Opere edilizie in zone vincolate: serve l'autorizzazione paesaggistica

Consiglio di Stato: senza autorizzazione paesaggistica, qualunque permesso di costruire in zona vincolata è nullo

di Redazione tecnica - 03/01/2022

Interventi edilizi in zone sottoposte a vincolo storico: senza autorizzazione paesaggistica, qualunque titolo abilitativo rilasciato è nullo.

Opere edilizie in zona vincolata: la sentenza del Consiglio di Stato

A ricordarlo è il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8641/2021 della VI sezione, a seguito dell'appello presentato da una società immobiliare e da una società di ristorazione contro l'annullamento in autotutela dei permessi di costruire in una zona di Roma rientrante nel Patrimonio Unesco.

L'immobile oggetto della causa era stato realizzato nel 1970 con una licenza edilizia per la costruzione di una serra; successivamente erano stati effettuati abusivamente degli interventi di ampliamento e cambio di destinazione d’uso, per i quali erano stati rilasciati titoli abilitativi in sanatoria ai sensi della legge n. 47/1985 (cd. “Primo Condono Edilizio”). 

Il progetto sul quale è stato rigettato il permesso di costruire, prevedeva il cambio d’uso da commerciale a pubblico esercizio, con la realizzazione di un ristorante e un intervento di restauro conservativo, comprendente la riqualificazione dell’edificio e un generale risanamento ambientale dell’area di intervento limitrofa.

Il progetto aveva già ottenuto i seguenti riscontri:

  • dalla Regione Lazio, che in attesa della redazione e approvazione del Piano generale di gestione per la tutela e valorizzazione previsto dalla “Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale" previsto per gli "insediamenti urbani storici e territori contermini" iscritti nella lista del patrimonio dell’Unesco, aveva demandato il riscontro alla Soprintendenza, dato che l’intervento rientra in una zona vincolata ai sensi dell’art. 134, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei Beni culturali e del paesaggio);
  • dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l’Area archeologica di Roma del MiBAC, che aveva reso parere favorevole in relazione ai profili archeologici;
  • dalla Soprintendenza Capitolina ai Beni Culturali, competente ad esprimersi per il vincolo di Carta per la Qualità, che aveva reso parere favorevole, rilevando che, ricadendo l’area in area con Vincolo Unesco, per le opere con rilevanza esterna, era necessario acquisire il parere della Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma;
  • dal Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica – U.O. Permessi di Costruire – Ufficio Autorizzazioni Paesaggistiche del Comune di Roma, che in esercizio del potere di subdelega paesaggistica e richiamando le Circolari regionali, precisava che «i lavori di cui trattasi, ai sensi dell’art. 43 co 15 delle norme del PTPR e dell’art. 134 del D.Lgs. 42/04, non necessitano della Autorizzazione Paesaggistica, di cui all’art. 146 del D.Lgs. 42/04, in quanto per i beni paesaggistici in questione si applicano le norme di tutela del “Piano generale di gestione degli insediamenti storici iscritti nella lista dell’Unesco»;
  • dalla Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, che aveva reso parere favorevole rispetto al vincolo diffuso ex art. 24 delle NTA del PRG di Roma.

Dato che l'immobile è stato anche ritenuto adatto all’attività di ristorazione, dopo la presentazione della SCIA sono iniziati i lavori, sollevando subito le proteste da parte di cittadini e associazioni, che hanno sollecitato l’intervento repressivo del Ministero.

Permesso di costruire in zona vincolata: necessaria l'autorizzazione paesaggistica

Ecco quindi la reazione: nel luglio 2019 la Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Mibact, ha sospeso i lavori, ai sensi dell’art. 150, co. 1, del D. Lgs. n. 42/2004, in esercizio del potere di “avocazione” di cui all’art. 16, co. 1, lett. e), del D. Lgs. n. 165/2001 e dell’art. 2, co. 1, secondo periodo, del D.M. n. 44/2016. In particolare è stato disposto l’annullamento d’ufficio, in autotutela, del parere reso dalla Soprintendenza speciale archeologia, belle arti e paesaggio di Rom, con avocazione del procedimento di autorizzazione, ai sensi dell’articolo 146 del D.Lgs. n. 42/2004, dei lavori di riqualificazione e risanamento ambientale dell’area.

