Permesso di costruire: obbligatorio per ampliamenti non pertinenziali

L'ampliamento oltre il 20% di un volume preesistente configura una nuova costruzione. A chiarirlo è il Consiglio di Stato, richiamando il Testo Unico Edilizia

di Redazione tecnica - 22/03/2024

Sono considerati interventi di nuova costruzione tutti quei lavori che comportano la trasformazione edilizia e urbanistica del territorio, non siano ricompresi nelle altre categorie di interventi previste dall'art. 3, comma 1, del Testo Unico Edilizia.

In ogni caso, i lavori di ampliamento di un manufatto già esistente che producono un incremento di volume superiore al 20% rispetto alla condizione ante operam non sono qualificabili come lavori pertinenziali, ma rientrano a tutti gli effetti nel concetto di nuova costruzione e, in quanto tali, necessitano del Permesso di Costruire per essere realizzati.

Permesso di costruire: quando è obbligatorio?

A ribadirlo è stato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1767 del 22 febbraio 2024, con cui è stato in parte rigettato e in parte accolto un ricorso contro l’ordinanza di demolizione e la successiva acquisizione al patrimonio dell’opera abusiva disposte dall’Amministrazione comunale.

Ricordano i giudici di Palazzo Spada che, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e) del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), devono essere qualificate come “nuove costruzioni” tutte le opere che producono trasformazioni all’assetto territoriale e che non siano qualificabili nelle altre categorie di interventi edilizi previste dalle lettere precedenti, ovvero: manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia.

Sono comunque sempre considerati come nuove costruzioni:

  • gli interventi di ampliamento dei manufatti condotti all’esterno della sagoma già esistente, a meno che non si tratti di lavori pertinenziali che producono un incremento di volume massimo del 20% rispetto al volume preesistente;
  • i manufatti leggeri, anche prefabbricati, e le strutture di qualsiasi genere, che vengono installati in maniera stabile e continuativa e utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili.

Realizzazione veranda: ci vuole il permesso di costruire

In base poi a quanto previsto dallo stesso Testo Unico Edilizia all’art. 10 (“Interventi subordinati a permesso di costruire”), sono assoggettati al rilascio del permesso tutti gli interventi rientranti nella nuova costruzione e nella ristrutturazione urbanistica, nonché i lavori di ristrutturazione edilizia che comportino modifiche alla volumetria, alla sagoma, ai prospetti, al sedime o alle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’immobile preesistente.

Nel caso in esame, erano stati conseguiti lavori di ampliamento del manufatto principale che hanno comportato un incremento di volume nettamente superiore rispetto al limite del 20% imposto dalla normativa. Peraltro, la struttura realizzata, consistente in una veranda, è stata installata in via stabile e continuativa e impiegata in ambiente lavorativo.

Risultava pertanto obbligatoria la richiesta del permesso di costruire, in quanto la veranda realizzata è qualificabile a tutti gli effetti come “nuovo locale autonomamente utilizzabile”.

Ordine di demolizione e responsabilità sugli abusi edilizi

Sulla base di questi presupposti, il Consiglio ha ritenuto legittima l’ordinanza di demolizione, a nulla rilevando il fatto che il proprietario attuale delle opere abusive non fosse lo stesso soggetto che ha commesso l’illecito in principio.

L’abuso edilizio infatti costituisce un illecito con effetti permanenti, che non include l’accertamento della colpa del responsabile della realizzazione dell’abuso.

La misura sanzionatoria viene disposta al solo fine di tutelare il territorio e ripristinare lo stato dei luoghi. Pertanto, l’ordinanza produce inevitabilmente degli effetti su chi è titolare del bene al momento dell’emissione del provvedimento, a prescindere dall’effettivo responsabile. Il destinatario dell’ordinanza è pertanto il soggetto che, al momento in cui viene disposto il provvedimento, risulta essere il titolare del manufatto, perché, in quanto tale, egli è l’unico al quale possa essere imputato l’obbligo di demolire.

Per quanto riguarda il mancato adempimento all’ordinanza di demolizione, esso costituisce un secondo illecito per comportamento omissivo del destinatario del provvedimento, a meno che non si possa accertare la non imputabilità della mancata ottemperanza. Anche l’acquisizione gratuita del manufatto al patrimonio comunale è quindi risultata essere legittima, perché il TUE prevede, all’art. 31 (“Interventi in assenza di permesso, in totale difformità o con variazioni essenziali”), che nel caso in cui non si provveda al ripristino dello stato dei luoghi entro 90 giorni dall’emissione dell’ordinanza, la proprietà dell’abuso venga trasferita di diritto a favore del Comune.

Il passaggio di proprietà avviene in maniera automatica allo scadere del termine, il che significa che l’atto dichiarativo di acquisizione viene emesso dall’Amministrazione solo per formalizzare la nuova proprietà di un bene che, in realtà, è già suo.

L’unica contestazione che i giudici hanno accolto è quella relativa alla sanzione pecuniaria disposta nei confronti del conduttore dell’abuso, in quanto - sempre ai sensi dell’art. 31 del TUE - la sanzione pecuniaria non può essere emessa nei confronti di chi abbia già fatto decorrere inutilmente il termine di 90 giorni e sia risultato, quindi, inottemperante all’ordine di demolizione.

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