggettati ad autorizzazione.

Nel caso in esame, non può che sottolinearsi l'assenza, negli elenchi di cui al d.P.R. 31/2017 (relativo alla c.d. autorizzazione paesaggistica «semplificata»), degli interventi relativi alle attrezzature sportive, per le richieste relative ai campi di padel, e, più in generale, per gli impianti sportivi, evidenzia da cui non può che trarsi la conclusione che ad essi non si possono applicare le semplificazioni introdotte dal citato decreto, anche considerando che, con ogni evidenza, la realizzazione di tali campi non possa essere considerata di impatto paesaggistico lieve (AII. B) o lievissimo (All. A) ai sensi del citato decreto, in tal modo confermando la rilevanza dell'intervento edilizio.

Doppia conformità: impossibile senza autorizzazione paesaggistica e sismica

Infine, secondo il costante orientamento di questa Corte, il rilascio postumo dell'autorizzazione paesaggistica al di fuori dei limiti in cui essa è consentita ai sensi dell'art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, non consente la sanatoria urbanistica ex art. 36 d. P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (c.d. doppia conformità), e non produce alcun effetto estintivo dei reati edilizi né preclude l'emissione dell'ordine di rimessione in pristino dell'immobile abusivo edificato in zona vincolata.

Poiché l'autorizzazione paesaggistica, secondo l'art. 146, comma 4, del d.lgs. 42 del 2004, costituisce un atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-ediIizio, lo stesso permesso di costruire resta subordinato al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica la quale, però, sempre secondo la norma richiamata, non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, tranne nei casi dei c.d. «abusi minori», tassativamente individuati dall'art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. n. 42 del 2004.

Allo stesso modo, il rispetto del requisito della conformità delle opere sia alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione che a quella vigente al momento della presentazione delia domanda di regolarizzazione (cd. «doppia conformità»), richiesto ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex artt. 36 e 45 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, è da ritenersi escluso nel caso di edificazioni eseguite in assenza del preventivo ottenimento dell'autorizzazione sismica.

Inoltre, il permesso di costruire, eventualmente rilasciato (nei limiti di cui si è detto) a seguito di accertamento di conformità (art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), estinguerebbe i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non estingue, invece, i reati disciplinati dalla normativa antisismica e sulle opere in conglomerato cementizio (applicabile nel caso di specie stante quanto dianzi evidenziato.

Nel respingere definitivamente il ricorso, gli ermellini hanno ribadito la legittimità del sequestro preventivo dei campi, ricordando che  “in tema di reati edilizi, è legittimo il sequestro preventivo di manufatti abusivi realizzati in area a destinazione agricola pur se destinati ad attività commerciali, determinando gli stessi un aggravio, anche se non rilevante, del carico urbanistico”, regola che vale anche in caso di realizzazione di un impianto sportivo su area a destinazione agricola.

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