Principi e regole nel nuovo Codice dei contratti

I principi nel nuovo codice degli appalti pubblici e la loro funzione regolatoria. Contributo del Consigliere di Stato Gianluca Rovelli

di Gianluca Oreto - 19/09/2023

Benché sia entrato in vigore l'1 aprile 2023 e abbia acquisito efficacia (in parte) il successivo 1 luglio, c'è una parte del nuovo D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici) che continua ancora a dividere sia gli operatori che la critica. Mi riferisco al Libro I, Titolo I, Parte I che in 12 articoli contiene i "principi generali" applicabili alla disciplina.

Principi generali: perché e cosa sono?

L'idea di base del tavolo tecnico che ha predisposto il D.Lgs. n. 36/2023 è stata quella di cambiare paradigma passando da un codice "guardiano" a un codice "volano", in cui la concorrenza non è il fine ultimo ma solo uno strumento funzionale all'obiettivo finale, ovvero il risultato.

Ed è da questo cambio di filosofia (su cui sono in molti ad interrogarsi sulla compatibilità con il diritto europeo) che si è deciso per la prima volta di introdurre le nuove regole sui contratti pubblici cominciando con la codificazione dei principi.

Ma cosa sono esattamente questi principi e a cosa servono? Lo ha spiegato in maniera impeccabile il Consigliere di Stato Gianluca Rovelli in un contributo pubblicato sul portale della Giustizia Amministrativa, dal titolo "Introduzione al nuovo codice dei contratti pubblici. I princìpi nel nuovo codice degli appalti pubblici e la loro funzione regolatoria".

In questo approfondimento, il Consigliere parte da un assunto assolutamente condivisibile: "La crisi della legge è sotto gli occhi di tutti. Dalla tutela e disciplina di interessi quanto più possibile generali, si è passati a una vera e propria polverizzazione con un legislatore che ormai si prodiga in interventi di tipo sempre più settoriale e particolaristico. La tendenza del regolatore a “regolare tutto” porta il giurista a cercare di orientarsi utilizzando i principi (generali e costituzionali) per ricomporre l’unità assiologica e la coerenza del sistema".

L'ipertrofia normativa

Quella che il Consigliere Rovelli definisce "tendenza a regolare tutto", si può anche chiamare ipertrofia normativa che, soprattutto in ambito tecnico, finisce spesso per disorientare e svilire il lavoro dei professionisti che dovrebbe davvero avere come unico obiettivo il risultato finale (che deve coniugare al meglio il rapporto qualità/prezzo e la concorrenza).

È da questa evidenza che nasce la necessità dei principi che hanno lo scopo di "giustificare la prevalenza di una regola sull'altra". Da questa considerazione nasce il "dilemma" della distinzione tra principi e regole da cui si arriva alla considerazione che i primi sono norme fondamentali che servono per dare "fondamento assiologico" ad una molteplicità di altre norme. "Esattamente questo è il ruolo del Titolo I, Parte I del nuovo Codice dei contratti", sostiene Rovelli che definisce stucchevoli molte discussioni ruotate su questi principi e sulla loro posizione all'interno del Codice.

Il Consigliere Rovelli sottolinea che "i principi chiedono di essere applicati nella misura maggiore possibile. Questo è il disegno del Codice dei contratti, in cui l’individuazione di disposizioni di principio ha l’effetto di richiedere normalmente l’interpretazione estensiva e di non tollerare l’interpretazione restrittiva di quelle stesse disposizioni".

I principi nella interpretazione del diritto

Molto interessante è l'esempio relativo all'applicazione di una delle norme fondamentali in materia di procedimento amministrativo che la maggior parte dei tecnici che si occupano di edilizia e lavori pubblici conosce molto bene, l’art. 21-nonies, comma 1 della Legge n. 241/1990 che dispone:

“1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo”.

Da qui la domanda che è stata affrontata diverse volte dai tribunali: il limite temporale dei diciotto mesi si applica sempre e comunque?

