Edilizia privata e DIA: l'annullamento in autotutela

Il TAR Sardegna chiarisce in che modo l'amministrazione comunale deve procedere per l'annullamento in autotutela di una DIA

di Giorgio Vaiana - 06/07/2021

Prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 222/2016, gli articoli 22 e 23 del DPR n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) prevedevano la possibilità di avviare l'attività edilizia mediante presentazione di denuncia di inizio attività (DIA). In particolare, gli interventi non riconducibili agli articoli 6 (edilizia libera) e 10 (permesso di costruire) potevano essere avviati 30 giorni dopo la presentazione della DIA.

Dalla DIA alla SCIA

A seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 222/2016 (c.d. Decreto SCIA) la DIA è stata sostituita con la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) ed è stato introdotta la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA).

Tornando alla DIA, questa andava (in alcune Regioni va ancora) presentata allo sportello unico edilizia (SUE) unitamente ad una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseverino la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici adottati o approvati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.

Ma cosa accade se dopo 30 giorni, in cui si è formato il silenzio-assenso, il SUE decide per l'annullamento in autotutela della DIA?

Speciale Testo Unico Edilizia

Edilizia privata e DIA: il TAR sull'annullamento in autotutela

A rispondere a questa domanda ci pensa il TAR Sardegna con la sentenza n. 465/2021 resa in riferimento ad una battaglia legale tra cittadino e amministrazione. Entrando nel dettaglio, i proprietari di un fabbricato avevano presentato una DIA al comune per l'ampliamento previsto dal piano casa. I lavori iniziavano regolarmente. E solo al termine di questi, l'amministrazione comunale notificava ai due proprietari l'avvio del procedimento in autotutela della DIA. Per i proprietari, però, l'atto sarebbe nullo, in quanto il Comune non riusciva a spiegare le ragioni attuali e concrete di interesse pubblico per l'annullamento.

L'onere della motivazione

Su questo argomento si sono espressi molti tribunali. In ultimo, la sentenza dell'adunanza plenaria (n. 8/2017) che ha fatto scuola ed è quella su cui si sono basati i giudici del Tar Sardegna per decidere. In pratica, si legge, "per la pubblica amministrazione che intervenga in via di autotutela su un titolo abilitativo, sussiste l'onere di motivare puntualmente in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione dell'atto, tenendo altresì conto dell'interesse del destinatario al mantenimento dei relativi effetti". La decisione della plenaria "evidenzia come l’adesione alla tesi dell’interesse pubblico si ponga in contrasto con la acclarata natura discrezionale del potere di autoannullamento, che finirebbe nei fatti per essere vincolato, nonché con la ricostruzione dei rapporti tra privato e pubblica amministrazione non più in termini di supremazia, bensì di dialogo tra il perseguimento dell’interesse pubblico e la tutela e garanzia degli interessi privati, nonché della certezza delle situazioni giuridiche".

L'onere della motivazione

I giudici la definiscono "funzione garantistica della motivazione" perché, dicono, è necessario che "l’amministrazione assolva integralmente all’onere motivazionale in ordine al giudizio di bilanciamento compiuto, essendo l’unico elemento che consente al privato di vedersi riconosciuta una effettiva e piena possibilità di tutela giurisdizionale. Limitare la motivazione al semplice richiamo di esigenza di ripristino della legalità violata, significherebbe, in fondo, determinare a priori quale sia l’interesse pubblico concreto, che, al contrario, può essere determinato solo a valle dell’attività di acquisizione dei fatti e interessi rilevanti".

Non basta, quindi, per i giudici annullare una DIA in base alla sussistenza di un interesse pubblico genericamente menzionato. Per questo i due proprietari hanno ragione quando affermano dell'omessa motivazione in merito all'interesse pubblico per l'annullamento in autotutela del titolo edilizio. Il ricorso dunque è stato accolto.

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