Codice dei contratti: torna in auge l'appalto integrato sul progetto di fattibilità?

Scicolone (OICE): "Lasciare in mano all’impresa di costruzioni la fase progettuale significherebbe ritornare a far riemergere i vecchi, ben conosciuti, problemi che tanto abbiamo sofferto nei decenni passati"

di Gianluca Oreto - 09/04/2021

Ad ogni riforma, controriforma o proposta di semplificazione che riguarda la normativa sugli appalti pubblici la tendenza è sempre la stessa: cercare di far prevaricare interessi di parte senza un confronto che possa migliorare il sistema nel suo complesso.

La riforma del Codice dei contratti del 2016

E uno dei punti su cui lo scontro è stato sempre serrato e fonte di continue giravolte è quello che riguarda l'appalto integrato (ma di esempi se ne potrebbero fare tanti altri). Con il D.Lgs. n. 50/2016 (il Codice dei contratti) l'appalto integrato è stato messo all'angolo privilegiando la centralità e indipendenza del progetto. Una scelta che è stata rivisitata nel corso di questi 5 anni e che ha ricevuto la conferma del Milleproroghe con il quale è stato prorogato per tutto il 2021 l'utilizzo dell'appalto integrato per i contratti di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, ad esclusione degli interventi di manutenzione straordinaria che prevedono il rinnovo o la sostituzione di parti strutturali delle opere o di impianti. Scelta prevista inizialmente dal comma 6 dell’articolo 1 del decreto legge 18 aprile 2019, n. 32 convertito dalla legge 14 giugno 2019, n. 55 (lo Sblocca Cantieri).

Il Codice dei contratti e il Next Generation EU (NGEU)

Ma di appalto integrato si è tornati a parlare anche nelle ultime settimane dopo che, alla luce delle risorse che saranno presto disponibili grazie al Next Generation EU (NGEU), l'Italia ha avvertito l'esigenza (manifestata in realtà tante volte) di mettere mano nuovamente al Codice dei contratti.

Da questa esigenza sono partite proposte (più o meno fantasiose) che hanno nuovamente posto l'accento sulle principali criticità della normativa sugli appalti pubblici:

  • il mancato completamento della riforma del 2016, ancora in attesa di troppi provvedimenti attuativi cardine e monca in alcune sue parti fondamentali;
  • la necessità di un sistema più strutturato e meno frammentato.

L'appalto integrato

Criticità sulle quali, come detto, politici, Autorità di vigilanza ed "esperti" del settore hanno cominciato a ricamare, in alcuni casi proponendo un vero e proprio ritorno al passato. Come nel caso dell'appalto integrato sul quale sembra stia lavorando una commissione parlamentare che avrebbe individuato in questo istituto un modo per velocizzare l'iter di esecuzione degli appalti pubblici.

Proposta che ha immediatamente ricevuto il commento da parte dell'OICE. “Se dovesse essere vera l’indiscrezione - ha affermato il Presidente Gabriele Scicolone esprimendo forte preoccupazione - per cui nella commissione interministeriale che sta studiando le semplificazioni per il Pnrr si starebbe valutando, per velocizzare l’iter di realizzazione delle opere del Pnrr, di affidare appalti integrati sulla base del progetto di fattibilità, saremmo di fronte al più clamoroso degli autogol: rinunciare alla centralità del progetto esecutivo, unico elemento in grado di assicurare qualità, contenimento di costi, di varianti e riserve. Sembra quasi una boutade!

Per Scicolone la proposta non reggerebbe neanche sotto il profilo dei tempi: “siamo di fronte al solito fraintendimento. Fra valutazione in gara del progetto definitivo che, a quel punto, tutti i concorrenti dovrebbero presentare - anche se alla fine soltanto uno risulterebbe vincitore - e successiva redazione del progetto esecutivo i tempi si allungano a dismisura, con un dispendio di energia e di costi per tutti gli attori coinvolti. Senza poi considerare che lasciare in mano all’impresa di costruzioni la fase progettuale significherebbe ritornare a far riemergere i vecchi, ben conosciuti, problemi che tanto abbiamo sofferto nei decenni passati; la mancanza di trasparenza, i conflitti di interesse tra imprese, progettisti e stazioni appaltanti, senza nessun reale valore aggiunto per la velocizzazione delle procedure; si rischierebbe, anzi, di tornare a parlare di recupero dei ribassi in sede di offerta con modifiche progettuali step by step. Si ricordi, su questo, quanto disse l’Anac due anni fa: le riserve nel 95% dei casi corrispondono alla virgola al ribasso offerto”.

Per l’OICE quindi occorre cambiare radicalmente strada: “Si valuti - afferma Giorgio Lupoi, Consigliere OICE - la possibilità di estendere i contratti di progettazione in corso, da completare con gli esecutivi, ma soprattutto si acceleri sulla fase di approvazione e autorizzazione dei progetti, blindando l’esecutivo e facendo gare con i tempi accelerati e le norme semplificatorie che già oggi ci sono ma che, non si sa per quale motivo, non vengono applicate. E poi si dotino le stazioni appaltanti di risorse per avere supporti di project management per i rup e per il nuovo personale che si sta assumendo e che dovrà imparare in tutte fretta a gestire gli interventi”.

Gli appalti pubblici e la "voglia" di semplificazione

Concludo ricordando che pur non esistendo una norma "perfetta", che possa contemplare al suo interno una serie diversificata di scenari, è altrettanto chiaro che paletti di dubbia applicazione incatenano i portatori di interesse, bloccando le scelte su virgole o periodi che letti da due teste diverse portano spesso a risultati opposti con effetti dalla portata sottovalutata. E con questo non voglio dire che una deregolamentazione sia la panacea di tutti i mali del settore. Ma probabilmente occorrerebbe risalire alla radice dei problemi che hanno ingarbugliato il settore in una matassa di regole che cambiano continuamente e che, con le attuali risorse della pubblica amministrazione, non riescono ad attivare nei modi corretti la macchina amministrativa.

Quindi, cogliendo l'occasione dei Fondi UE, sarebbe il caso di lavorare di più sul concetto di semplificazione amministrativa, sulla formazione dei portatori di interesse (stazioni appaltanti, tecnici, imprese) e definire un quadro normativo il più possibile completo che duri (senza modifiche) almeno quanto il tempo che intercorre tra un mondiale di calcio e un altro. Ma soprattutto è arrivato il momento che la parola digitalizzazione si trasformi in azioni concrete da parte di tutti. La pandemia in corso ha accelerato questa esigenza ma ancora senza effetti reali sulla vita professionale di chi ogni giorno perde oltre la metà del tempo per consultare documenti che dovrebbero essere trovati con pochi click. La speranza è che il BIM di cui da anni si sente parlare diventi parte integrante di chi ha voglia di crescere. 

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