Demolizione abusi edilizi: la Cassazione sull'acquisizione dell'immobile

La Cassazione chiarisce come avviene l'immissione nel possesso al patrimonio del comune in caso di inottemperanza di un ordine di demolizione

di Redazione tecnica - 16/05/2022

Nel caso di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, la normativa edilizia prevede un definito procedimento per la rimozione degli abusi.

Demolizione abusi edilizi e condono edilizio: nuova sentenza della Cassazione

Ma quando si parla di abusi edilizi occorre spesso entrare nel merito di eventuali richieste di sanatoria, collegate all'attuale quadro di riferimento normativo, il d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), e alle 3 leggi sul condono edilizio del 1985, 1994 e 2003, i cui effetti si trascinano nei tribunali ancora oggi.

Si parla di abusi edilizi, ordinanza di demolizione e istanza di condono edilizio in un recente intervento della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 16271 del 5 aprile 2022, ribaltando completamente i precedenti gradi di giudizio, accoglie il ricorso presentato per la revoca del provvedimento di annullamento di un ordine di demolizione.

Demolizione e istanza di condono

Il caso è apparentemente semplice perché nei precedenti gradi di giudizio i giudici, facendo riferimento ai contenuti dell'art. 31, comma 4 del Testo Unico Edilizia, avevano disposto che, superati i tempi previsti per la demolizione dell'abuso da parte del privato, si sarebbe dovuto procedere con l'accertamento formale dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, previa notifica all'interessato, che avrebbe costituito titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari.

Nel caso di specie, il privato successivamente alla scadenza concessa per la demolizione, aveva presentato istanza di condono ai sensi dell'art. 32 del D.L n. 269/2003 (terzo condono edilizio) e il Comune aveva rilasciato in suo favore il permesso di costruire in sanatoria. Due mesi dopo lo stesso Comune aveva annullato detto permesso, sulla base del rilievo che la domanda di condono era stata presentata quando già si era perfezionata l'acquisizione del bene al patrimonio del comune. Il provvedimento di annullamento era stato impugnato al TAR che aveva concesso, dapprima, la sospensiva e, poi, con sentenza aveva accolto il ricorso e annullato l'ordinanza di demolizione emessa dal Comune.

La vicenda non termina qui. Il Gip del Tribunale, quale giudice dell'esecuzione, su istanza del privato, emette ordinanza di revoca dell'ordine di demolizione di cui alla sentenza di applicazione pena ex art. 444 cod. proc. pen. ed dichiara estinto il reato edilizio.

Avverso detta ordinanza il Pubblico Ministero presenta ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento e rilevando che il permesso di costruire in sanatoria doveva ritenersi illegittimo in quanto presentato da soggetto non legittimato, essendosi al momento della domanda già verificata la fattispecie acquisitiva ex art. 31 DPR 380/01 in favore del Comune ed essendo perciò il bene già uscito dalla sfera di disponibilità del soggetto istante.

La Corte di Cassazione dispone l'annullamento con rinvio dell'ordinanza del Giudice dell'esecuzione, demandando ai giudice la verifica in ordine alla legittimità del provvedimento di sanatoria, anche sotto il profilo della legittimazione del beneficiario al rilascio dell'atto.

Il Gip del Tribunale, quale giudice dell'esecuzione, in sede di rinvio, con l'ordinanza oggetto di nuova impugnazione in Cassazione, conferma le precedenti statuizioni revocando l'ordine di demolizione di cui alla sentenza di patteggiamento e dichiara estinto il reato.

In nuovo ricorso in Cassazione

La vicenda finisce qui? Assolutamente no perché, come anticipato, viene presentato ricorso avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione in sede di rinvio, formulando un unico motivo con cui si deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui deve tenere conto nell'applicazione della legge penale.

Secondo il ricorrente, il giudice della esecuzione avrebbe erroneamente ritenuto legittimo il permesso in sanatoria, rilasciato a soggetto che in realtà non era legittimato a presentare istanza di condono. Ai sensi dell'art. 31 DPR 380/2001, infatti, allo scadere del novantesimo giorno dalla notifica dell'ordine di demolizione non ottemperato si verifica ope legis l'effetto ablatorio con acquisizione gratuita al patrimonio comunale, mentre la notifica all'interessato dell'accertamento formale dell'inottemperanza, prevista dal comma 4 dello stesso articolo, costituisce soltanto il titolo necessario per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari e deve essere disposta allorquando, pur dopo il trasferimento della proprietà, il responsabile dell'abuso non voglia spogliarsi del bene.

Nel caso in esame, nonostante il ricorrente non avesse ottemperato ai plurimi ordini di demolizione nei 90 giorni dalla notifica, l'amministrazione comunale non aveva adottato né il provvedimento di inottemperanza, né il provvedimento di acquisizione al patrimonio del Comune e il privato aveva, quindi, presentato istanza di condono.

La revoca dell'ordine di demolizione

Gli ermellini hanno ricordato che ai fini della revoca dell'ordine di demolizione di un immobile oggetto di condono edilizio, il giudice dell'esecuzione deve verificare la legittimità del sopravvenuto atto concessorio, sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione, dovendo in particolare verificare:

  • la disciplina normativa applicabile;
  • la legittimazione di colui che abbia ottenuto il titolo in sanatoria;
  • la tempestività della domanda;
  • il rispetto dei requisiti strutturali e temporali per la sanabilità dell'opera;
  • ove l'immobile edificato ricada in zona vincolata, il tipo di vincolo esistente nonché la sussistenza dei requisiti volumetrici o di destinazione assentibili.

Nel caso in esame il giudice della esecuzione non ha assolto a tale dovere e non ha operato la valutazione demandatagli dal giudice remittente, in quanto la motivazione dell'ordinanza impugnata riporta per intero la sentenza del Tar e si limita nella parte finale ad affermare di condividerne il contenuto.

Non vi è stata, dunque, da parte del giudice investito della verifica della legittimità del provvedimento di sanatoria una autonoma valutazione, ma solo una pedissequa ripetizione delle argomentazioni svolte dal giudice amministrativo.

L'acquisizione gratuita al patrimonio comunale

Ai sensi dell'art. 31, comma 3 del d.P.R. n. 380/2001, l'ingiustificata inottemperanza all'ordine di demolizione dell'opera abusiva ed alla rinnessione in pristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dalla notifica dell'ingiunzione a demolire emessa dall'Autorità amministrativa determina l'automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'opera e dell'area pertinente, che si verifica ope legis e cioè indipendentemente dalla notifica all'interessato dell'accertamento formale dell'inottemperanza, il quale costituisce titolo necessario solo all'immissione in possesso dell'ente locale ed alla trascrizione nei registri immobiliari ai fini della necessaria pubblicità.

Il procedimento di acquisizione, dunque, non si snoda attraverso più fasi nel senso indicato dal Tar, ma si compie per effetto della scadenza del suddetto termine decorrente dalla notifica dell'ingiunzione a demolire. Una volta verificatasi l'acquisizione del bene al patrimonio del comune, l'ex proprietario perde qualsiasi potere di disposizione, nonché ogni diritto reale sull'immobile. Ne consegue che dovrà essere verificata la qualità di proprietario da parte del soggetto istante all'atto della presentazione della domanda di condono, dovendosi considerare illegittimo il permesso rilasciato nei confronti di chi avesse già perso la titolarità del bene, in quanto rilasciato a soggetto non legittimato a presentare la relativa istanza.

Così è deciso, l'udienza è tolta.

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