Opere abusive del vicino: entro quando si possono contestare?

La legge tutela anche i soggetti che vedono lesa la propria posizione giuridica da un intervento, purché l'impugnazione dei titoli avvenga nei termini previsti

di Redazione tecnica - 07/05/2024

Il nostro ordinamento giuridico prevede l’esistenza del principio di tutela per chi subisce specifici pregiudizi in relazione ad un intervento edilizio, autorizzato a favore di altri, che ritiene illegittimo.

In questi casi, il soggetto che intende impugnare l’efficacia del titolo è sempre tenuto ad intervenire prontamente a partire dal momento in cui acquisisce la piena conoscenza dell’abuso che starebbe avvenendo.

Oltre alla tutela del vicino che subirebbe il danno, infatti, bisogna considerare anche il principio di certezza delle situazioni giuridiche, secondo cui il titolare non può essere lasciato nell’incertezza circa la sorte del proprio permesso oltre un lasso di tempo che sia ragionevole.

Permesso di costruire illegittimo: termini e condizioni per l'impugnazione

A ribadire nuovamente il concetto è il Consiglio di Stato con la sentenza del 5 aprile 2024, n. 3147, con la quale ha respinto il ricorso proposto da un cittadino per l’annullamento della concessione edilizia e del permesso di costruire rilasciato al vicino, titolare di una proprietà nei pressi della sua abitazione.

Il ricorrente in particolare denuncia l’illegittimità di due condoni edilizi - che sarebbero stati concessi in assenza dell’autorizzazione paesaggistica obbligatoria - deducendo, di conseguenza, che fosse da ritenere illegittimo anche il permesso di costruire successivamente rilasciato nel 2019, e sostenendo, peraltro, che questo avrebbe autorizzato opere di ristrutturazione edilizia, non di nuova costruzione come sarebbero da considerare quelle realizzate - ai sensi delle categorie di interventi di cui all’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) - essendo in presenza di interventi di totale demolizione e successiva ricostruzione senza il mantenimento dei preesistenti parametri costruttivi, quali sagoma, prospetti, sedime, caratteristiche planovolumetriche e tipologiche.

Il ricorso era già stato respinto dal TAR per tardività e lo stesso è stato fatto da Palazzo Spada: i soggetti che ritengano di subire pregiudizio dalla realizzazione di opere appartenenti ad altri - ad esempio secondo il ciriterio della vicinitas - hanno il diritto ad impugnare il titolo edilizio autorizzato, ma devono farlo necessariamente entro un tempo massimo di 60 giorni dal momento in cui hanno la piena conoscenza di quanto sta avvenendo.

Secondo una consolidata giurisprudenza, il concetto di “piena conoscenza” si configura nel momento in cui “la costruzione realizzata riveli in modo univoco le caratteristiche essenziali dell’opera agli effetti della sua eventuale difformità rispetto alla disciplina urbanistico-edilizia vigente”; condizione che si considera soddisfatta:

  • per la data di inizio lavori, se si contesta il luogo di realizzazione dell’opera (ovvero l’an di edificazione);
  • per la data di fine lavori, se si contesta invece il quomodo di realizzazione, e quindi le modalità di costruzione.

Vicinitas e interesse a ricorrere: occhio ai termini di impugnazione dei titoli edilizi

Nel caso in esame, si rileva che:

  1. il ricorrente era a conoscenza dell’avvenuto rilascio del permesso almeno da novembre 2020, come dimostra una lettera-esposto da lui inviata al Comune;
  2. la richiesta di accesso agli atti è stata presentata solo nell’ottobre 2021, e pertanto non è stata ritenuta valida ai fini di procrastinare le tempistiche per il ricorso;
  3. il ricorso è stato notificato solo a marzo 2022, con oltre due anni di ritardo dall’avvenuta condizione di piena conoscenza.

I giudici sottolineano peraltro che l’abitazione del ricorrente insiste nelle vicinanze delle opere autorizzate, essendo ragionevole considerare quindi che egli avesse dall’inizio una visuale piena e diretta sull’intera area interessata dai lavori, avendo anche assistito all’intervento di demolizione integrale ed essendo venuto a conoscenza - come provato dalla lettera-esposto - del successivo progetto di ristrutturazione ed ampliamento autorizzato, con anche forma e dimensioni dell’opera, già dal 2020.

Il diritto di difesa si scontra pertanto con la tutela nei confronti del titolare del Permesso, che non può essere lasciato ad attendere l’esito dell’efficacia del titolo oltre un ragionevole periodo di tempo.

Il soggetto leso ha il dovere di beneficiare del suo diritto di consultare gli atti non appena abbia contezza, o anche il ragionevole sospetto, che l’attività che si compie sotto i suoi occhi sia sorretta da un titolo amministrativo abilitante, non conosciuto o non conosciuto sufficientemente.

Conclude quindi il Consiglio specificando che, non avendo il ricorrente agito entro le tempistiche imposte dalla legge, la richiesta di annullamento del titolo va rigettata, rendendo peraltro superflua l’eventuale verifica in merito ai condoni concessi nel 2008, non soltanto per irricevibilità del ricorso in quanto tardivo, ma anche perché, essendo stata consolidata l’efficacia del permesso che ha portato alla demolizione delle stesse opere, non ci sarebbe più alcun interesse ad agire in tal senso.

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