lo Hobbit: fuggite sciocchi

Ci sono tre modi per giudicare "lo Hobbit", non solo in questo "ultimo atto", ma nella sua intera trilogia: il modo e la visione del Fan, e la visione del "c...

16/01/2015
Ci sono tre modi per giudicare "lo Hobbit", non solo in questo "ultimo atto", ma nella sua intera trilogia: il modo e la visione del Fan, e la visione del "critico cinematografico magari iper conoscitore di Tolkien".

E infine c'è la mia.

Che, mi sia lecita la citazione, navigo in una "terra di mezzo" tra i due poli opposti, e sono sballottato, da un lato, da chi loda senza mezze misure queste ultime fatiche di Peter Jackson, e chi, invece, le cassa senza appello e remora alcuna.

E questo perché io non mi sono mai posto, rispetto a questo film, con gli occhi intransigenti di chi quei meravigliosi libri concepiti da un professore inglese ormai parecchi anni orsono, li ha masticati, divorati, pur avendolo fatto a mia volta, e non ho le competenze di chi il cinema lo ha studiato e ha una visione più "tecnica" della pellicola, guardandola anche al di là della mera narrazione e realizzazione d'insieme.

Ho guardato questi film con gli occhi ancora lustri per la trilogia de "il Signore degli Anelli". Che vera trilogia, dopotutto è, e questo è un primo punto fondamentale.
Un libro che fu scritto da Tolkien 20 anni dopo "lo Hobbit".
Un libro che, rispetto a "lo Hobbit", aveva un'altra pretesa ed indubbiamente un maggiore spessore narrativo, più potente e maturo, non più una "favola per bambini", come apparentemente è il suo "prequel".

Jackson con il Signore degli Anelli realizza ciò che NESSUNO sarebbe stato in grado di fare con un'opera così complessa. E le azzecca tutte, pur distaccandosi, per esigenze di storia e cinematografiche dal cartaceo: location, attori, svolgimento, atmosfere, musica.

Crea un mondo che consegna la Nuova Zelanda alla storia del cinema ma soprattutto alla fantasia di tutti quei sognatori, come me, che leggendo il libro, in qualche modo, vedendo i personaggi creati da Jackson, hanno sorriso e si sono detti "li avevo immaginati proprio così".

Il primo "problema" parte da qui.

Dal fatto che il regista neozelandese aveva compiuto, con la prima trilogia, un'opera MONUMENTALE ed IMPAREGGIABILE, che non a caso è stata ricompensata con una valanga di Oscar.

E Quando si sale così in alto, nell'Olimpo, quello diventa il "metro di paragone" per tutto quello che verrà dopo.

La trilogia de "lo Hobbit", dunque, nasce carico di aspettative. In primis nei fan, susseguentemente proprio in quei critici che, pur martellando e in qualche modo disprezzando l'opera di Jackson, non avevano potuto non riconoscerne, comunque, gli enormi meriti e capacità visionaria.

Il punto è, come detto prima, che lo Hobbit non è un racconto epico come il Signore degli Anelli. Non è una trilogia, non ha le stesse atmosfere, non ha lo stesso spessore, è venuto prima e ha "creato" un mondo, che lo stesso autore avrebbe poi sviluppato nei vent'anni a seguire.

E quindi i tre film, al contrario della prima "trilogia", che anzi è fin troppo piena (e dove, ad esempio, non troviamo la figura fondamentale di Tom Bombadil), sono innanzitutto "vuoti".

O meglio, lo si sarebbe potuto raccontare tutto in un unico film.

Ma ormai la "moda" (e le produzioni chiedono questo, anche per una questione di incassi) è quella di fare trilogie, e dunque il nostro buon Peter si è cimentato a "creare".

Ha voluto inizialmente "ingolosire" noi fan accaniti, riproponendo Hobbiton e il "legame con la vecchia trilogia", riproponendo luoghi AMATI e personaggi AMATI (ecco perché ritroviamo, subito, Ian Holm - AKA Bilbo da Vecchio - ed Elijah Wood - Aka FRODO, e li ritroviamo nelle ore precedenti la "festa tanto attesa", primo atto del grande capolavoro tolkeniano degli anelli).

