Nuove costruzioni in zona vincolata: interviene il Consiglio di Stato

No alla sanatoria edilizia in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, tanto più se non si tratta di interventi di manutenzione ma di “ristrutturazione pesante”

di Redazione tecnica - 28/02/2024

Nonostante la consistenza volumetrica dica esattamente il contrario, molto spesso ci sono casi in cui si cerca di fare passare una nuova costruzione abusiva come mero intervento di manutenzione, per il quale non sarebbe necessario il permesso di costruire. Ma le maglie della giustizia amministrativa sono piuttosto strette e difficilmente abusi eclatanti possono portare a una decisione diversa da un ordine di demolizione o a un suo annullamento.

Costruzioni abusive in area vincolata: no alla sanatoria edilizia

Prova ne è per esempio la recente sentenza del Consiglio di Stato del 22 febbraio 2024, n. 1766, con il quale è stato respinto il ricorso contro l’ordine di demolizione impartito da un’Amministrazione comunale in relazione ad alcuni abusi edilizi, realizzati in area soggetta a vincolo paesaggistico, comprendenti tra gli altri la realizzazione di due rampe di scale esterne, l’innalzamento del solaio con aumento delle volumetrie interne, la realizzazione di un soppalco e la trasformazione del lastrico solare in terrazzo.

Dopo l’accertamento degli abusi, il ricorrente aveva presentato due distinte istanze, una ex art. 36 d.p.r. n. 380/2001 (c.d. accertamento di conformità), l’altra ex artt. 37 d.p.r. n. 380/2001 e 167 dlgs n. 42/2004, per il rilascio del titolo in sanatoria. Entrambe le richieste sono state respinte e hanno portato al provvedimento di demolizione.

Secondo il ricorrente invece nella zona era consentita la realizzazione di interventi di riqualificazione e ristrutturazione edilizia quali quelli effettuati, in buona parte consistenti in mere modifiche interne, risistemazione di scale e terrazzini, costruzione e ampliamento di servizi igienici; da qui la sussumibilità delle opere nell’alveo dell’art. 33 d.p.r. n. 380/2001, che condiziona la demolizione alla previa verifica di pregiudizi per la parte conforme, prevedendo eventualmente l’irrogazione di una sanzione pecuniaria.

Niente sanatoria per aumenti volumetrici senza autorizzazione paesaggistica

Di diverso parere il Consiglio di Stato, che ha appunto confermato la decisione dlll’Amministrazione: l’illegittima sopraelevazione e il consistente aumento della superficie (raddoppio della superficie utile abitabile) non possono rientrare nella previsione di cui all’art. 3 del Testo Unico Edilizia, che disciplina la manutenzione ordinaria degli immobili (in particolare lett. a) e non la sopraelevazione ed il raddoppio della superficie.

Peraltro, il consistente intervento edilizio realizzato in un’area dichiarata di notevole interesse pubblico soggetta anche alle previsioni di cui al dlgs n. 42/2004, avrebbe dovuto essere soggetto alla previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, titolo autonomo e non conseguibile a sanatoria ai sensi del combinato disposto degli artt. 146 e 167, commi 4, lett. a), e 5, dlgs n. 42/2004, che esclude sanatorie per interventi non qualificabili come manutentivi o che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi.

Non solo: la sopraelevazione è stata realizzata in dispregio della normativa che regola le costruzioni nelle zone a rischio sismico: ai sensi della legislazione vigente tutte le costruzioni in zone sismiche, la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, devono essere assoggettate a specifiche norme tecniche emanate secondo le modalità descritte dall’art. 83 d.p.r. n. 380/2001.

La natura dell'ordine di demolizione

Nella sentenza inoltre si ribadisce come l'ordine di demolizione sia un provvedimento vincolato, che non richiede alcun bilanciamento fra l’interesse pubblico e quello privato. Per giustificare l’ordine di demolizione è sufficiente la constatazione che le opere siano state eseguite in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire.

Inoltre essi non devono essere preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento, non essendo prevista per l’amministrazione la possibilità di effettuare valutazioni di interesse pubblico relative alla conservazione del bene.

L’ordine di demolizione conseguente all’accertamento della natura abusiva delle opere edilizie, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto dovuto e, in quanto tale, non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato dalla legge; pertanto, trattandosi di un atto volto a reprimere un abuso edilizio, esso sorge in virtù di un presupposto di fatto, ossia l’abuso, di cui il ricorrente deve essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera di controllo.

Ne consegue che non risultano rilevanti le supposte violazioni procedimentali che avrebbero precluso un’effettiva partecipazione del ricorrente al procedimento, dovendosi ribadire anche a questo proposito che trattandosi di un atto vincolato, ai fini dell’adozione dell’ordinanza di demolizione, non è necessario l’invio della comunicazione di avvio del procedimento, non potendosi in ogni caso pervenire all’annullamento dell’atto alla stregua dell’art. 21 octies L. n. 241 del 1990. Né può ritenersi, per quanto risulta dalle emergenze processuali, che nel caso in esame una diversa e più intensa partecipazione procedimentale avrebbe diversamente orientato l’esercizio del potere.

La qualificazione giuridica dei provvedimenti amministrativi

Inoltre, anche se l’ordine di demolizione rimasto inottemperato è stato espressamente adottato ai sensi dell’art. 27 d.P.R. n. 380/2001,  spiega il Consiglio che è evidente che nel caso di specie si è in presenza di un vero e proprio provvedimento di demolizione adottato ai sensi dell’art. 31 d.p.r. n. 380/2001.

Mentre l’art. 27, comma 2, d.p.r. n. 380/2001 prevede la demolizione immediata e d’ufficio senza concessione al proprietario di alcun termine per l’esecuzione, il termine è, invece, previsto dall’art. 31, comma 3, TUE che dispone che in caso di inosservanza si proceda all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale. L’adozione de provvedimento ha comunque seguito l’iter previsto dall’art. 31 tant’è che successivamente il Comune ha applicato la sanzione pecuniaria in misura massima ai sensi dell’art. 31, comma 4-bis.

In ogni caso, la corretta qualificazione giuridica del provvedimento amministrativo spetta al Giudice amministrativo e Palazzo Spada ha valutato l’ordinanza in esame come provvedimento emesso ai sensi dell’art. 31 del Testo Unico Edilizia.

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