Gestione difformità edilizie: non chiamatelo condono

Il Ministro delle Infrastrutture ha anticipato la prossima approvazione di un pacchetto di norme per intervenire sulla casa e sanare le piccole difformità edilizie

di Gianluca Oreto - 10/04/2024

“Condono edilizio: cosa si può sanare e cosa no”, “Salvini e il condono edilizio: le ultime notizie sul Piano Casa 2025”, “Condono edilizio, Salvini vuole il decreto entro aprile”, “Le regole del condono edilizio”. Sono solo alcuni dei titoli più rilevanti degli articoli pubblicati negli ultimi giorni in merito alle recenti dichiarazioni del Ministro delle Infrastrutture sul “pacchetto di norme per intervenire sulla casa”, che hanno un minimo comune denominatore, la parola “condono edilizio”.

Sanatoria e condono: le differenze

Non volendo partecipare al tam tam mediatico che crea solo false aspettative, si ritiene opportuno (lo è per scrive) fornire alcuni chiarimenti soprattutto sulle differenze tra sanatoria e condono, spesso erroneamente confuse tra loro.

Preliminarmente occorre ricordare che da almeno 4 anni si parla di riforma del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) per renderlo compatibile con le diverse e rinnovate necessità del patrimonio edilizio, non più in linea con le logiche del 2001 (che a loro volta fanno riferimento a norme risalenti nel tempo).

Con le sue parole, il Ministro Matteo Salvini non ha parlato di riforma del testo unico edilizio ma di un pacchetto di norme che interverrà per sanare piccole difformità interne che non è possibile gestire con l’attuale quadro normativo (soprattutto in funzione della “doppia conformità edilizia e urbanistica”).

Non si è mai parlato, quindi, di condono edilizio, i cui presupposti sono completamente differenti dalla sanatoria.

Il condono edilizio è un istituto normativo che in 3 diverse finestre temporali e con 3 leggi speciali ha consentito l’ottenimento del permesso di costruire in sanatoria per gli interventi realizzati:

  • senza licenza o concessione edilizia o autorizzazione a costruire prescritte da norme di legge o di regolamento, ovvero in difformità dalle stesse;
  • in base a licenza o concessione edilizia o autorizzazione annullata, decaduta o comunque divenuta inefficace, ovvero nei cui confronti sia in corso procedimento di annullamento o di declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o amministrativa.

Il legislatore ha previsto la “pace edilizia” per gli abusi sostanziali con le seguenti 3 norme speciali:

  • la Legge 28 febbraio 1985, n. 47;
  • la Legge 23 dicembre 1994, n. 724;
  • Legge 24 novembre 2003, n. 326;

che a determinate condizioni hanno consentito il cosiddetto "condono edilizio" e quindi l'ottenimento del permesso di costruire in sanatoria.

Facciamo attenzione. Quando si parla di “condono edilizio”, spesso si associa questo istituto alla regolarizzazione “selvaggia” di qualsiasi costruzione abusiva. Considerazione assolutamente errata, in considerazione del fatto che il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è sempre stato subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso.

Oltretutto, con il secondo e terzo condono edilizio, il Legislatore ha inserito dei vincoli stringenti in riferimento:

  • alla percentuale di ampliamento del manufatto rispetto alla volumetria della costruzione originaria;
  • alla volumetria dell’ampliamento o della nuova costruzione abusiva.

Condizioni che, unite alla data di ultimazione dell’opera, hanno determinato il rigetto di molte istanze di condono, tanti (troppi) ricorsi e interventi della giustizia amministrativa.

Ciò che, però, dovrebbe essere ancora più chiaro (soprattutto alla luce dell’esperienza maturata con il superbonus) è che prevedere delle norme speciali a tempo, con orizzonti temporali limitati e senza alcuna pianificazione, determinerà un iper-lavoro dei professionisti che non potrà mai e poi mai essere supportato dall’attuale pubblica amministrazione.

Se l’obiettivo è, quindi, gestire diversamente le “piccole” difformità edilizie, non sarà una norma speciale e a tempo a raggiungerlo.

La sanatoria edilizia e la doppia conformità

Considerato che l’ultimo “condono edilizio” risale ormai al 2003, da oltre un ventennio per gestire le eventuali difformità edilizie occorre riferirsi alla normativa ordinaria, ovvero il d.P.R. n. 380/2001 che prevede alcune fattispecie.

Intanto, occorre ricordare che:

  • si parla di abuso da demolire solo in caso di intervento realizzato in assenza o difformità dal permesso di costruire (tutti gli interventi che avrebbero richiesto di CILA o SCIA possono sempre essere gestiti e regolarizzati);
  • esiste il concetto di tolleranza costruttiva secondo cui il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2% delle misure previste nel titolo abilitativo (tali tolleranze sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell’attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie).

