Condono edilizio, consistenza delle opere e demanio marittimo: interviene il Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato interviene su una disputa tra privato e Comune sul rilascio del condono edilizio per delle opere in area demaniale

di Giorgio Vaiana - 30/04/2021

Occupiamoci ancora una volta di opere abusive e richieste di sanatoria. Questa volta siamo in una località marittima. Le opere oggetto del ricorso sono state realizzate in area di demanio marittimo e meno di trecento metri dalla battigia. Una lunga battaglia legale per i proprietari di due fabbricati che "lottano" contro il Comune ormai da quasi 40 anni per ottenere il condono edilizio. Ma i giudici hanno trovato sciolto il bandolo della matassa e posto fine alla querelle. Leggiamo come nella sentenza n. 2385/2021.

La non conformità

I giudici analizzano lo stato delle cose. E lo fanno semplicemente visionando le foto storiche e confrontandole con il progetto di sanatoria presentato. Ed è evidente, dicono i giudici, di come i fabbricati appaiano diversi dalla documentazione presentata al Comune. Tra l'altro esiste anche un rapporto della Capitaneria di porto in cui vengono specificate le dimensioni dei due fabbricati oggetto del condono edilizio. Già vent'anni fa, dunque, l'amministrazione comunale aveva emesso una ordinanza di demolizione in cui si evidenziava la continua trasformazione dei manufatti e gli ampliamenti delle superfici, con la realizzazione di scale, scivoli in legno, recinzioni e cancellate varie, oltre a camminamenti in cemento e aree di parcheggio. Quindi la seconda richiesta di condono fatta è relativa a nuovi abusi. E, secondo i giudici, bene ha fatto il Comune a negare la sanatoria.

Il vincolo di inedificabilità

Le evidenze scovate dai giudici, che mostrano i cambiamenti fatti dai proprietari dei manufatti abusivi sui fabbricati, già basterebbero a confermare tutto. Ma, specifica la sentenza, "in assenza di prova del fatto che l’ampliamento degli immobili sia antecedente all’apposizione del vincolo (1974) sull’area", conferma "il rigetto anche della censura che le opere, secondo il proprietario, sarebbero antecedenti all’apposizione del vincolo assoluto di inedificabilità". Anzi, dicono i giudici, analizzando le foto, "appare verosimile il contrario".

La fascia di trecento metri dalla battigia e la doppia conformità

Vent'anni fa la nuova richiesta di sanatoria fatta. Ma anche questa va respinta, dicono i giudici, in quanto si tratta di opere realizzate nella fascia di trecento metri dalla battigia, successivamente all'entrata in vigore della legge regionale che ha sancito l'inedificabilità assoluta. Dicono i giudici: "L’autorizzazione paesaggistica in sanatoria può essere rilasciata solo per lavori che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi". L'area, tra l'altro, è stata sottoposta a vincolo paesaggistico e quindi, tali opere "non sono suscettibili di sanatoria edilizia non sussistendo la doppia conformità urbanistica".

Speciale Testo Unico Edilizia

I motivi della demolizione

Nella sentenza vengono accolte le motivazioni dell'ordinanza di demolizione. Dicono i giudici:

  • le opere sono state costruite su aree del Demanio dello Stato;
  • non potrebbero essere sanate perché non sarebbe stata data prova della loro effettiva presenza, consistenza e datazione e, in particolare, sempre secondo la motivazione del provvedimento impugnato, le opere in parola non sarebbero state presenti (e non sarebbero state realizzate) entro il termine di ultimazione per le opere condonabili;
  • le opere abusive in questione risultano essere state realizzate entro la fascia dei 300 metri dalla battigia del mare;
  • le opere sarebbero state realizzate su terreno appartenente al Demanio Marittimo dello Stato.

Insomma, per i giudici, ordinanza di demolizione più che motivata. L'appello, dunque è stato respinto.

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