Pergotenda: ecco le caratteristiche per definirla edilizia libera

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana interviene sulla corretta qualificazione della pergotenda

di Redazione tecnica - 22/02/2023

Il glossario dell'edilizia libera, allegato al Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti 2 marzo 2018 emanato ai sensi dell’articolo 1, comma 2 del D.lgs. n. 222/2016, individua le principali opere che possono essere eseguite senza alcun titolo abilitativo, nel rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e di tutte le normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia (norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio).

La pergotenda nel glossario dell'edilizia libera e nella giurisprudenza

All'interno di questo glossario viene fornito un elenco non esaustivo delle principali opere che possono essere classificate come edilizia libera ai sensi dell'art. 6 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). In questo elenco, alla riga 58 viene indicato come intervento di cui all'art. 6, comma 1, lett. e-quinquies del citato testo unico edilizia l'installazione, riparazione, sostituzione e rinnovamento di tende, tende a pergola, pergotende e Coperture leggere di arredo.

Una delle principali difficoltà emerse nel corso degli ultimi anni di interventi della giustizia di ogni ordine e grado riguarda la "classificazione" di questi elementi. In particolare: quando un elemento può essere considerato come "pergotenda"? Quali sono le caratteristiche che occorre individuare?

A rispondere a questa domanda ci hanno pensato i tribunali tra cui ricordiamo solo alcune dei più interessanti pronunciamenti:

Sull'argomento abbiamo realizzato un approfondimento che vi invitiamo a consultare.

Pergotenda: interviene il CGA della Regione Siciliana

L'argomento si arricchisce di un nuovo spunto fornito dalla Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana a Sezioni riunite, che con la sentenza n. 573/2022 ci consente di approfondire nuovamente l'argomento.

Nel caso di specie viene contestata un'ordinanza di demolizione relativa ad una copertura mediante una pergotenda delle dimensioni di 17 metri per 10,40 metri realizzata per sfruttare meglio le potenzialità di un locale adibito ad attività di ristorazione e discoteca.

Il ricorrente specifica che, nonostante la realizzazione di tale attività edilizia non fosse soggetta ad alcuna autorizzazione in virtù dell'art. 3, comma 1, lett. r), della l.r. n. 16/2016 e costituisca un'attività c.d. "libera", la società in data 31 ottobre 2016, in via meramente cautelativa, comunicava al Comune la volontà di realizzare la struttura, allegando, a corredo della richiesta, una relazione tecnica e le necessarie tavole progettuali. In data 22 luglio 2020, però, i vigili urbani del Comune effettuavano un sopralluogo ravvisando che la struttura non aveva le caratteristiche di una "pergotenda", per cui seguiva, in data 7 ottobre 2020, il provvedimento impugnato.

La questione, come accade ogni volta, riguarda il corretto inquadramento del manufatto in questione che secondo il ricorrente sarebbe una "pergotenda" (edilizia libera) mentre per il Comune rientrerebbe tra le opere che richiedono il previo rilascio del permesso di costruire.

Pergotenda: quali caratteristiche deve possedere?

I giudici siciliani hanno ricordato un principio pacifico per cui in materia edilizia, gli estremi per la sussumibilità di un manufatto nella categoria della pergotenda, caratterizzata dal regime di c.d. edilizia libera, si individuano nel fatto che l'opera principale sia costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all'estensione della tenda.

La giurisprudenza ha ritenuto che la "pergotenda":

  • dal punto di vista fattuale, sia una struttura destinata a rendere meglio vivibili gli spazi esterni delle unità abitative (terrazzi o giardini), installabile al fine, quindi, di soddisfare esigenze non precarie; essa, dunque, non si connota per la temporaneità della sua utilizzazione, piuttosto per costituire un elemento di migliore fruizione dello spazio esterno, stabile e duraturo;
  • sotto il profilo giuridico, l’installazione di una pergotenda - tenuto conto della sua consistenza, delle caratteristiche costruttive e della suindicata funzione caratterizzante - non è un'opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo atteso che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 e 10 del d.P.R. n. 380/2001, sono soggetti al rilascio del permesso di costruire gli «interventi di nuova costruzione», che determinano una «trasformazione edilizia e urbanistica del territorio»; ne consegue che una struttura leggera destinata ad ospitare tende retrattili in materiale plastico, secondo la configurazione standard propria delle pergotende, non integra tali caratteristiche;
  • per poter configurare una struttura come “pergotenda”, occorre che la res principale sia costituita, da una tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell'unità abitativa, con la conseguenza che la struttura di supporto - per aversi realmente una pergotenda e non una costruzione edilizia necessitante di titolo abilitativo - deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario, per l’appunto, al sostegno e all'estensione della tenda; in altri termini, il sostegno della tenda deve consistere in elementi leggeri di sezione esigua, eventualmente imbullonati al suolo (purché facilmente disancorabili);
  • la tenda poi, per essere considerato elemento di una "pergotenda" (e non considerarsi una "nuova costruzione"), deve essere realizzata in un materiale retrattile, onde non presentare caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio. Infatti, la copertura e la chiusura perimetrale che essa realizza non presentano elementi di fissità, stabilità e permanenza, proprio per il carattere retrattile della tenda, «(o)nde, in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie»;
  • inoltre, l'elemento di copertura e di chiusura deve essere costituito da una tenda di un materiale, privo di quelle caratteristiche di consistenza e di rilevanza che possano connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione.