Il Consiglio di Stato ha risposto affermando che:

“In base ad una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 21-nonies, comma 1, l. 241/1990, deve ritenersi che il limite temporale dei 18 mesi, introdotto nel 2015, in ossequio al principio del legittimo affidamento, trova applicazione solo se il comportamento della parte interessata, nel corso del procedimento o successivamente all’adozione dell’atto, non abbia indotto in errore l’amministrazione distorcendo la realtà fattuale oppure determinando una non veritiera percezione della realtà o della sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge e se grazie a tale comportamento l’amministrazione si sia erroneamente determinata (a suo tempo) a rilasciare il provvedimento favorevole. Nel caso contrario, non potendo l’ordinamento tollerare lo sviamento del pubblico interesse imputabile alla prospettazione della parte interessata, non può trovare applicazione il limite temporale di 18 mesi oltre il quale è impedita la rimozione dell’atto ampliativo della sfera giuridica del destinatario”.

Un chiarimento che ha preso in considerazione sia l'art. 21-nonies, comma 1, della Legge n. 241/1990 che gli artt. 3 e 97 della Costituzione italiana.

Argomentare per principi

A questo punto il Consigliere Rovelli arriva al punto cruciale del suo approfondimento ammettendo che "In generale, in sede di interpretazione, argomentare per principi consiste nel fare appello ad una norma (espressa o inespressa), di cui si assume la “superiorità” — secondo i casi: materiale o meramente assiologica — rispetto alla disposizione da interpretare, onde adeguare a quella il significato di questa. E trattare una norma come principio significa appunto assumerne la superiorità—quanto meno la superiorità assiologica — rispetto ad un’altra".

I principi contribuirebbero, quindi, alla coerentizzazione del sistema in tre modi diversi:

  • in quanto rationes legis, offrono una giustificazione unitaria di un insieme di norme di dettaglio o di principi più specifici;
  • in quanto rendono defettibili le norme che contrastano il principio;
  • in quanto richiedono l’interpretazione conforme al principio (essendo le norme di principio gerarchicamente sovraordinate, in senso assiologico, alle norme di dettaglio).

Il peso dei principi del Codice dei contratti pubblici

In definitiva, gli articoli da 1 a 12 del nuovo Codice dei contratti dovranno avere un “peso” particolare soprattutto dal punto di vista pratico e, quindi, ai fini della decisione di un caso o nell’influenza che quella norma esercita sull’interpretazione o sull’applicazione di altre norme.

"Prendiamo - continua Rovelli - l’art. 2 del Codice dei contratti, il tanto discusso e spesso travisato “principio della fiducia”. Si tratta di un esempio lampante di meta principio cioè uno di quei principi che riguardano, in senso lato, il funzionamento della “macchina del diritto”, per usare una espressione cara al realismo giuridico".

Per comprendere meglio il significato di questa affermazione, Rovelli parla dell'art. 101 del D.Lgs. 36/2023 relativo al soccorso istruttorio, affrontato recentemente dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 7870/2023 che ha suddiviso questo istituto tra:

  • soccorso integrativo o completivo;
  • soccorso sanante;
  • soccorso istruttorio in senso stretto;
  • soccorso correttivo.

Secondo Rovelli "Il soccorso correttivo è un esempio lampante di concretizzazione del principio della fiducia. A essere rigorosi, il comma 4 dell’art. 101 avrebbe anche potuto non esserci nel Codice perché uno dei contesti più frequenti di applicazione di un principio è conseguente all’individuazione – per via di abduzione – di un principio come giustificazione di un insieme di altre norme. Una volta individuato, il principio giustificativo retroagisce sulle norme giustificate, richiedendo che esse siano interpretate in maniera conforme al principio stesso, eventualmente rendendole defettibili, integrando alla luce del principio eventuali lacune di disciplina, e così via. In altre parole, il principio non si limita a fornire una spiegazione del complesso di norme di partenza, ma ne orienta l’interpretazione e l’integrazione".

Conclusioni

Concludendo il suo ragionamento, il Consigliere Rovelli ammette che la funzione dei principi nel nuovo Codice dei contratti discende da considerazioni su cui bisognerebbe convergere:

  • che principi e regole sono due tipi di norme;
  • che sono norme che esibiscono in misura diversa certe caratteristiche;
  • che la qualificazione di una norma come regola o come principio dipende talora da operazioni interpretative, altre volte dalla stessa qualificazione fatta dalla legge;
  • che, una volta qualificata una norma come principio, seguono determinate conseguenze sul piano dell’argomentazione – in altre parole, si faranno certe cose con regole, e certe altre con principi.

Questo, secondo Rovelli, è il senso e il ruolo degli articoli da 1 a 12 del Codice dei contratti pubblici.

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