Condono edilizio, ampliamento, oblazione e silenzio assenso: nuova sentenza del Consiglio di Stato

Consiglio di Stato: “Le opere abusive, oggetto del condono, accrescono la ricettività dell’edificio esistente, incrementando il peso insediativo. È pertanto non solo giustificata ma addirittura dovuta la richiesta del contributo di costruzione maggiore, per compensare l’effettivo incremento del carico urbanistico che nella ristrutturazione non c’è, o, comunque, non è apprezzabile”

di Giorgio Vaiana - 22/06/2021

Una richiesta di condono edilizio presentata ai sensi della Legge 24 novembre 2003, n. 326 (terzo condono edilizio), una deliberazione del Comune che ha qualificato l’istanza non come “ristrutturazione” ma come “nuova costruzione” con conseguente ricalcolo dell’oblazione, la formazione del silenzio assenso e un sentenza emessa dal TAR. C’è davvero di tutto nell’interessante sentenza n. 4499/2021 con cui il Consiglio di Stato ci consente di approfondire un argomento evergreen dell’edilizia: il condono.

Da deposito a locale con persone

Si tratta di una vicenda di quasi 20 anni fa. Il proprietario di un immobile aveva chiesto il condono edilizio per i lavori eseguiti sulla porzione sotterranea della struttura, trasformata da deposito a locale con la possibilità di accogliere persone nell'attività commerciale. L'uomo ha sostenuto la tesi della formazione del silenzio-assenso sul condono e ha contestato la cifra, a suo dire spropositata, delle tariffe relative agli oneri di concessione. Per il Tar ha ragione l'uomo, qualificando l'intervento non come nuova costruzione e quindi con il pagamento degli oneri, ma come semplice ristrutturazione. Spiegando pure che in un intervento di ristrutturazione si può determinare un aumento di volume. Il Comune sostiene un'altra tesi.

Speciale Testo Unico Edilizia

Ristrutturazione, ampliamento o nuova edificazione

I legali difensori dell'amministrazione comunale, spiegano la differenza tra gli interventi di ristrutturazione e quelli di ampliamento o nuova edificazione. La ristrutturazione, pur modificando in modo anche radicale l’edificio preesistente, non incrementa in modo significativo il carico urbanistico indotto dall’edificio originario e quindi non incide sull’indice di edificabilità del lotto. Mentre, aggiunge il Comune appellante, l’intervento di ampliamento o nuova edificazione è ammissibile solo quando il lotto disponga di una potenzialità edificatoria residua, poiché le opere accrescono la ricettività dell’edificio esistente; lo rendono idoneo ad ospitare un maggior numero di abitanti/utenti con incremento del peso insediativo: sicché l’intervento di ampliamento è assoggettato a un contributo di costruzione maggiore rispetto a quello previsto per l’intervento di ristrutturazione edilizia. E ai giudici del consiglio di Stato questa tesi piace.

L'ampliamento contestato

L'opera originaria era di 30 mq. I lavori hanno aumentato le dimensioni di oltre 44 mq. E hanno ragione i legali dell'amministrazione, secondo i giudici del consiglio di Stato, a sostenere che le opere realizzate abusivamente "accrescono la ricettività dell’edificio esistente, incrementando il peso insediativo". Pertanto, aggiungono i giudici, "non solo è giustificata, ma addirittura dovuta la richiesta del contributo di costruzione maggiore, per compensare l’effettivo incremento del carico urbanistico che – va sottolineato – nella ristrutturazione non c’è, o, comunque, non è apprezzabile". Vero è, dicono i giudici, che il DPR 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia) "ammette la possibilità per gli interventi con ristrutturazione edilizia, di modifiche e non di incrementi di volumi e di superfici, coerentemente con l’esigenza di evitare che il carico urbanistico dell’edificio venga incrementato in mancanza d’indice di edificabilità residuo". Ma, in ogni caso, le modifiche della volumetria e della superficie "devono essere minimali e marginali rispetto all’intervento di ristrutturazione, altrimenti si ricade nell’ampliamento, come è accaduto nel caso in esame". Quindi il comune ha legittimamente individuato l'intervento come abusivo e chiesto il contributo previsto dal Testo Unico Edilizia. Che ora l'uomo dovrà versare. Il ricorso è stato dunque accolto.

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