Direttiva Green: prime applicazioni della EPBD in edilizia

La Direttiva punta alla riduzione di emissioni e consumi energetici. Vediamo l'impatto sul settore edilizio: edifici NZCB, le differenze con gli edifici NZEB, i principali consumi e gli interventi attuabili

di Donatella Salamita - 23/05/2024

La Direttiva EPBD, più comunemente conosciuta con la definizione “direttiva Case Green”, entrerà in vigore a fine maggio dopo l’approvazione definitiva del Consiglio Europeo Ecofin avvenuta il 12 aprile 2024 e dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea dell'8 maggio 2024. Con essa è attesa la progressiva diminuzione del consumo medio di energia primaria degli immobili residenziali e l’incremento nell’utilizzo delle fonti rinnovabili, anche allo scopo di ammodernare il parco immobiliare, il riferimento è, in particolare, la decarbonizzazione, ovvero gli edifici a emissioni zero.

Riduzione consumi energetici e delle emissioni: gli obiettivi della Direttiva Green

Dall’entrata in vigore, gli Stati Membri dell’Unione Europea, tra i quali l’Italia, avranno due anni di tempo per la presentazione del Piano Nazionale nel quale illustrare modalità e strategie per il raggiungimento dei target consistenti nella riduzione dei consumi energetici entro l’anno 2050.

Oltre a introdurre nuovi requisiti minimi di prestazione energetica, le misure espressamente prevedono:

  • per gli immobili residenziali: ridurre il consumo energetico del 16% entro l’anno 2030, e del 20-22% entro l’anno 2035;
  • per le nuove costruzioni residenziali: a decorrere dall’anno 2030 che siano realizzati a emissioni zero;
  • per gli immobili con prestazioni energetiche peggiori: ristrutturarne almeno il 43% per ottenere una riduzione dei consumi pari al 55%;
  • per gli edifici pubblici di nuova realizzazione: a decorrere dall’anno 2028 che siano realizzati a emissioni zero.

Edifici a zero emissioni (NZCB) ed edifici a energia quasi zero (NZEB): le differenze

È utile accennare quali siano le più rilevanti differenze tra gli edifici e zero emissioni, NZCB, e gli edifici a energia quasi zero, NZEB:

Prima differenza, l’unità di misura utilizzata per definire la virtuosità dell’edificio:

  • per gli immobili NZEB si calcola la quantità di energia primaria consumata, espressa in kWh al mq annuo;
  • per gli immobili NZCB si calcola l’energia consumata dall’edificio tenuto conto del suo impatto sull’ambiente, quindi, si considera la quantità di anidride carbonica emessa per produrre energia nell’edificio, espressa in Kg al metro quadro annuo di CO2.

Si parla di edifici a emissioni zero se questi sono in grado di limitare al massimo le emissioni di CO2 riconducibili alla produzione dell’energia consumata, inoltre, rispetto agli NZEB “nascono” in anni più recenti e sono maggiormente legati al settore edile e al contributo alla transizione ecologica per raggiungere modelli che possano avere un impatto climatico pari a zero. La loro peculiarità risiede, quindi, sia nella tipologia di energia consumata e sia nel loro impatto nell’ambiente dipartendosi, da ciò, l’”appello” all’uso dell’energia rinnovabile, in quanto prodotta in modo sostenibile e a basso impatto ambientale, non necessariamente in situ, favorendo essenzialmente il raffrescamento passivo, l’isolamento termico, le soluzioni impiantistiche efficienti e lo sfruttamento delle risorse locali.

Con l’ufficializzazione degli edifici a zero emissioni, nell’anno 2019 e nell’anno 2020 sono state istituite alcune coalizioni internazionali, tra le quali la Zero “Carbon Buildings for All” e la “Net Zero Carbon Buildings Commitment” con finalità similari alla Direttiva Case Green, ovvero prestabilire quali siano gli obiettivi in materia di clima e di energia.

L’impatto degli edifici sull’ambiente

Per la determinazione dell’impatto sull’ambiente esistono vari strumenti, ad esempio il Life Cycle Assessment (LCA), che calcola l’impatto del ciclo di vita dell’edificio, e un metodo per poter quantificare la virtuosità dell’immobile attraverso protocolli e marchi di certificazione. Tra questi il protocollo LEED, il protocollo ITACA e alcuni sistemi che attribuiscono un punteggio per la valutazione complessiva, consentendo, oltremodo, di esaminare ogni singola caratteristica dell’involucro edilizio, dall’utilizzo delle fonti rinnovabili al consumo energetico, alla tipologia dei materiali di cui si compone.

