Chiusura e copertura terrazza esistente, il TAR sulle distanze legali

Il TAR Toscana entra nel merito della legittimità di intervento di chiusura e copertura di terrazza esistente in violazione alle distanze legali tra costruzioni

di Giorgio Vaiana - 25/06/2021

Lotta "fratricida" tra due alberghi nella sentenza del Tar Toscana n. 738/2021. I giudici sono chiamati a risolvere una questione spinosa relativa alla realizzazione della copertura di una terrazza già esistente e delle distanze tra due alberghi. E non è così facile. Fondamentale dire che i due alberghi si trovano in una zona vincolata paesaggisticamente.

Il ricorso

La società che gestisce un albergo ha presentato ricorso al comune in cui si trovano le strutture turistiche per denunciare, a detta loro, l'illegittimità della concessione edilizia concessa ai colleghi della struttura di fronte per la chiusura e copertura della terrazza esistente che si trova al terzo piano dell'edificio. Secondo la società, questa chiusura è stata fatta a meno di dieci metri dal loro edificio, in violazione del regolamento urbanistico vigente. Viene contestato anche il fatto che la società che ha chiesto la sanatoria, avrebbe omesso di indicare la distanza della terrazza dall'edificio confinante. Il comune, dopo un sopralluogo, ha annullato in autotutela la concessione. Ma l'opera abusiva non è stata demolita, archiviando la questione. Su questa archiviazione si arriva al ricorso di oggi.

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I dieci metri

Partiamo dalle cose certe: gli edifici distano tra di loro meno di dieci metri. L'intervento contestato è stato realizzato quasi 20 anni fa e condonato inizialmente oltre dieci anni fa. Già allora era prevista la "distanza minima di dieci metri tra edifici antistanti". La copertura e la chiusura di una terrazza integra un intervento di "nuova costruzione" e pertanto è soggetta al rispetto delle distanze minime tra edifici.

Nuova costruzione

Per nuova costruzione, dicono i giudici, si deve intendere "non solo la realizzazione ex novo di un fabbricato, ma anche qualsiasi modificazione nella volumetria di un fabbricato precedente che ne comporti l'aumento della sagoma d'ingombro, direttamente incidendo sulla situazione degli spazi tra gli edifici esistenti, e ciò anche indipendentemente dalla realizzazione o meno di una maggiore volumetria e/o dall'utilizzabilità della stessa a fini abitativi; in particolare la sopraelevazione deve essere considerata come nuova costruzione e può essere di conseguenza eseguita solo con il rispetto della normativa sulle distanze legali dalle costruzioni esistenti sul fondo confinante". Nel caso analizzato, la chiusura della terrazza rappresenta "un nuovo e consistente elemento edilizio che doveva rispettare le distanze minime tra edifici". L'intervento oggetto del ricorso, dunque, secondo il Tar Toscana non doveva essere sanato. Vale anche in questo caso la duplice condizione "che esse siano state realizzate prima dell'imposizione del vincolo e che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e degli strumenti urbanistici".

L'annullamento d'ufficio

I giudici hanno verificato che era possibile annullare d'ufficio la concessione edilizia. Nella documentazione, tra l'altro, la società non indica mai la distanza esistente tra gli edifici nella domanda di condono. "L'omessa indicazione di un elemento essenziale ai fini della corretta valutazione della domanda di rilascio di un titolo edilizio può equivalere alla falsa rappresentazione dello stato dei luoghi, atteso che chi presenta istanza di autorizzazione "ad aedificandum" ha l'onere di accludere dati, documenti e misurazioni idonei a dare esatta contezza della situazione dei luoghi con la conseguenza che, ove invece fornisca dati incompleti, non rispondenti alla superficie e al volume impegnati dalla progettata edificazione e comunque tali da fornire una errata rappresentazione dello stato dei luoghi, l'Amministrazione legittimamente interviene sul piano dell'autotutela e annulla d'ufficio il titolo abilitativo già rilasciato". Includere una fotografia che mostri i due edifici confinanti "non può ritenersi sufficiente", poiché questo dimostrava "solo la presenza dell’edificio frontistante rispetto a quello oggetto dell’intervento abusivo, senza tuttavia rappresentare, in modo palese ed inequivocabile, la presenza di una distanza tra i due beni superiore rispetto a quella minima prescritta dalla legge e dalla disciplina urbanistica dell’area". E quindi, vista la errata rappresentazione dello stato dei luoghi fornita dalla società in sede di presentazione della domanda di condono, il comune può procedere all'annullamento della concessione edilizia in sanatoria nonostante sia trascorso così tanto tempo. Il ricorso è stato accolto.

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