La pergotenda consiste tipicamente in una struttura leggera, diretta precipuamente a soddisfare esigenze che, seppure non precarie, risultano funzionali (solo) a una migliore vivibilità degli spazi esterni di un'unità già esistente, tipo terrazzi e/o giardini, poiché essenzialmente finalizzate ad attuare una protezione dal sole e dagli agenti atmosferici.

Il caso di specie

Alla luce dei suddetti principi e della documentazione (anche fotografica) prodotta dal Comune, sarebbe emerso che nel caso di specie non siano presenti le caratteristiche per considerare l'elemento costruttivo come pergotenda. La struttura realizzata non presenterebbe, infatti, le riferite individuate in giurisprudenza come parametro per la riconducibilità di un’opera al novero degli interventi di edilizia tout court libera (ossia senza oneri di previa comunicazione dell'installazione all'autorità comunale).

Il manufatto realizzato dal ricorrente, infatti, non sarebbe stato utilizzato per le finalità proprie della pergotenda, e cioè come elemento di protezione dal sole, dagli agenti atmosferici, funzionale a una migliore fruizione dello spazio esterno di un immobile, ma amplia di fatto la superficie dell'attività commerciale, non risulta di agevole rimozione (è dotato di impianto di illuminazione e riscaldamento autonomo), è completamente arredato, è confinate, sul lato est, con una parete chiusa da pannelli multistrato e con un’apertura a vetri che immette nell’area esterna.

Inoltre, la struttura della tenda non può essere qualificata in termini di mero elemento accessorio essendo realizzata con pilastri in acciaio e copertura in acciaio; anzi, è una struttura importante e solida al punto tale che per la stessa è stato redatto un certificato di idoneità sismica, nel quale si è scritto che la struttura che sorregge il telone è costituita da «quattro travature reticolai in acciaio … nello specifico due di tali travature sono costituite da capriate e due da tralici rettangolari; tutte presentano struttura a triangolo realizzata con profilati tubolari a sezione cava in acciaio. La struttura è sorretta da sei pilastri in acciaio ricoperti di elementi decorativi» ed ancora «la struttura è ancorata a mezzo di piastre in acciaio alla fondazione costituita dal massetto in calcestruzzo armato a mo’ di piastra».

Per questo motivo, secondo i giudici non si sarebbero dubbi che la struttura principale realizzata dal ricorrente abbia una sua solida autonomia e che non possa qualificarsi come elemento accessorio della tenda.

Strutture precarie

Per completezza i giudici hanno rilevato che la struttura contestata nemmeno potrebbe essere annoverata tra le opere “precarie” che consentono di chiudere terrazze e verande (art. 20 della Legge della Regione Siciliana n. 4/2003), secondo cui «in deroga ad ogni altra disposizione di legge, non sono soggette a concessioni e/o autorizzazioni né sono considerate aumento di superficie utile o di volume né modifica della sagoma della costruzione la chiusura di terrazze di collegamento oppure di terrazze non superiori a metri quadrati 50 e/o la copertura di spazi interni con strutture precarie, ferma restando l'acquisizione preventiva del nulla osta da parte della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali nel caso di immobili soggetti a vincolo».

Diversamente da quanto previsto dalla riferita disposizione, la struttura realizzata dal ricorrente ha una superficie superiore ai 50 metri quadrati e non è precaria, essendo fissata (e non semplicemente ancorata al suolo) con opere cementizie non rimovibili se non mediante azioni demolitorie (e, quindi, non è “smontabile”).

Il tempo non sana l'abuso

Per completare la decisione, relativamente al lungo lasso di tempo trascorso (quattro anni) dalla commissione dell'abuso secondo il quale secondo il ricorrente si sarebbe ingenerata una posizione di legittimo affidamento nel privato, i giudici hanno ricordato che in capo al ricorrente non può ravvisarsi alcun legittimo affidamento, giuridicamente tutelabile, idoneo ad inficiare la legittimità del provvedimento impugnato, in quanto non occorre motivare in modo particolare un provvedimento con il quale sia ordinata la demolizione di un immobile abusivo, neppure quando sia trascorso un notevole lasso di tempo dalla sua realizzazione.

L'ordinamento tutela l'affidamento di chi versa in una situazione antigiuridica soltanto laddove esso presenti un carattere incolpevole, mentre la realizzazione di un'opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del costruttore realizzata contra legem.

È ormai definitivamente accertato che in materia di repressione degli abusi edilizi vengono in rilievo atti vincolati che non richiedono una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale in ordine all'intervento repressivo, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile del privato alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare

In conclusione, il ricorso è stato respinto.

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