Gazebo: il Consiglio di Stato su demolizione, responsabilità e titolo edilizio

Dalla configurazione tipica che devono possedere i gazebo alle responsabilità nel caso di abuso edilizio trasferito per donazione

di Redazione tecnica - 10/09/2023

Tra gli elementi edilizi di più difficile inquadramento vi sono certamente i gazebo. Lo dimostrano i tanti ricorsi e sentenze della giustizia amministrativa che negli anni sono riusciti a definire le principali caratteristiche necessarie per ascriverlo all'interno di un intervento edilizio o un altro.

La configurazione tipica dei gazebo

Nella sua configurazione tipica, il gazebo è una struttura con le seguenti caratteristiche:

  • è una struttura leggera realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale;
  • non è aderente ad altro immobile;
  • è coperta nella parte superiore ed aperta ai lati;
  • può essere chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili.

Il Glossario dell'edilizia libera allegato al D.M. 2 marzo 2018 inserisce i gazebo tra gli interventi che vanno in edilizia libera solo in due casi specifici:

  • quando si tratta di installazione, riparazione, sostituzione e rinnovamento di gazebo di limitate dimensioni e non stabilmente infissi al suolo (art. 6, comma 1, lett. e-quinquies, d.P.R. n. 380/2001, c.d. Testo Unico Edilizia);
  • quando si tratta di installazione, manutenzione, riparazione e rimozione di gazebo che hanno l'obiettivo di soddisfare obiettivi ed esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni (art. 6, comma 1, lett. e-bis, d.P.R. n. 380/2001, c.d. Testo Unico Edilizia).

Nuovo caso al Consiglio di Stato

L'elemento edilizio "gazebo" è stato nuovamente affrontato dal Consiglio di Stato con la sentenza 30 agosto 2023, n. 8049 che ci consente di chiarire alcuni aspetti relativi:

  • alla condizioni necessarie per definire un elemento "gazebo";
  • al regime amministrativo;
  • alla responsabilità dell'abuso edilizio;
  • alla natura dell'ordine di demolizione.

Nel caso di specie, il ricorrente contesta una decisione del TAR che aveva confermato un'ordinanza con la quale era stata ingiunta la demolizione di un abuso edilizio. L'abuso in questione consisteva nella "realizzazione di una struttura in legno tipo gazebo con chiusura sul lato est effettuata con porte scorrevoli in vetro e alluminio, e su lato ovest poggiante sulla parete perimetrale del fabbricato. La struttura ha una forma di rettangolo irregolare delle dimensioni di circa metri 16,00 di lunghezza, una larghezza media di circa metri 4,80 ed un’altezza media di circa", eseguita in assenza del permesso di costruire.

In ricorso in secondo grado è affidato alle seguenti censure:

  • secondo il ricorrente la sentenza di primo grado avrebbe errato nella parte in cui ha ritenuto non fondato il primo motivo del ricorso di primo grado a mezzo del quale è stata denunciata l’illegittimità della gravata ordinanza di demolizione per difetto di legittimazione della sua destinataria, che all’epoca dell’adozione del provvedimento non sarebbe stata più proprietaria dell’immobile interessato dalle opere ritenute abusive;
  • la p.a. avrebbe mancato di dare comunicazione di avvio del procedimento e ciò avrebbe precluso alla destinataria di intervenire e relazionarsi con l’Amministrazione attraverso eventuali controdeduzioni e osservazioni che avrebbero consentito di mettere in evidenza il proprio difetto di legittimazione passiva;
  • l’Amministrazione non avrebbe esposto in modo sufficientemente esaustivo le motivazioni tese all’adozione del provvedimento;
  • non sussisterebbero i presupposti per disporre la demolizione dell’opera atteso che questa non necessitava di permesso di costruire ma al più di SCIA se non addirittura di CILA.

Il responsabile dell'abuso

Andando con ordine, il Consiglio di Stato ricorda l'art. 31, comma 2 del T.U. dell'edilizia a mente del quale viene previsto che l'ordinanza di demolizione sia ingiunta "al proprietario e al responsabile dell’abuso".

Nel porre tale disciplina, il legislatore ha inteso individuare quale soggetto passivo della demolizione il soggetto che ha il potere di rimuovere concretamente l'abuso. Costituisce, peraltro, jus receptum il principio secondo cui “il responsabile dell'abuso edilizio è sempre tenuto a risponderne, a nulla valendo la circostanza dell'avvenuta alienazione dell'immobile in cui il suddetto abuso è stato realizzato ai fini della configurazione di questo tipo di responsabilità”.

Ne discende che, nel caso di specie, il trasferimento della proprietà del manufatto non vale a minare la legittimità del provvedimento di demolizione, che non qualifica espressamente il destinatario come proprietario, essendo stato questo correttamente indirizzato dall’amministrazione al soggetto che poteva comunque ritenersi responsabile dell’abuso. Rimane, peraltro, irrilevante, l’avvenuta donazione che non esclude affatto che l’abuso sia stato realizzato dalla destinataria dell’ordinanza e nulla prova sulla datazione del medesimo.

Il procedimento e la natura dell'ordine di demolizione

Relativamente alla contestata omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, la giurisprudenza (come anche la sentenza di cui si scrive) ha più volte chiarito che l’ordinanza di demolizione costituisce espressione di un potere vincolato e doveroso in presenza dei requisiti richiesti dalla legge, rispetto al quale non è richiesto alcun apporto partecipativo del privato.

L'attività di repressione degli abusi edilizi, mediante l'ordinanza di demolizione, avendo natura vincolata, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, considerando che la partecipazione del privato al procedimento comunque non potrebbe determinare alcun esito diverso.

Dunque, al sussistere di opere abusive la pubblica amministrazione ha il dovere di adottare l'ordine di demolizione.

Non è, altresì, necessario che l’amministrazione individui un interesse pubblico – diverso dalle mere esigenze di ripristino della legalità violata – idonee a giustificare l’ordine di demolizione.

Gazebo: quale titolo edilizio?

Relativamente alla censura con cui parte appellante ritiene che l’opera realizzata non rientri fra quelle per le quali è necessario il previo ottenimento di un permesso di costruire, il Consiglio di Stato ha ricordato che per "gazebo" si intende, nella sua configurazione tipica, una struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili.

La giurisprudenza ha circoscritto la nozione di "manufatti leggeri" annoverabili nell'area dell’edilizia libera facendovi rientrare esclusivamente tende o gazebo che non abbiano autonomia funzionale e non realizzino uno spazio chiuso stabile.

Nel caso di specie l'oggetto della sentenza non risponde alle suddette caratteristiche, avendo portato alla realizzazione di una struttura chiusa tanto sul lato ovest (in quanto poggia sulla parete perimetrale del fabbricato) quanto su quello est (da porte scorrevoli e in alluminio).

Proprio per questo motivo, l'elemento definito gazebo (ma che avrebbe dovuto essere definito tettoia) avrebbe necessitato del rilascio di un permesso di costruire.

In definitiva l'appello è stato respinto e la demolizione confermata.

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