Demolizione e ricostruzione: la Cassazione sulla definizione dell'intervento

Il Testo Unico Edilizia definisce i casi di ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione con alcuni "paletti" in caso di demolizione e ricostruzione. Ne parla la Cassazione

di Gianluca Oreto - 08/06/2022

Quando si parla le parole hanno sempre un peso. Figuriamoci quando gli argomenti sono di natura tecnica e coinvolgono normative edilizie e fiscali. Negli ultimi 12 mesi si è parlato tanto dell'intervento di demolizione e ricostruzione che, in virtù di alcune caratteristiche, può rientrare nella definizione di ristrutturazione edilizia o di nuova costruzione, così come previsto all'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Demolizione e ricostruzione

Si è parlato tanto di questo intervento soprattutto dopo la nascita del sismabonus ed in particolare del superbonus 110% che consentono l'utilizzo di queste detrazioni fiscali solo se l'intervento di demolizione e ricostruzione rientri nella definizione di "ristrutturazione edilizia".

E la lettera d), comma 1, art. 3 del Testo Unico Edilizia che definisce la ristrutturazione edilizia è più volte cambiata negli ultimi anni per dar spazio all'intervento di demolizione e ricostruzione. Dopo le ultime modifiche arrivate dall'art. 10, comma 1, lettera b), del D.L. n. 76/2020 (Decreto Semplificazioni) e dall'art. 28, comma 5-bis, lettera a), del D.L. n. 17/2022 (Decreto Bollette), l'attuale definizione di ristrutturazione edilizia recita:

"interventi di ristrutturazione edilizia, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l’eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ad eccezione degli edifici situati in aree tutelate ai sensi dell’articolo 142 del medesimo decreto legislativo, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria".

La parte evidenziata prevede di fare molta attenzione alla preesistenza di vincoli di cui al Codice dei beni culturali perché in questo caso, fatta esclusione di quelli di cui all'art. 142 del D.Lgs. n. 42/2004, la demoricostruzione per rientrare nella definizione di ristrutturazione edilizia deve essere fedele come sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non può prevedere ampliamenti volumetrici.

L'ordinanza della Cassazione

Sul tema è molto interessante rilevare l'ordinanza della Cassazione 6 giugno 2022, n. 18021. Tralasciando il caso di specie, che tratta anche la validità e il regime temporale da applicare nelle varie versioni delle norme edilizie, è molto singolare una parte dell'ordinanza in cui è scritto:

La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel ravvisare una "ricostruzione" quando l'opera di modifica dell'edificio preesistente si traduce non soltanto nell'esatto ripristino della costruzione precedente ma anche in qualsiasi modificazione della volumetria dell'edificio preesistente che ne comporti un aumento della volumetria.

In questa parte, sostanzialmente la Cassazione ammette un principio chiave: anche se di tratta di modificare l'edificio preesistente con un aumento di volumetria, si tratta sempre di "ricostruzione". E pensando bene le parole, ricostruzione non vuol dire nuova costruzione, con tutte le conseguenze del caso.

Passare a nuova costruzione significa perdere, infatti, qualsiasi diritto di accedere alle detrazioni fiscali edilizie concesse dallo Stato la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente (che nella demoricostruzione dovrebbero trovare il suo intervento più "significativo").

Poi però i giudici di Cassazione puntualizzano:

E’ stato chiarito che è ravvisabile la "ricostruzione” nei casi in cui dell'edificio preesistente siano venute meno le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, per evento naturale o per volontaria demolizione, con aumento della volumetria. Dalla nuova costruzione va tenuta distinta la ristrutturazione, che si traduce in un intervento di ripristino dell’edificio preesistente, che riguardi modificazioni esclusivamente interne, senza alterazioni delle sue componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali e la copertura.

Ciò che rileva ai fini della distinzione tra nuova costruzione e ristrutturazione è che non vi sia un aumento di volumetria o modificazione nella sagoma di ingombro.

E’ vero che nell’indagine da svolgere non è vincolante il nomen iuris attribuito alle parti dal titolo abitativo ma il contenuto del titolo è idoneo ad individuare la tipologia dell’intervento.

Qui, con una vera e propria giravolta, ammette che dalla nuova costruzione vada tenuta distinta la ristrutturazione, che si traduce in un intervento di ripristino dell’edificio preesistente, che riguardi modificazioni esclusivamente interne, senza alterazioni delle sue componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali e la copertura.

Conclusioni

Si potrebbero trarre molte conclusioni sull'incartamento della normativa edilizia, fiscale e nell'interpretazione spesso biunivoca dei tribunali. Resta sempre il dubbio che non si vogliano comprendere gli aspetti principali:

  • la demolizione e ricostruzione è sempre un intervento di rigenerazione urbana da incentivare;
  • quello delle eventuali modifiche all'edificio preesistente non è un problema edilizio né urbanistico ma riguarda solo e soltanto le "possibilità" offerte dal Codice dei beni culturali;
  • se la Soprintendenza autorizza qualsiasi modifica, anche un aumento di volumetria, porsi il problema della definizione edilizia dimostra scarsissima visione.
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