Lavori edilizi non graditi? Non sempre si può fare ricorso

Il TAR Emilia ricorda che la vicinitas non è condizione che legittima automaticamente l’interesse ad agire

di Redazione tecnica - 12/01/2023

I tribunali amministrativi sono stracolmi di cause relative ad abusi edilizi e lo sarebbero ancor di più, se per qualunque intervento operato all’interno di un immobile, chiunque possa decidere di presentare un ricorso. Da questo punto di vista, la giustizia amministrativa ha posto un freno all’utilizzo della vicinitas, specificando chiaramente che la semplice “vicinanza” o contiguità non rappresentano in sé una condizione per potere richiedere l’annullamento di un titolo edilizio.

La vicinitas e l'interesse al ricorso: la sentenza del TAR

Lo conferma la sentenza n. 332/2022 del TAR Emilia Romagna che, in applicazione dei principi in materia di legittimazione all’impugnabilità dei titoli edilizi, ha ripreso i principi di diritto espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 22/2021.

Il caso in questione riguarda il ricorso presentato dal proprietario di un immobile situato in centro storico a seguito della realizzazione di lavori di recupero del sottotetto e di installazione di un ascensore all’interno di un altro condominio, posto in una strada adiacente. Secondo il ricorrente si sarebbe trattato di lavori di sopraelevazione e che il Comune aveva illegittimamente autorizzato. Inoltre spiegava di avere interesse a ricorrere in quanto la tipologia di lavori svolti avrebbe successivamente diminuito la propria privacy e creato una visuale differente, dovuta al cambiamento del profilo dei tetti.

L'accertamento delle condizioni per fare ricorso

Sulla questione, il TAR ha appunto richiamato la sentenza dell’A.P. n. 22/2021, nella quale è stato precisato che la mera c.d. vicinitas, intesa come vicinanza fisica del proprio terreno rispetto a quello oggetto dell’intervento edilizio contestato, non basta a dimostrare l’esistenza di un concreto ed attuale interesse a ricorrere, dovendosi affermare la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione ad agire e l’interesse al ricorso: di fatto, il Giudice è tenuto ad accertare, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambe.

In altri termini, secondo l’Adunanza Plenaria, la mera “vicinitas”, pur necessaria per dimostrare la legittimazione ad agire, non basta da sola a far ritenere ammissibile il ricorso di un soggetto avverso il titolo edilizio rilasciato per un’area nei confronti della quale egli vanta un rapporto di stabile collegamento.

Va anche verificato se esiste un vantaggio concreto ed attuale che il ricorrente potrebbe effettivamente trarre dalla caducazione del titolo edilizio contestato, interesse che va valutato non genericamente, ma tenuto conto delle specifiche censure esposte e concedendo al ricorrente la possibilità di precisarlo e comprovarlo nel corso del processo, in modo da evitare il compimento di attività giurisdizionali inutili, in contrasto con l’interesse pubblico all’efficienza ed efficacia del processo.

Applicando i principi al caso in esame, l’edificio del ricorrente non è confinante con quello del condominio controinteressato, e inoltre la parte interessata dall’ampliamento dista oltre 20 metri.

Sul punto, il ricorrente ha specificato che la “vicinitas” non può essere intesa in termini di mera contiguità materiale tra gli immobili, ma è necessario valutare l’esistenza di un collegamento stabile tra i due edifici alla luce non solo del dato “fisico” della distanza, ma anche della concreta destinazione degli immobili interessati e delle caratteristiche della zona di riferimento.

Spiega il TAR che questa tesi, pur astrattamente condivisibile, non regge in questo caso, tenendo conto:

  • della distanza considerevole e non minima tra i due edifici interessati;
  • della collocazione dei due immobili nell’ambito del centro storico, caratterizzato da una molteplicità di edifici con caratteristiche diverse, siti in spazi circoscritti.

Una simile configurazione spaziale rende necessario fornire una lettura mirata della “vicinitas” necessaria per radicare la legittimazione ad agire contro gli altrui titoli edilizi, al fine di evitare il proliferare di giudizi a fronte di ogni intervento che arrechi ad uno degli immobili dell’intero quartiere modifiche anche minime, spesso finalizzate al miglioramento della vivibilità e delle condizioni dell’edificio, a fronte della frequente vetustà degli stabili inseriti nei centri storici.

La vicinitas e l'interesse ad agire

In riferimento all’interesse ad agire, il ricorrente ha allegato un duplice profilo di danno che sarebbe derivato dall’intervento edilizio posto in essere dal Condominio: da un lato, ha lamentato un peggioramento nella propria privacy, dall’altro un impatto ambientale di notevole invasione visiva, tale da modificare completamente il profilo dei tetti nella zona interessata.

Tuttavia, com’è emerso dalla relazione tecnica, la parte più vicina tra i due edifici non è quella interessata dalle modifiche, per cui le condizioni non sono cambiate. Allo stesso modo, il condominio controintressato aveva già un’altezza maggiore, per cui secondo il Collegio non c’è nessun interesse tutelabile nel ricorso presentato. Il richiamo alla modifica del profilo dei tetti in un centro storico già comunque caratterizzato da stabili con altezze disomogenee e coperture dalle diverse forme, nel quale quindi manca una coerenza sia altimetrica che architettonica del profilo dei tetti, non può costituire motivo ammissibile per l’impugnazione.

Il ricorso è stato dunque dichiarato inammissibile, per mancanza di legittimazione ad agire e  di interesse al ricorso

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