Distanza edifici in fondi finitimi: limite consentito

Il Consiglio di Stato ricorda che nella valutazione della distanza minima tra edifici va considerato anche l'art. 873 del codice civile

di Redazione tecnica - 26/10/2021

Distanza minima tra edifici in fondi confinanti: esistono delle deroghe a quanto previsto dall’art. 873 del codice civile? Ne parla il Consiglio di Stato nella sentenza n. 7016/2021, riguardante proprio il ricorso presentato contro l’annullamento di un permesso di costruire per violazione delle distanze minime.

Distanza minima tra edifici in fondi finitimi: cosa dice il Consiglio di Stato

Si tratta di un caso abbastanza frequente e che nella fattispecie ha origine dall'annullamento in autotutela di un permesso di costruire, rilasciato da un’Amministrazione Comunale per l’ampliamento di un fabbricato ad uso residenziale ai sensi dell’art. 4 della legge regionale della Campania n. 19/2009. 
Tale annullamento in autotutela è stato disposto per mancanza dell’atto di assenso dei confinanti in merito alla deroga alla distanza minima di 5 metri dal confine, con conseguente ordinanza di demolizione, rimasta inoppugnata.

Al suo posto è stata invece presentata una nuova proposta progettuale, a seguito dell’intervenuta modifica del regolamento edilizio comunale in materia di distanze minime tra edifici, che consente “l’edificazione in aderenza e/o sul confine”, ad eccezione delle zone agricole, ai sensi dell’art. 4 della legge regionale sul piano casa.”

Anche tale permesso è stato stato impugnato perché:

  • il Comune ha rilasciato un permesso di costruire per opere già realizzate, senza che esistesse la “doppia conformità” ex art. 36 del DP.R. n. 380/2001;
  •  il regolamento edilizio comunale è stato modificato ponendosi in contrasto con la disciplina codicistica – di rango primario – sulle distanze minime tra edifici ai sensi dell’art. 873 c.c.;

il Comune non ha considerato che l’area in esame ricade in zona agricola, con conseguente impossibilità di applicare la nuova disciplina del regolamento edilizio comunale, che appunto prevede l’eccezione delle zone agricole.

Il Tar ha quindi accolto il ricorso e contro la sentenza di illegittimità del permesso di costruire è stato fatto appello al Consiglio di Stato.

La distanza minima tra edifici deve considerare il disposto del codice civile 


Palazzo Spada ha quindi rilevato che  il Comune non ha nemmeno agito nel rispetto dell’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001, motivando il nuovo permesso di costruire unicamente sulla intervenuta modifica del r.u.e.c., che consente l’edificazione “sul confine” a prescindere dalla distanza minima dal fondo finitimo.

Tale norma risulta in contrasto con la disciplina statale di cui all’art. 873 c.c., ove si afferma il diverso principio secondo cui le costruzioni su fondi finitimi o sono “unite o aderenti”, oppure devono essere tenute ad una distanza “non minore di tre metri”.
Di conseguenza risulta illegittimo il modus procedendi seguito dal Comune che ha erroneamente rilasciato il nuovo permesso di costruire.

Inoltre, con riferimento alla deroga prevista dall’art. 4 della legge regionale della Campania n. 19/2009 sul “piano casa” il Consiglio di Stato precisa che: “Se tale disposizione ammette l’ampliamento a fini abitativi degli edifici esistenti nel limite del venti per cento della volumetria esistente in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, è da tener fermo che la deroga non può operare con riferimento a indici e parametri stabiliti in via diretta, o in via integrativa regolamentare, dalla legislazione statale, sia essa costituita dalle disposizioni del codice civile (art. 873 cod. civ.) che da quelle di cui al d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, […]”, dal momento che “la disciplina delle distanze attiene anche alla materia dell’ordinamento civile, ossia dei rapporti giuridici interprivati, riservata allo Stato, sicché la competenza legislativa regionale concorrente afferente al governo del territorio è legittima soltanto se e in quanto la deroga alle distanze sia riferita ai medesimi presupposti previsti dalla normativa statale ”.

Di conseguenza, fermo restando che la disciplina regionale sul “piano casa” non è idonea a derogare alla normativa codicistica sulle distanze minime tra edifici, l’intervento non era conforme: quindi anche l’appello è stato respinto, confermando la violazione di distanza minima tra edifici in fondi finitimi.

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