Difformità, abusi e sanatoria edilizia 2023: tipologie e rimedi previsti

Guida alle difformità, abusi e possibilità di sanatoria contemplate all’interno del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia)

di Gianluca Oreto - 01/02/2023

Cominciamo questo approfondimento con un presupposto fondamentale: non tutte le difformità edilizie possono essere trattate nello stesso modo. La medesima difformità produce effetti diversi in funzione del contesto in cui è inserita.

Difformità edilizie

Partendo da questo presupposto è poi necessario individuare le tipologie di difformità edilizie presenti all’interno del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) ed in particolare nella Parte I - Attività edilizia, Titolo IV - Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, responsabilità e sanzioni, Capo II - Sanzioni:

  • lottizzazione abusiva;
  • interventi eseguiti in assenza di concessione, in totale difformità o con variazioni essenziali;
  • interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
  • interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
  • interventi abusivi realizzati su suoli di proprietà dello stato o di enti pubblici;
  • interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività;
  • interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato.

Da una prima lettura di questa parte del Testo Unico Edilizia è possibile ricavare il primo assunto: si parla di abusi edilizi solo nel caso di opere realizzate in assenza di permesso di costruire o di SCIA pesante. In questi casi è poi possibile individuare due diverse tipologie di abuso:

  • sostanziali;
  • formali.

Nel primo caso l’abuso è sanabile solo e soltanto in caso di demolizione e ripristino dello stato legittimo (o di fiscalizzazione dell’abuso che in alcuni casi non ha un effetto sanante). Nel secondo, invece, siamo in presenza di un intervento che presenta la cosiddetta doppia conformità e che quindi può essere sanato mediante l’istituto dell’accertamento di conformità. L’accertamento di conformità può essere utilizzato nel caso in cui l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.

Autorizzazioni, nulla osta, vincoli, documentazione...

Tutto qui? Assolutamente no, sarebbe troppo semplice! Benché si parli di abuso edilizio solo in caso di interventi che avrebbero richiesto di permesso di costruire o SCIA pesante, è anche bene ricordare che il territorio italiano è pieno di vincoli di diversa natura che limitano l’attività edilizia anche libera o soggetta a CILA e SCIA leggera.

Facciamo un esempio pratico prendendo in considerazione uno degli elementi edilizi più dibattuti nella giurisprudenza: la pergotenda.

La pergotenda è una struttura edilizia leggera, un elemento di arredo esterno di modeste dimensioni che non modifica la destinazione d’uso degli spazi esterni ed è facilmente ed immediatamente rimovibile. La pergotenda è inserita nell’allegato Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti 2 marzo 2018 tra gli elementi di cui all’art. 6, comma 1, lett. e- quinquies del Testo Unico Edilizia, quindi edilizia libera.

Ma, è sempre così? può essere contata senza alcun problema?

Come anticipato, il nostro territorio è regolato da una serie di vincoli tra i quali quelli relativi:

  • al Codice dei beni culturali e del paesaggio;
  • al Codice della navigazione;
  • al Codice della strada;
  • alle norme sanitarie;
  • ai piani regolatori e regolamenti edilizi.

Una pergotenda può essere “edilizia libera” nel caso in cui non esiste alcun vincolo, ma potrebbe essere attività inibita dal Regolamento edilizio comunale o dal Codice dei beni culturali o per la quale è necessaria preventiva autorizzazione.

Tolleranze costruttive e variazioni essenziali

Prendiamo adesso in esame le tipologie di difformità che possono andare dalle semplici (e non sanzionabili) tolleranze costruttive, agli interventi realizzati in assenza di permesso di costruire o SCIA pesante.

Nel mezzo esistono:

  • le parziali difformità;
  • le totali difformità;
  • le variazioni essenziali;
  • la ristrutturazione in assenza di permesso di costruire o in totale difformità.

Il concetto di tolleranza costruttiva è stato introdotto con l’art. 10, comma 1, lettera p) del D.L. n. 76/2020 (Decreto Semplificazioni) che ha aggiunto l’art. 34-bis al d.P.R. n. 380/2001. In particolare, si parla di tolleranza costruttiva nel caso di differenze di altezza, distacchi, cubatura, superficie coperta ed ogni altro parametro delle singole unità immobiliari, contenute entro il limite del 2% delle misure previste nel titolo abilitativo.

Per quanto riguarda le variazioni essenziali, queste sono definite a livello regionale e si basano sui seguenti parametri:

  • mutamento d’uso;
  • aumento cubatura/superficie;
  • modifiche parametri urbanistici/edilizi o localizzazione;
  • mutamento caratteristiche intervento;
  • violazione norme antisismiche.

Non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.