Tuttavia nei tre film la storia si perde un po', anche perché il "cattivo" stenta a venir fuori. Ed è per questo che viene "adattato" Azog il profanatore e si "rievoca" Sauron. I nani sono resi, soprattutto in certe situazioni, parecchio ridicoli, spesso non approfonditi, soprattutto Thorin che è una figura centrale. Anche gli Stregoni (Saruman escluso) sono ridicolizzati e un po'spersi nelle trame, quando dovrebbero essere figure emblematiche e cariche di fascino.

Brutta anche la scelta di "creare" Tauriel, personaggio inesistente, sicuramente spinto dal "mito" di Arwen della precedente trilogia, e pessima la scelta di questi "ammiccamenti" con uno dei nani. Forse a chi non è "purista" del fantasy non sarà dispiaciuto, ma a me, che sono di "ampie vedute", non è piaciuto per niente.

Ma la cosa che più mi è dispiaciuta dei tre film, soprattutto nel terzo, è questo ossessivo utilizzo della computer grafica e della post produzione: una delle cose che più, secondo me, rendeva così affascinante la prima trilogia è che la computer grafica era "limitata" ad aspetti dove era essenziale (come le battaglie di massa), lasciando la bellezza dei luoghi inalterata e dunque VERA (e questo ha fatto si che tutti noi ci innamorassimo della Nuova Zelanda e dei suoi scorci), così come gli attori: gli Orchi di carne ed ossa sono molto più "cattivi e credibili", i duelli sono ancora avvincenti. Invece ne "lo Hobbit" pare tutto di plastica, inverosimile, quasi da videogame.
E l'unica cosa che "salva il salvabile", da questo punto di vista, è il 3D, primi film della storia ad essere girati direttamente con le telecamere che sfruttano questa tecnologia, che dunque risulta "pura" e non inserita nel post girato.

In ultimo, nota per me assolutamente fondamentale, è la colonna sonora: quella di "lord of the rings" è epica, trascinante, io la canticchiavo già dopo la prima visione dei primi tre capitoli, successivamente l'ho memorizzata e spesso la uso come sottofondo per moltissime attività e per il relax.

Ne "lo Hobbit", a parte la trasognante "i see fire" di Ed Sheeran, Howard Shore rimane ancora "legato" alla vecchia colonna sonora, ma appoggiandosi ad essa e variando i temi trova melodie poco ispiranti, e perfino la conclusiva canzone di Billy Boyd (il meriadoc de "il signore degli anelli") esalta poco.

La vera nota positiva dei tre film sono Martin Freeman, nella sua convincentissima prova nel ruolo di Bilbo, ovviamente il superbo Ian McKellen (Gandalf), un "etereo" Lee Pace nel ruolo di Thranduil, Christopher Lee "l'immortale" (Saruman) e Bard, l'arciere, interpretato da Luke Evans, che hanno dei personaggi di spessore, molto credibili. E lo stesso Thorin, per quanto il suo personaggio sia "troppo" incentrato sulla questione della "malattia dell'oro", è interessante.

Per non parlare poi del Drago: stupendo. Per quanto alcuni insistano sul fatto che in realtà sia più una viverna (creatura mitologica simile al drago, ma con delle caratteristiche - differenze che solo gli amanti del fantasy o i nerd incalliti riescono a cogliere ndr.) è animato in maniera sontuosa, salvo poi sbarazzarsene, secondo me troppo frettolosamente e ingloriosamente, nel terzo film.

Quindi, il mio giudizio finale sui tre capitoli de "lo HOBBIT" è 6.

Un sei pieno, un sei dato di cuore,con un pizzico di amaro in bocca, un sei che sa cogliere i pregi della pellicola, della recitazione, e il cuore di un appassionato che possiede tanto "l'unico anello", le mappe, i cimeli, e che è stato in Nuova Zelanda, e i difetti, purtroppo non pochi, di una trilogia che non aveva la stessa "sostanza e potenza" del Signore degli Anelli, e che dunque, per tanti versi, è stata "schiacciata" dal "peso" di quella che l'ha preceduta e che resta e resterà per sempre il VERO CAPOLAVORO di Peter Jackson.

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