Dopo la conferma da parte del TAR di questi provvedimenti di sospensione lavori, altrettanto ha fatto il Consiglio di Stato. I giudici di Palazzo Spada, oltre a mettere in luce la complessa disciplina pianificatoria dell'area, caratterizzata da diverse fonti regolatorie, hanno evidenziato la chiara sussistenza di un vincolo paesaggistico. L’area in cui si trova l’immobile è infatti inclusa nel Centro Storico tutelato come sito Unesco, in area attigua alle Terme di Caracalla, per la quale le Norme tecniche di attuazione (art 46) prevedono espressamente l’obbligatorietà del procedimento di autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del Codice, in linea con le esigenze di tutela del patrimonio culturale.

Inoltre l'intervento non può essere ridotto a mero restauro conservativo, con l'obiettivo di escludere a monte la necessità di autorizzazione paesaggistica. Secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, essa è autonoma rispetto al titolo ed alla qualificazione edilizia: il Collegio in proposito ha fatto notare che “ciò che rileva è l’impatto sui valori paesaggistici espressi dal vincolo e dalla disciplina vigente in loco, che nel caso di specie risultano incidere in termini tali da richiedere la relativa autonoma valutazione ex art. 146 cit.”.

Il potere di avocazione della Pubblica Amministrazione

Anche il potere di avocazione esercitato dalla Direzione Generale è legittimo: si tratta di esercizio dei poteri di cui all'articolo 16, comma 1, lettera e), del D. Lgs. n. 165/2001 e all'articolo 2, comma 1, secondo periodo, del DM n. 44/2016”.

In particolare, la norma del testo unico del 2001 prevede il generale potere di direzione, coordinamento e controllo dell'attività dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, mentre l'autonoma disciplina regolamentare prevista all’art. 2 - per la direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio – stabilisce l’esercizio dei “poteri di indirizzo, coordinamento, controllo e, solo in caso di necessità ed urgenza, informato il Segretario generale, avocazione e sostituzione, anche su proposta del Segretario regionale”.

Nel caso in esame, l’esercizio dei poteri trova fondamento sia in queste norme che sui presupposti della necessità e urgenza di intervenire, considerando l'eco mediatica suscitata dall'inizio dei lavori in questa particolare zona.

L'esercizio dell'autotutela

Il Consiglio di Stato, sul merito, ha ricordato che i presupposti dell'esercizio del potere di annullamento d’ufficio dei titoli edilizi sono costituiti dall'originaria illegittimità del provvedimento, dall'interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione (diverso dal mero ripristino della legalità violata), tenuto conto anche delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari. In questo caso quindi sussistono i presupposti dell’autotutela: l'assenso edilizio era infatti stato rilasciato in carenza dell'autorizzazione paesaggistica, per cui risultava inefficace (cfr. art. 146, commi 2, e 4, d.lgs. 42/2004).

Ragion per cui anche il potere inibitorio ex art. 150 d.lgs. 42/2004 è stato correttamente esercitato: esso attribuisce espressamente sia alla Regione sia al Ministero il potere di ordinare la sospensione di lavori atti ad alterare i valori paesaggistici del territorio, a tutela sia dei beni già vincolati sia di aree che si intende tutelare con l'imminente adozione di un futuro vincolo paesaggistico; si tratta, pertanto, di un potere che può essere esercitato anche a salvaguardia di aree o immobili non ancora dichiarati di interesse culturale o paesistico. In questo caso, considerato che il vincolo era già sussistente, il ricorso al potere inibitorio è più che legittimo.

L'appello è stato quindi respinto in ogni sua parte, confermando la sentenza di primo grado che aveva dato assentito l'annullamento in autotutela dei permessi di costruire in zona vincolata per assenza di autorizzazione paesaggistica.

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