A titolo d’esempio, con l’art. 17 della Legge Regione Lazio n. 15/2008 si ha una variazione essenziale quando:

  • il mutamento della destinazione d'uso implichi variazione degli standard previsti dal d.m. lavori pubblici 2 aprile 1968 - mutamento delle destinazioni d'uso, con o senza opere a ciò preordinate, quando per lo stesso è richiesto, ai sensi dell'articolo 7, terzo comma, della L.R. n. 36/1987, il permesso di costruire;
  • vi è un aumento superiore al 2% del volume o della superficie lorda complessiva del fabbricato;
  • vengono modificati i parametri urbanistici/edilizi o localizzazione:
    • modifica dell'altezza quando, rispetto al progetto approvato, questa sia superiore al 10 per cento, sempre che rimanga inalterato il numero dei piani;
    • modifica della sagoma quando la sovrapposizione di quella autorizzata, rispetto a quella realizzata in variante, dia un'area oggetto di variazione, in debordamento od in rientranza, superiore al 10 per cento della sagoma stessa;
    • modifica della localizzazione quando la sovrapposizione della sagoma a terra dell'edificio autorizzato e di quello realizzato, per effetto di rotazione o traslazione di questo, sia inferiore al 50 per cento;
  • mutamento caratteristiche intervento: mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito in relazione alla classificazione dell'articolo 3 del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche.

Sanzioni alternative: la fiscalizzazione dell'abuso edilizio

Come anticipato, il testo unico edilizia prevede la cosiddetta fiscalizzazione dell’abuso, limitata solo in alcuni casi e con effetti diversi sullo stato legittimo dell’immobile. La pubblica amministrazione, a suo insindacabile giudizio (motivato) può prevedere il pagamento di una sanzione alternativa alla demolizione. Possibilità contemplata nei seguenti articoli del Testo Unico Edilizia:

  • Art. 33 - Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità
  • Art. 34 - Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire
  • Art. 38 - Interventi eseguiti in base a permesso annullato

Con l'art. 38 prevede espressamente (al comma 2) che l'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria (l'abuso diventa effettivamente "sanato"). Con gli articoli 33 e 34, invece, l'abuso diventa "tollerato" ma l'immobile continua a versare in uno stato di non legittimità edilizia, con evidenti effetti sulle possibilità (ad esempio) di utilizzo delle detrazioni fiscali in caso di interventi di manutenzione e ristrutturazione (leggasi l'art. 49 del d.P.R. n. 380/2001).

La fiscalizzazione dell'abuso con effetti sananti viene decisa, qualora sulla base di motivata valutazione non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, nel caso di:

  • interventi eseguiti in base a permesso annullato;
  • di interventi edilizi realizzati sulla base di una SCIA pesante (art. 23, comma 01 del Testo Unico Edilizia), in caso di accertamento dell'inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo.

La possibilità di evitare la demolizione dell’immobile irrogando una sanzione pecuniaria è possibile in due distinti casi:

  • qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative;
  • qualora non risulti possibile la restituzione in pristino.

Il primo di tali requisiti (l’impossibilità di rimuovere i vizi delle procedure amministrative) è stato oggetto di una pronuncia dell’Adunanza Plenaria con la quale è stato chiarito che:

I vizi cui fa riferimento l'art. 38, t.u. edilizia, approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall'amministrazione, risultino di impossibile rimozione”.

La norma, dunque, intende fare riferimento all’ipotesi in cui il titolo edilizio sia stato annullato per vizi formali o procedurali non emendabili ai sensi dell’art 21-nonies, comma 2 della Legge n. 241/90. In tal caso, stante la sostanziale legittimità dell’opera, l’amministrazione deve procedere alla fiscalizzazione dell’abuso evitando la demolizione.

Qualora il permesso di costruire sia stato annullato per vizi sostanziali, la fiscalizzazione dell’abuso è consentita solo nel caso in cui la restituzione in pristino risulti impossibile. Relativamente all’individuazione delle ipotesi che rendono impossibile la riduzione in pristino, la giurisprudenza ha chiarito che “Nell'ambito delle conseguenze agli illeciti edilizi, deve rilevarsi come l'impossibilità di riduzione in pristino non possa che essere di ordine squisitamente tecnico costruttivo; diversamente opinando, l'art. 38 d.P.R. 380/2001 si presterebbe a letture strumentali, consentendo sanatorie 'ex officio' di abusi attraverso lo strumento dell'annullamento in autotutela del titolo edilizio originario”.

La riduzione in pristino, pertanto, deve risultare impraticabile alla luce di una valutazione tecnica e non di una ponderazione dei vari interessi in gioco, fra cui l’affidamento del privato nella legittimità delle opere.

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