Niente autorizzazione paesaggistica? Niente condono edilizio

Consiglio di Stato: “Fatte salve le fattispecie previste dall’articolo 33, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso"

di Redazione tecnica - 05/09/2022

Ottenere il condono edilizio è una missione impossibile, quando manca l’autorizzazione paesaggistica. Lo conferma chiaramente il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7591/2022, a seguito del ricorso contro un’Amministrazione comunale che aveva negato la sanatoria su tre unità immobiliari realizzate in area sottoposta a vincolo panoramico e idrogeologico.

Sanatoria immobili in area vincolata: cosa succede senza autorizzazione paesaggistica

Diversi i presupposti che hanno portato al provvedimento di diniego del Comune:

  • l’immobile, realizzato su un’area di circa 1.350 mq, all’epoca dell’’edificazione (giugno 1985) ricadeva in zona agricola che prevedeva un lotto minimo di intervento di 7.000 mq. e un I.F.F. di 0,03 mc/mq;
  • la zona nella quale è ubicato l’immobile abusivo è gravata da vincolo panoramico ex lege n. 1497/1939, imposto con D.M. 1° dicembre 1970 e vincolo idrogeologico di cui al R.D. 30 dicembre 1923 n. 3267, anch’esso imposto prima della edificazione del manufatto abusivo in questione
  • l'abuso è stato ultimato in data 30 giugno 1985 in assenza di titolo abilitativo e in difformità alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti sia al momento della commissione dell’abuso, sia al momento della presentazione della domanda di condono edilizio, quindi in assenza di doppia conformità ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Sulla base di queste considerazioni, il Comune non ha ritenuto necessario acquisire il parere di compatibilità paesaggistica ex art. 1, c. 39, l. n. 308/2004, in quanto l’abuso non può essere sanato considerata la sua non conformità urbanistica, ai sensi dell’art. 32, c. 27 lett. d), della legge n. 326/2003 (cd “Terzo Condono Edilizio").

Dello stesso avviso, il TAR che, confermando la legittimità del diniego di condono, ha sottolineato come l’articolo 32, comma 27, lett. d), del d.l.n. 269/2003 (convertito dalla legge 24 novembre 2003 n. 326), osta all’accoglimento dell’istanza di condono perché le opere abusive erano state realizzate su un’area soggetta a vincolo paesaggistico e idrogeologico, imposto sulla base di leggi statali prima della esecuzione di dette opere, in assenza di titolo abilitativo e non conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti.

La sentenza del Consiglio di Stato

E il Consiglio di Stato ha ribadito la stessa linea. Nel valutare il caso, i giudici hanno preliminarmente ricordato il principio giurisprudenziale secondo cui “Un atto amministrativo plurimotivato resiste all’annullamento in sede giurisdizionale se risulta sussistente anche una sola delle ragioni che lo sorreggono”. Alla luce di questo principio è sufficiente, secondo Palazzo Spada, valutare soltanto se gli immobili per i quali è stato negato il condono siano stati realizzati o meno in zona sottoposta a vincolo, essendo tale circostanza, da sola, sufficiente a giustificare il diniego.

Mentre secondo l’appellante il vincolo non sussisteva perché non era stato imposto con “legge”, di diverso avviso il Consiglio, che ha specificato come la norma preveda che il vincolo debba essere imposto “sulla base” di una legge statale e non “con” una legge statale: “'Sulla base' costituisce il riconoscimento che l’autorità amministrativa può effettuare rendendo la dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, che costituisce il necessario presupposto legislativo per l’adozione del provvedimento di vincolo”.

Ciò significa che la dichiarazione di notevole interesse pubblico deve quindi essere effettuata con un provvedimento amministrativo e non con una “legge provvedimento”.

Dato che la zona nella quale sono stati realizzati gli immobili abusivi era sottoposta al vincolo derivante dal citato decreto ministeriale 1° dicembre 1970, non occorreva quindi una legge per istituire il vincolo, perché di fatto esso era già esistente.

Riprendendo il disposto dell'art. 32 della legge. n. 326/2003, esso prevede che “Fatte salve le fattispecie previste dall’articolo 33, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Qualora tale parere non venga formulato dalle suddette amministrazioni entro centottanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere, il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto. Il rilascio del titolo abilitativo edilizio estingue anche il reato per la violazione del vincolo. Il parere non è richiesto quando si tratti di violazioni riguardanti l’altezza, i distacchi, la cubatura o la superficie coperta che non eccedano il 2 per cento delle misure prescritte”.

Ciò significa che in assenza di parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, gli abusi edilizi continuano ad essere tali, ragion per cui il condono non può essere concesso.

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