Condono edilizio in area vincolata: niente silenzio-assenso per l’autorizzazione paesaggistica

L’eventuale inerzia dell’organo competente va interpretata come un silenzio-rifiuto che, al massimo, può essere successivamente impugnato

di Redazione tecnica - 10/04/2024

Il rilascio del condono edilizio in riferimento ad opere abusive realizzate su aree sottoposte a vincoli paesaggistici è sempre subordinato all’approvazione espressa delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo.

La procedura del silenzio-assenso difatti non risulta applicabile in relazione all’autorizzazione paesaggistica, pertanto l’eventuale inerzia dell’organo competente nel dare una risposta entro i termini di legge deve sempre essere interpretata come un silenzio-rifiuto che, al massimo, può essere successivamente impugnato.

Condono edilizio e autorizzazione paesaggistica: obbligo di parere espresso 

A spiegarlo è la Corte di Cassazione con la sentenza del 12 marzo 2024, n. 10243, con la quale ha rigettato il ricorso presentato contro l’ordinanza di demolizione di due immobili abusivi siti in area sottoposta a vincolo di tutela paesaggistica ai sensi del d. Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Come hanno specificato i giudici di piazza Cavour, per ottenere un titolo edilizio in aree sottoposte a vincolo è sempre necessario che le opere siano approvate prima dall’organo competente mediante il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

L’approvazione dell’autorizzazione richiede sempre il parere espresso dell’Amministrazione che si occupa della tutela del vincolo, non essendo possibile intendere come silenzio-assenso la mancata risposta della PA entro i termini previsti dalla normativa.

La disposizione è stabilita dalla L. n. 241/1990 (Legge sul procedimento amministrativo), che all’art. 20 regolamenta il meccanismo dell’approvazione per silentium, disponendo chiaramente che non possa essere applicato, tra gli altri casi, agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, la salute e la pubblica incolumità, ecc.

Il silenzio della PA entro i termini di legge deve pertanto essere sempre inteso come silenzio-rifiuto dell’istanza di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, come prevede anche la normativa legata al condono edilizio, in cui si concede al più di poter impugnare successivamente il diniego dell’istanza.

Condono in area vincolata: inammissibile senza autorizzazione

Nel caso in oggetto, per le opere abusive è stata presentata istanza ai sensi della Legge n. 724/1994 (c.d. “Secondo condono edilizio”), In base alla quale, in materia di sanatoria di abusi in aree vincolate, si segue quanto già disposto dalla Legge n. 47/1985 (Primo Condono Edilizio) all’art. 32 (“Opere costruite su aree sottoposte a vincolo”).

In particolare, l’art. 32, comma 1, dispone che il rilascio del titolo in sanatoria per immobili sottoposti a vincoli è sempre subordinato al parere espresso degli organi competenti alla tutela del vincolo. Qualora tale parere non dovesse essere espresso entro 180 giorni dalla data di ricevimento dell’istanza, questa deve intendersi rifiutata, sebbene sia concesso all’interessato di poter impugnare successivamente il silenzio-rifiuto.

Essendo obbligatorio il parere favorevole dell’Amministrazione per il rilascio del permesso in sanatoria, in caso di formazione del silenzio-rifiuto sull’istanza di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, anche l’istanza di condono deve intendersi di conseguenza non ammissibile.

Condono edilizio: realizzazione al rustico e data di ultimazione lavori

Ciò posto, la Corte ha confermato l’illegittimità del permesso di costruire rilasciato all’istante dal Comune nel 2003, in quanto concesso senza previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica e in relazione ad un immobile oggetto di istanza di condono edilizio; condono che, comunque, non può essere approvato anche solo per via del fatto che gli abusi non risultano essere stati ultimati entro il 31 dicembre 1993 come previsto dalla normativa legata al secondo condono edilizio.

Sul punto, gli ermellini hanno ricordato che la realizzazione al rustico del manufatto, rilevante ai fini dell'assoggettabilità temporale dello stesso al condono, comporta il necessario completamento della copertura e il tamponamento dei muri perimetrali, mentre in questo caso il manufatto, nel 2002 risultava ancora caratterizzato da una copertura in lamiera, rendendo palese che 10 anni prima l’opera non poteva considerarsi ultimata al rustico.

L’ordinanza di demolizione disposta dal giudice di esecuzione è stata quindi confermata, con il rigetto del ricorso.

© Riproduzione riservata

Documenti Allegati