Il tema delle emissioni è rilevante anche in correlazione al ciclo di vita dell’immobile, dalla corretta identificazione dei materiali, portando a scelte finalizzate a ridurre il consumo di risorse e di gas climalteranti sin dalla fase di costruzione, successivamente durante l’utilizzo per chiudere a fine vita.

Gli edifici a emissioni zero sono peraltro immobili subordinati alla quantificazione dell’impronta di carbonio, per la quale sono vigenti norme tecniche specifiche, ad esempio:

  • la ISO 14067 “Carbon Footprint di prodotto CFP” per il rilascio della Certificazione da parte di un Organismo accreditato ed il metodo valutativo del ciclo di vita “LCA”;
  • la ISO 14064-1 per la quantificazione e la rendicontazione del gas ad effetto serra Carbon Footprint di Organizzazione CFO.

Analisi del ciclo di vita dell’edificio: consumi e regole progettuali

Attraverso tutte le fasi citate, ovvero dall’intervento edilizio, all’utilizzo nel tempo e sino alla dismissione o demolizione del manufatto edilizio, quindi il trattamento di fine vita delle componenti, si utilizza un metodo che permette di stabilire quali siano le implicazioni ambientali del settore e quali siano i benefici dovuti a determinate tecnologie costruttive.

Questo tipo di studio-approfondimento mira a giungere al processo di decarbonizzazione e in questo senso i metodi utilizzati analizzano quanto attiene il carbonio incorporato nell’involucro edilizio, nei materiali medesimi e nei vari processi.

Incentrandosi sulla riduzione dei livelli delle emissioni e perseguendo gli obiettivi per la transizione ecologica e la mitigazione climatica, il settore edile rappresenta l’ambito che maggiormente può contribuire agli obiettivi “zero emissioni” e, contestualmente, prevenire anche gli effetti negativi dei cambiamenti climatici.

I principali consumi degli edifici

I principali consumi degli edifici sono imputabili al loro utilizzo durante il ciclo di vita, in particolare al riscaldamento, al raffrescamento, alla produzione di acqua calda sanitaria e all’elettricità richiesta.

La valutazione è importante, anche dal punto di vista ambientale e soprattutto durante le fasi progettuali e di cantiere, in maniera tale da ridurre l’impatto dei materiali utilizzati. Si tratta di un aspetto che non riguarda solo le nuove edificazioni, ma coinvolge anche gli interventi di ristrutturazione, di manutenzione straordinaria e di riqualificazione degli edifici esistenti appartenenti al patrimonio edilizio italiano.

La progettazione stessa dell’edificio deve minimizzare i consumi legati al riscaldamento invernale e al raffrescamento estivo, così come quelli relativi alla produzione di acqua calda sanitaria o all’utilizzo dell’energia elettrica occorrente per il funzionamento degli elettrodomestici e l’illuminazione, la ventilazione per il ricambio di aria. Prova ne è il fatto che il patrimonio edilizio esistente, costruito per la maggior parte senza particolari tecniche di risparmio energetico, ha un consumo per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria che, attualmente, oscilla tra i 200 ed i 400 kWh/mq all’anno.

Gli interventi effettuabili per gli obiettivi della Direttiva Case Green

Per l’obiettivo fissato al 2050, saranno implementare le fonti rinnovabili, favorendo l’energia solare mediante l’installazione dei pannelli solari che saranno resi obbligatori tra il 2026 e il 2030 nelle nuove costruzioni a destinazione residenziale e non.

Tra gli interventi edili realizzabili figurano l’isolamento termico che porti ad eliminare la dispersione di calore durante l’inverno e il suo ingresso nell’edificio durante l’estate, così come la sostituzione degli infissi esistenti. In relazione agli impianti, il miglioramento delle prestazioni verrà affidato alla domotica (o building automation), che ne consente la regolazione automatica, anche a distanza, con notevole riduzione dei consumi laddove riguardino l’illuminazione e la climatizzazione invernale e estiva.

Ed è ancora in tema di contenimento del consumo energetico che tra le opere di maggior rilevanza figurano i cosiddetti impianti “ibridi”, come le pompe di calore utilizzate in modo combinato con l’impianto fotovoltaico, che a sua volta alimenta anche l’impianto elettrico.

Infine, tra le ulteriori indicazioni della EPBD emerge l’abolizione della classica caldaia a gas, con lo stop agli incentivi dal 2025 e lo stop alla commercializzazione dal 2040, che determineranno la graduale dismissione e la sostituzione con caldaie a condensazione o con pompe di calore, più performanti dal punto di vista dell’efficienza energetica e della riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

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