Pavimentazione area esterna: non è edilizia libera

La realizzazione di interventi di pavimentazione di spazi esterni non consente di coprire liberamente e senza alcun titolo qualunque estensione di suolo inedificato

di Redazione tecnica - 09/04/2024

Sono qualificate come opere di “nuova costruzione” non solo i veri e propri nuovi fabbricati, ma tutte le strutture che - per dimensioni, caratteristiche costruttive e utilizzo - non soddisfano mere esigenze temporanee, ma comportano una trasformazione permanente del suolo inedificato, come ad esempio la pavimentazione di un'area esterna.

Tali opere necessitano del permesso di costruire e, in caso di realizzazione in area sottoposta a vincoli paesaggistici, a prescindere da quale sia il titolo autorizzativo mancante, sono sempre assoggettabili ad ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi.

Pavimentazione esterna: nuova costruzione o edilizia libera?

A spiegarlo è stato il Consiglio di Stato con la sentenza del 20 febbraio 2024n. 1659, con cui ha rigettato i ricorsi presentati da due società (una proprietaria e l’altra locataria) relativi ad alcune opere abusive, site in area posta a vincoli e soggette ad ordinanza di demolizione, consistenti nella pavimentazione di uno spazio esterno e nella realizzazione di scaffalature di dimensioni ingenti.

Come specificato già in primo grado dal TAR e confermato anche dai giudici di Palazzo Spada,  l’art. 6 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) elenca gli interventi che possono essere eseguiti senza alcun titolo, fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.Lgs. n. 42/2004). 

Di fatto rientrano in edilizia libera solo le opere previste alla lettera e-ter), ovvero “le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l'indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati”.

Spiegano i giudici che le opere indicate possono ritenersi effettivamente rientranti nel perimetro di applicazione della previsione normativa soltanto laddove, per le loro caratteristiche in concreto, siano del tutto inidonee a influire in modo rilevante sullo stato dei luoghi, e quindi non determinino una significativa trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.

Nel caso in esame, anche prescindendo dalla presenza sull’area di un vincolo paesaggistico e dalla questione relativa all’indice di permeabilità, la pavimentazione oggetto dell’ordinanza di demolizione non può certamente essere ricondotta nell’ambito dell’attività edilizia libera, consistendo nella copertura di un’ampia porzione di suolo libero, pari a ben 646,40 metri quadrati.

La pavimentazione e le scaffalature necessitavano del previo rilascio del permesso di costruire; non si è al cospetto di un mero “adeguamento di spazi pavimentati” – escluso dall’autorizzazione paesaggistica al punto 12, Allegato A del d.P.R. 13/02/2017 n. 31 - ma della realizzazione ex novo di una pavimentazione

Va escluso che nell'assoggettare al regime di edilizia libera la realizzazione di interventi di pavimentazione di spazi esterni, entro i prescritti limiti di permeabilità del fondo, il legislatore abbia inteso consentire la facoltà di coprire liberamente e senza alcun titolo qualunque estensione di suolo inedificato, salvo soltanto il rispetto di tali limiti. Questo perché la pavimentazione di aree esterne:

  • è di per sé idonea a trasformare permanentemente porzioni di suolo inedificato;
  • riduce la superficie filtrante, con la conseguenza che - anche se contenuta nei prescritti limiti di permeabilità - incide comunque sul regime del deflusso delle acque dal terreno;
  • è percepibile esteriormente, per cui presenta una potenziale rilevanza sotto il profilo dell'inserimento delle opere nel contesto urbano;
  • determina la creazione di una superficie utile, benché non di nuova volumetria.

Nuova costruzione: la definizione del Testo Unico Edilizia

Ricorda il Consiglio che l’art. 3, comma 1, lettera e) del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), ricomprende nella “nuova costruzione”:

  • e), quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:
    • e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6);
    • e.2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal comune;
    • e.3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato;
    • e.4) l'installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione;
    • e.5) l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all'aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore;
    • e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale;
    • e.7) la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato”.

Nel caso in esame, gli interventi conseguiti senza titoli sono consistiti nella realizzazione ex-novo di una pavimentazione esterna in calcestruzzo e nell’installazione, sopra la nuova pavimentazione, di scaffalature di ingenti dimensioni (alte oltre 7 metri) impiegate per lo stoccaggio di materiali e attrezzature, saldamente ancorate al suolo e sovrastate da copertura in lastre ondulate di materiale plastico.

Abusi in aree vincolate: demolizione senza autorizzazione paesaggistica

Le opere descritte - essendo collocate nella stessa area, appartenenti allo stesso soggetto e funzionali alla medesima attività imprenditoriale - devono essere considerate nel loro complesso e, come tali, hanno senza dubbio determinato la trasformazione complessiva dell’area.

Era obbligatorio pertanto richiedere il permesso di costruire, non essendo possibile qualificare questo tipo di manufatti come opere soggette a sola SCIA o DIA, né farli rientrare nel regime dell’edilizia libera di cui al di cui all’art. 6, comma 1 del TUE.

Difatti, le pavimentazioni esterne realizzabili in edilizia libera sono esclusivamente quelle che risultino del tutto inidonee ad influire in modo rilevante sullo stato dei luoghi, condizione che non può essere assimilata al caso in oggetto, in quanto la pavimentazione ha prodotto una copertura di suolo libero pari a ben 646,40 mq.

Lo stesso discorso vale per le scaffalature, che, viste le caratteristiche costruttive impiegate e le ingenti dimensioni, non sembrano essere funzionali a soddisfare esigenze solo temporanee.

Si fa presente, tuttavia, che anche qualora i manufatti fossero stati soggetti a sola SCIA o DIA, sarebbero comunque stati assoggettabili alla sanzione demolitoria, in quanto realizzati su un’area soggetta a vincolo paesaggistico-ambientale ai sensi del D.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) nonché sita all’interno del perimetro di un Parco tutelato.

L’art. 27 (“Vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia”) del TUE, infatti, dispone la legittimità del provvedimento di demolizione per tutte le opere realizzate senza titoli all’interno delle aree vincolate, senza distinzione tra quelle soggette a PDC, SCIA oppure a DIA. In questo caso, per i lavori svolti era necessario richiedere non solo il permesso di costruire, ma anche apposita autorizzazione paesaggistica, necessaria per qualsiasi opera edilizia calpestabile che può essere sfruttata per qualunque uso.

Di coseguenza, i ricorsi sono stati respinti, con conferma dell'efficacia del provvedimento di demolizione.

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