Condono edilizio: il Consiglio di Stato sugli abusi maggiori

Niente condono per abusi commessi in zona sottoposta a vincolo in epoca anteriore alla realizzazione delle opere, indipendentemente che si tratti di vincolo a inedificabilità assoluta o relativa

di Redazione tecnica - 15/09/2023

Il condono edilizio di cui al D.L. n. 269/2003, convertito nella L. n. 326/2003, non è, a priori, consentito se riguarda i cd. "abusi maggiori", commessi in zona sottoposta, precedentemente alla realizzazione delle opere, a vincolo paesaggistico.

Abusi maggiori e condono edilizio: il no del Consiglio di Stato

Si tratta di un costante orientamento giurisprudenziale confermato nuovamente dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 7935/2023, con la quale Palazzo Spada ha respinto il ricorso e confermato il diniego di condono per un edificio non ultimato nei termini stabiliti dalla normativa e in area assoggettata a vincolo paesaggistico.

Vale la pena ricordare che, in riferimento alla sanatoria di abusi in zone vincolate, il legislatore ha previsto delle norme più stringenti per il D.L. n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003 (c.d. "terzo condono edilizio"), rispetto alla legge n. 47/1985 (c.d. "primo condono edilizio").

Il D.L. n. 269/2003 prevede infatti che con riguardo agli abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico:

  • il condono è applicabile, esclusivamente, agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 dello stesso D.L. n. 269/2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo;
  • non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti.

CIò significa che non è possibile ottenere la sanatoria in caso di nuove costruzioni.

Nel caso in esame, l’appellante sosteneva che l’immobile fosse già completo “al rustico” al momento del sopralluogo, con la presenza del solaio, mentre le tamponature non sarebbero state necessarie per ritenere l’immobile completo “al rustico”, in quanto tale concetto richiederebbe la mera presenza delle strutture portanti.

Edificio completato al rustico e termine ultimazione lavori

Il Consiglio di Stato non ha condiviso questa tesi, ricordando il costante orientamento secondo il quale “Ai fini del condono edilizio, il concetto di ultimazione dei lavori deve essere riferito all'esecuzione del c.d. rustico, che presuppone, per quanto d'interesse, il completamento delle tamponature esterne, che determinano l'isolamento dell'immobile dalle intemperie e configurano l'opera nella sua fondamentale volumetria”.

Dato che la costruzione non era ancora ultimata allo stato di rustico entro i termini consentiti, si poteva opporre il vincolo paesaggistico approvato con D.M. del 5 maggio 1969.

Non solo: già il TAR aveva specificato che, in ogni caso, l’immobile non poteva rientrare nell’ambito di applicazione della legge sul c.d. terzo condono in quanto realizzato su area paesaggisticamente vincolata e ascrivibile alla tipologia 1 (“opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”) dell’allegato 1 al D.L.. n. 269/2003, o al più alla tipologia 2 dello stesso allegato (“opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio, ma conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici alla data di entrata in vigore del presente provvedimento”), costituendo quini un abuso maggiore.

Il diniego di condono costituiva, in particolare, un atto dovuto proprio in ragione del fatto che l’abuso, compendiatosi nella realizzazione di una nuova costruzione, risultava commesso in zona già vincolata.

Nuove costruzioni in area vincolata: no al condono

Da qui la confermà della legittimità del diniego di condono: la giurisprudenza della Sezione, spiegano i giudici di Palazzo Spada, è ormai da tempo assestata nel senso che il condono edilizio di cui al D.L. n. 269/2003, convertito nella L. n. 326/2003, non è, a priori, consentito se abbia ad oggetto “abusi maggiori”(cioè abusi riconducibili a quelli di cui alle tipologie 1, 2 e 3 della tabella allegata al D.L. n. 269/2003) commessi in zona sottoposta, precedentemente alla realizzazione delle opere, a vincolo.

Secondo le previsioni di cui alla L. 326/2003, gli “abusi maggiori” non sono mai condonabili quando commessi in zona sottoposta a vincolo in epoca anteriore alla realizzazione delle opere, indipendentemente che si tratti di vincolo a inedificabilità assoluta o relativa: in tali situazioni, dunque, è inutile la richiesta del parere di compatibilità paesaggistico, posto che si versa in una situazione di divieto di condono stabilita dal legislatore.

Da ciò discende che in presenza di interventi qualificabili come nuova costruzione e realizzati in area soggetta a vincoli paesaggistici, il diniego di sanatoria edilizia è atto dovuto ai sensi della legge n. 326/2003.

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