Condono edilizio e vincolo inedificabilità: il ruolo della Soprintendenza

Il Consiglio di Stato conferma che un parere paesaggistico favorevole può essere annullato, se carente di motivazione

di Redazione tecnica - 03/03/2022

Un parere paesaggistico favorevole rilasciato da un’Amministrazione Comunale può essere successivamente annullato dalla Soprintendenza? Sì, se si evidenzia che il provvedimento non contiene un’adeguata motivazione e non tiene conto di eventuali vincoli di inedificabilità presenti sull’area interessata.

Condono edilizio e vincolo di inedificabilità: quando la Soprintendenza dice no 

È il caso affrontato dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 17/2022, che fa seguito all’appello contro l’annullamento, confermato già in primo grado, del parere paesaggistico favorevole rilasciato da un comune a seguito di istanza di concessione edilizia in sanatoria, ai sensi delle leggi n. 47/1985 e n. 724/1994.

In particolare, trattandosi di un immobile in area sottoposta a vincolo paesaggistico, in relazione alla fascia di protezione dei corsi d’acqua - ai sensi della legge 8 agosto 1985, n.431 art. 1 lettera c), le domande di condono sono state sottoposte al parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47/1985, che ha emesso un parere favorevole con prescrizioni alla sanatoria, in quanto “al momento della realizzazione delle opere l’integrità originaria del paesaggio era già vulnerata da interventi anche legittimi preesistenti all’entrata in vigore della legge Galasso n. 431/1985”. Le prescrizioni riguardavano l’utilizzo di intonaci con materiali e tecniche di posa della tradizione locale, i manti di copertura, la presentazione di nuovi grafici rappresentativi della sistemazione della corte annessa al fabbricato, la conservazione delle alberature esistenti.

Successivamente, il parere è stato annullato dalla Soprintendenza regionale perché il Piano Territoriale Paesistico (PTP) vigente indicava che nell’area interessata dall’intervento, le fasce di rispetto dei corsi d’acqua devono essere mantenute integre inedificate per una profondità di 150 metri per parte. Inoltre, secondo la Soprintendenza, non era stata presa in specifica considerazione la disciplina recata dalla pianificazione paesistica vigente per l’area.

Condono edilizio in area vincolata: la sentenza del Consiglio di Stato

Dopo l’annullamento del parere favorevole, è stato presentato ricorso al TAR, che lo ha respinto, ritenendo che la motivazione della Soprintendenza, basata sul mancato esame della pianificazione paesaggistica vigente, rientrasse nell’ambito della verifica di legittimità.

Come ha spiegato il Consiglio di Stato, in base all’art. 32 della legge n. 47/1985 (Primo Condono Edilizio); richiamato dall’art. 39 della legge n. 724/1994 (Secondo Condono Edilizio), “il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso”.

Per consolidata giurisprudenza, tale parere ha natura e funzioni identiche all’autorizzazione paesaggistica, perché entrambi gli atti rappresentano il presupposto legittimante la trasformazione urbanistico edilizia della zona protetta. Per questo motivo resta intatto il potere ministeriale di annullamento del parere favorevole alla sanatoria di un manufatto realizzato in zona vincolata, in quanto strumento affidato dall’ordinamento allo Stato, come estrema difesa del paesaggio, valore costituzionale primario.

In particolare l’art. 159 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, (d.lgs. n. 42/2004) dispone che “la Soprintendenza, se ritiene l'autorizzazione non conforme alle prescrizioni di tutela del paesaggio, dettate ai sensi del presente Titolo, può annullarla, con provvedimento motivato, entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa, completa documentazione” (comma 3).

Legittimità parere paesistico: il ruolo della Soprintendenza 

L’annullamento da parte della Soprintendenza non comporta un riesame complessivo delle valutazioni discrezionali compiute dalla Regione o da un ente sub-delegato, ma è una verifica di legittimità, che, può riguardare anche l’eventuale difetto di motivazione. Qualora l’autorità che ha emesso il nulla osta o il parere non abbia infatti esternato una motivazione congrua dalla quale evincere le ragioni che la inducevano a concludere per la compatibilità dei manufatti realizzati con il vincolo paesaggistico, ovvero di una corretta indicazione delle ragioni sottese alla positiva valutazione dell'intervento progettato, gli organi ministeriali annullano l’atto-base adottato per vizio di motivazione e possono indicare le ragioni di merito che concludono per la non compatibilità delle opere realizzate con i valori tutelati.

Il vincolo di inedificabilità

I giudici di Palazzo Spada hanno inoltre ribadito che, nel caso di sopravvenienza di un vincolo di protezione, come quello di inedificabilità, l’Autorità preposta alla tutela del vincolo deve pronunciarsi tenendo conto del quadro normativo vigente al momento in cui esercita i propri poteri, ciò a prescindere dall’epoca d’introduzione del vincolo,

Anche se il vincolo di inedificabilità assoluta sopravvenuto non può operare in modo retroattivo, esso non può considerarsi inesistente per il solo fatto che sia sopravvenuto all’edificazione; è necessario quindi applicare quanto previsto all’art. 32, comma 1, legge n. 47 del 1985, che subordina il rilascio della concessione in sanatoria per opere su aree sottoposte a vincolo al parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo medesimo e quindi alla Soprintendenza.

In questo caso, rientrava pienamente nei poteri della Soprintendenza precisare che nel parere positivo comunale, mancava qualsiasi indicazione relativa alla compatibilità del manufatto con la disciplina paesaggistica vigente al momento del rilascio del parere, che aveva previsto il vincolo di inedificabilità assoluta nella fascia di 150 metri di protezione dei corsi d’acqua. Legittimamente, quindi, la Soprintendenza ha ritenuto che il Comune avrebbe dovuto valutare anche la disciplina del PTP, strumento che in attuazione del principio fondamentale di cui all’art. 9 Cost., prevale sui P.R.G. e sugli altri strumenti urbanistici.

Pertanto, il vizio di motivazione era sussistente e l’appello è stato respinto, confermando l’illegittimità del parere positivo reso dal Comune.

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