Nel caso, invece, di intervento realizzato in assenza o difformità dal permesso di costruire o dalla c.d. “SCIA pesante” (SCIA alternativa al permesso di costruire) le possibilità di sanatoria passano dall’art. 36 del Testo Unico Edilizia, a mente del quale “fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”.

La doppia conformità è un istituto di protezione normativa nato per prevenire attività corruttive da parte della P.A., che risale addirittura alla prima legge sul condono edilizio (la Legge n. 47/1985) che all’art. 13 disponeva:

Fino alla scadenza del termine di cui all'articolo 7, terzo comma, per i casi di opere eseguite in assenza di concessione o in totale difformità o con variazioni essenziali, o dei termini stabiliti nell'ordinanza del sindaco di cui al primo comma dell'articolo 9, nonché, nei casi di parziale difformità, nel termine di cui al primo comma dell'articolo 12, ovvero nel caso di opere eseguite in assenza di autorizzazione ai sensi dell'articolo 10 e comunque fino alla irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell'abuso può ottenere la concessione o l'autorizzazione in sanatoria quando l'opera eseguita in assenza della concessione o autorizzazione è conforme agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati e non in contrasto con quelli adottati sia al momento della realizzazione dell'opera, sia al momento della presentazione della domanda.
Sulla richiesta di concessione o di autorizzazione in sanatoria il sindaco si pronuncia entro sessanta giorni, trascorsi i quali la richiesta si intende respinta.
Il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di concessione in misura doppia, ovvero, nei soli casi di gratuità della concessione a norma di legge, in misura pari a quella prevista dagli articoli 3, 5, 6 e 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
Per i casi di parziale difformità l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dalla concessione.
L'autorizzazione in sanatoria è subordinata al pagamento di una somma determinata dal sindaco nella misura da lire cinquecentomila a lire due milioni”.

È chiaro che la doppia conformità, soprattutto in funzione delle procedure previste per l’approvazione e modifica dei piani regolatori e regolamenti edilizi, non risulta più in linea con le nuove esigenze del patrimonio edilizio, vittima di decenni di attività edilizia “incontrollata” e su cui è ormai molto difficile (in determinati casi) demolire sic et simpliciter, preferendo molto spesso “nascondere la polvere sotto al tappeto”.

All’interno della doppia conformità occorre, altresì, considerare la preventiva autorizzazione sismica senza la quale, come ormai ha chiarito la Corte di Cassazione, è impossibile ottenere il permesso di costruire in sanatoria.

Le dichiarazioni del Ministro Salvini

In una nota pubblicata sul portale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministro Salvini ha anticipato qualche indiscrezione sul pacchetto di modifiche al Testo Unico Edilizia, affermando che “La ratio è tutelare i piccoli proprietari immobiliari che in molti casi attendono da decenni la regolarizzazione delle loro posizioni e che non riescono, spesso, a ristrutturare o vendere la propria casa. Allo stesso tempo deflazionare il lavoro degli uffici tecnici comunali, spesso sommersi dalle richieste di sanatorie. Alla luce della semplificazione e dell’efficienza amministrativa si è previsto anche di intervenire sulle procedure amministrative per garantire ai cittadini risposte certe in tempi certi”.

L’obiettivo di questo pacchetto di modifiche (che probabilmente rientreranno in un nuovo Decreto Legge in definizione entro aprile 2024) è, quindi, regolarizzare le piccole difformità o le irregolarità strutturali che interessano quasi l’80% del patrimonio immobiliare italiano. Nel dettaglio, le nuove misure dovrebbero consentire di regolarizzare:

  • le difformità di natura formale, legate alle incertezze interpretative della disciplina vigente;
  • le difformità edilizie “interne”, riguardanti singole unità immobiliari, a cui i proprietari hanno apportato lievi modifiche;
  • le difformità che potevano essere sanate all’epoca di realizzazione dell’intervento, ma non sanabili oggi a causa della disciplina della “doppia conformità” che non consente di conseguire il permesso o la segnalazione in sanatoria per moltissimi interventi, risalenti nel tempo;
  • i cambi di destinazione d’uso degli immobili tra categorie omogenee.

Pur non avendo ancora letto il testo normativo, è chiaro che non si tratterà di un nuovo condono edilizio ma di una modifica al d.P.R. n. 380/2001. E, francamente, di un nuovo condono edilizio (inteso come norma speciale e a tempo) nessuno dovrebbe avvertirne la necessità (la storia dovrebbe insegnare a non ripetere gli stessi errori).

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