Espropriazioni: lucro cessante e mancato reddito

Un'analisi sulle possibili indennità previste dalla legge in relazione all’ablazione del bene espropriato

di Corrado Brancati - 06/04/2022

Quali sono le indennità previste dal D.P.R. n. 327/2001?

Il sistema indennitario previsto dal dpr 327/2001 in tema di espropriazioni per pubblica utilità è un sistema chiuso. La giurisprudenza ritiene quindi indennizzabili solo i valori espressamente previsti dalla normativa di legge.

Le possibili indennità in favore dell’espropriato previste dal legislatore sono quindi racchiuse negli artt. 37 e 40 dpr 327/2001 che sanciscono il corrispettivo di un indennizzo in relazione all’ablazione del bene espropriato. L’indennizzo pertanto va a remunerare il valore di mercato del bene fatto oggetto di esproprio.

A tale indennità base può poi essere aggiunto il valore dei manufatti e dei soprassuoli presenti sul bene espropriato. Un’indennità aggiuntiva è infine riconosciuta in favore del proprietario coltivatore del fondo per compensare la sua perdita di occasione di lavoro

Le svalutazioni ex art. 33 e 44 D.P.R. n. 327/2001

Il testo unico espropri amplia il contesto indennitario sopradescritto, prevedendo all’art. 33 che l’indennità di espropriazione debba compensare non solo il mero valore del bene espropriato, ma altresì la perdita di valore della porzione residua lasciata al proprietario, ove ovviamente una perdita di valore sia configurabile in relazione alla unitarietà economica e funzionale sussistente tra porzione espropriata e porzione residua.

A sua volta l’art. 44 stabilisce la possibilità di un indennizzo in favore di quei beni che, pur non essendo soggetti ad esproprio vedano però una permanente compressione del loro valore in ragione della realizzazione dell’opera pubblica.

È possibile un indennizzo per la perdita di reddito?

Considerata l’esistenza di tale sistema indennitario chiuso, la giurisprudenza ha tradizionalmente escluso la possibilità di una remunerazione della perdita di possibilità di reddito e quindi la possibilità di indennizzare il lucro cessante.

Tale esclusione si rivela particolarmente significativa in relazione a tutti quei beni capaci di produrre reddito. Si pensi ad industrie, negozi o strutture ricettive il cui valore di avviamento, ovvero la loro capacità di produrre reddito è dal punto di vista economico un elemento del tutto difforme rispetto al valore di mercato dell’edificio in cui si trovano. Ebbene alla luce della normativa vigente in Italia lucro cessante e perdita di avviamento non sarebbero indennizzabili.

Tale posizione giurisprudenziale appare anche in contrasto con la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, viceversa, riconosce il diritto ad indennizzi di tal genere.

Un possibile spiraglio di apertura

Nella sentenza n. 7112/2020 la Suprema Corte torna sul delicato tema della perdita di lucro a seguito di un procedimento espropriativo. Nel caso di specie l’immobile, a seguito dell’esproprio subito, veniva a perdere la possibilità di essere comodamente posto in locazione.

La Suprema Corte torna a ribadire l’impossibilità, nell’ordinamento giuridico italiano, di una indennità di espropriazione che preveda al suo interno una voce per indennizzo della perdita di lucro cessante, in quanto tale forma risarcitoria non trova appigli all’interno del panorama normativo attuale.

La Suprema Corte, tuttavia, evidenzia come l’evento della perdita di utilizzabilità economica del bene a fini locativi, non sia affatto una fattispecie che non meriti una adeguata tutela da parte dell’ordinamento. Seppure infatti non risulta possibile riconoscere direttamente somme per la perdita economica da mancata locazione, tuttavia la vicenda può essere esaminata alla luce dell’art. 33 dpr 327/2001. L’esproprio parziale del bene, infatti, può condurre al riconoscimento di una indennità per perdita di valore dell’immobile, ove se ne riscontri l’impossibilità di locazione, o comunque di sfruttamento economico secondo la precedente destinazione.

Ciò che quindi andrà indennizzato, non sarà la perdita di lucro, ma la perdita di valore dell’immobile a seguito di una limitazione delle sue possibilità di utilizzazione economica.

Cassazione civile, sez. I , 12/03/2020 , n. 7112: “In tema di liquidazione dell’indennità ex art. 44 del d.P.R. n. 327 del 2001 (che ha sostituito l’ art. 46 della legge n. 2359 del 1865 ), il principio secondo il quale i danni permanenti derivanti dalla perdita o diminuzione del diritto sono quelli effettivamente ed oggettivamente prodotti all’immobile per il tempo in cui si è protratto l’evento lesivo, escluso ogni altro pregiudizio per lucro cessante, non osta a che il mancato reddito possa considerarsi nella valutazione dell’indennità, ma tale rilevanza può ammettersi non come lucro cessante bensì soltanto se sia derivata una reale perdita o diminuzione dell’immobile, anche se per perdita o diminuzione del valore locativo.”

Tale precedente può offrire un appiglio interpretativo che consenta di ampliare il principio espresso dalla Corte anche ad altri contesti. Si potrebbe allora ragionevolmente sostenere che il valore di un immobile contenente una attività commerciale non sia pari a quello di un qualsiasi immobile sfitto a destinazione commerciale, ma che assuma un valore immobiliare maggiore e speciale proprio in ragione dell'attività che nello stesso viene esercitata.

 

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